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Manovra, criptovalute: tassa al 42% danno per tutto il Paese #finsubito prestito immediato


Il governo italiano rischia di commettere diversi errori se la proposta di innalzare nella Manovra di bilancio 2025 la tassazione sulle criptovalute al 42% (sulle plusvalenze superiori a 2000 euro) verrà approvata. Errori stigmatizzati non solo da operatori del settore ma anche da istituzioni universitarie come l’Osservatorio Blockchain & Web3 del Politecnico di Milano. Sono oltre venti le personalità che hanno sottoscritto la lettera aperta indirizzata al Ministero dell’economia e delle finanze e al governo, in cui vengono spiegate le ragioni per cui il settore delle criptovalute non merita una così grande discriminazione.

 

Un passo indietro mentre gli altri vanno avanti

A essere penalizzati dall’eventuale inserimento in Manovra della nuova aliquota di tassazione saranno gli oltre 1,3 milioni di italiani che detengono cripto-attività (dato di giugno 2024) per un controvalore di poco superiore ai 2,2 miliardi di euro. In maggioranza giovani al di sotto dei 40 anni di età, secondo le rilevazioni dell’Organismo agenti e mediatori (OAM). Il numero  sale a 3,6 milioni, secondo l’Osservatorio Blockchain & Web3 del Politecnico di Milano, se si conteggiano coloro che utilizzano intermediari non autorizzati.

Possono sembrare cifre contenute, e lo sono, ma il danno è grande in quanto avanguardia di un movimento che non si arresterà. Ormai le criptovalute sono state accettate nel mondo della finanza (vedi l’approvazione degli ETF su criptovalute spot da parte della SEC negli Stati Uniti) e l’Europa rappresenta un’avanguardia grazie all’entrata in vigore della normativa MiCar (Market in crypto asset regulation) dal prossimo 30 dicembre. “Il settore delle cripto-attività può contribuire all’innovazione e alla crescita economica dell’Unione. Contribuendo allo sviluppo di nuovi servizi e modelli di business, può promuovere la creazione di posti di lavoro e l’innovazione finanziaria. È quindi essenziale garantire un quadro normativo chiaro e uniforme a livello dell’Unione per sostenere l’espansione di questo settore e al tempo stesso salvaguardare la stabilità finanziaria e proteggere gli investitori” recita il preambolo della MiCar.

In Italia, al contrario, si rischia non di introdurre maggiore chiarezza ma una distorsione del mercato. “L’imposta sostitutiva al 42% prevista per il 2025 sarebbe fiscalmente discriminatoria e quindi iniqua, probabilmente anche incostituzionale” ha dichiarato Ferdinando Ametrano, fondatore e amministratore delegato. di CheckSig. Un concetto ribadito anche nella lettera al governo. Le altre attività finanziarie in criptovalute, come gli ETP, rimarrebbero infatti tassate al 26% e nei i titoli di Stato cal 12,5%. L’aumento della tassazione metterebbe in grave svantaggio l’industria italiana dei servizi cripto, minando l’innovazione e l’attrattività del Paese per investitori, le startup e i talenti tecnologici. Rallenterebbe lo sviluppo in Italia di progetti innovativi sostenuti o basati su cripto-attività, rendendo più difficile per le aziende attrarre capitali.

Anche Massimo Siano, managing director di 21Shares, specializzata in ETP e quindi favorita da un’eventuale tassazione al 42% degli investimenti diretti in criptovaluta, ha firmato la lettera: “Questa misura creerà più paura tra gli investitori e rischi di fuga di capitali che entrate per il nostro erario. Come riportato recentemente dalla Consob, il 18% degli investitori italiani detengono criptovalute nei loro portafogli. Anche se non c’è nessun aumento sul capital gain degli ETP sulle criptovalute – i prodotti della mia società – non esulto per questo provvedimento. E non esulterei neanche se avessi solo bond. Chi mi assicura che nel prossimo futuro non sarà lo stesso anche per altri strumenti finanziari e classi di attivo” ha affermato.

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Chi potrebbe approfittare dell’errore di Manovra?

I beneficiari della nuova imposta, se verrà confermata nella Manovra di bilancio, non sarebbero in Italia. Nemmeno il governo che potrebbe incassare quasi un miliardo di euro se i 2,2 miliardi di controvalore detenuti a giugno 2024 fossero fatti solo da plusvalenze e se tali plusvalenze venissero realizzata nel 2025. Non sarà così. Spiega la lettera al governo: “Investitori e aziende di servizio sposterebbero focus e operatività in Paesi con una normativa più flessibile e attraente, come Svizzera (nessuna tassazione per il capital gain su cripto-attività) o Germania (nessuna tassazione per il capital gain su cripto-attività possedute per almeno 12 mesi), Francia, Lituania, Malta o Estonia”.

“Un aumento forte a solo un anno di distanza dalla sua regolarizzazione fiscale dimostra ancora una volta la volatilità del sistema regolamentare a scapito di chi in Italia investe in innovazione. Inoltre, i capitali italiani rischiano di essere investiti comunque su queste asset class all’estero, incentivando di fatto lo spostamento di capitali verso Paesi con regimi fiscali più favorevoli ma senza nessun potere di vigilanza da parte del nostro Paese” è la sottolineatura fatta da Michelangelo Bottesini, presidente di ItaliaFintech.

L’incasso esiguo per lo Stato andrebbe peraltro a scapito della perdita di competitività in un settore in crescita su cui altre nazioni stanno investendo. “Settori ad alto impatto di innovazione tecnologica come quello delle cripto-attività attraggono soprattutto giovani laureati con forti competenze tech, e sono un bacino potenziale di sviluppo e innovazione da custodire in Italia2 ha aggiunto Bottesini.

 

Un danno anche per le banche?

Nemmeno il settore bancario, poco amico delle criptovalute, potrebbe dirsi soddisfatto. Se è vero che le criptovalute rappresentano un’alternativa minacciosa, e quindi una tassazione al 42% potrebbe metterla fuori gioco, altrettanto vero è che la diffusione dell’interesse per gli asset digitali non può più essere ignorato.

A Borsa&Finanza Ametrano di CheckSig ha spiegato che ci sono istituti finanziari che hanno già investito per sviluppare una loro offerta di cripto-asset: “Sicuramente c’è ancora un’antipatia nei confronti del mondo cripto, però tutte le banche italiane hanno maturato una strategia cripto che è pronta per essere eseguita quando la moral suasion di Banca d’Italia dovesse allentarsi. Questa proposta, se dovesse passare ed essere inserita in Manovra, ridurrebbe le richieste per questa asset class da parte dei clienti e le potenzialità di ricavo per le banche italiane dal nuovo segmento cripto nel momento in cui all’estero altre banche inizierebbero a offrire questo genere di servizi”.

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