Giovanni Diamanti, co-fondatore e presidente di YouTrend, docente di Marketing Politico all’università di Padova, analizza con Huffpost la situazione politica tra manovra, elezioni regionali e costituente pentastellata. “Dopo le Europee la situazione si è cristallizzata fissando vincitori e vinti – spiega il sondaggista – Il Pd è il perno del centrosinistra, che sarà competitivo solo se avrà forze di sinistra e di centro capaci di parlare all’elettorato a cui i Dem non arrivano”. E le Regionali “rafforzeranno la leadership di Elly Schlein dentro la coalizione”. Quanto alla legge finanziaria, avvisa. “Molti governi in passato hanno perso consenso in questa fase. È uno scoglio importante per Giorgia Meloni e un’occasione per l’opposizione”.
L’autunno, tra ripresa dell’attività dopo l’estate e legge finanziaria, per i partiti è sempre caldo. Chi sale e chi scende in questa fase?
Dopo le elezioni europee la situazione si è sostanzialmente cristallizzata, a parte movimenti dello zero virgola che non cambiano il quadro. Si sono fissati vincitori e vinti, e le gerarchie all’interno delle coalizioni. Giuseppe Conte aveva messo nel mirino la leadership del centrosinistra e adesso la questione è abbastanza archiviata. L’ottimo risultato raggiunto dal Pd, che lo ha reso il più forte nella coalizione, è un punto di partenza. Ma la realtà è che nelle coalizioni con più di una forza importante, i partiti non sono solo alleati ma competitori perché condividono un elettorato potenziale.
La competizione tra Conte ed Schlein chi dei due avvantaggia? O li azzoppa entrambi a favore del centrodestra?
Le competizioni fanno tendenzialmente bene, finché non diventano antitetiche, cosa che a me nel caso di specie non sembra. Vanno considerati altri due elementi: non ci sono elezioni politiche all’orizzonte e Pd e M5S non sono alleati storici bensì partiti che si sono avvicinati di recente. Non è facile costruire una coalizione, serve tempo.
L’autunno porta con sé tre elezioni regionali: Liguria, Emilia Romagna, Umbria. Come ne uscirà il centrosinistra?
Penso che queste Regionali rafforzeranno la leadership del Pd come timone del centrosinistra. Non solo gode di discreta salute rispetto agli anni passati ma porta il traino del voto di preferenza grazie ad una classe dirigente di rilievo sui territori. Il M5S, invece ha un grande problema da affrontare: il suo elettorato finora si è mobilitato solo alle Politiche, ma se rimane inattivo nel quinquennio che segue è più difficile poi prevederne le mosse.
Nel M5S lo scontro tra Beppe Grillo, il fondatore, e Conte, l’erede, è all’ultimo sangue. Vincerà l’ex premier o sono possibili sorprese?
Conte ha dalla sua gli eletti e gli elettori pentastellati. E alle ultime elezioni politiche ha mostrato di saper fare campagna elettorale e capitalizzare il consenso. Non dico che la partita sia chiusa, ma parte avvantaggiato nello scontro interno. C’è però una questione identitaria: se Conte guarda a battaglie di sinistra e ad un elettorato che si è spostato progressivamente verso quel campo, dichiararsi equidistante tra Donald Trump e Kamala Harris rappresenta un messaggio contrastante e caotico.
A sinistra, in prospettiva, vede un leader o un federatore?
Prima devono costruire la coalizione. È ovvio che la palla è soprattutto in mano a Schlein. Come FdI è il perno del centrodestra, il Pd lo è del centrosinistra. Grazie ad una classe dirigente che macina preferenze ma prevale complessivamente sul singolo “campione”.
Per il momento, si litiga su Matteo Renzi. L’ex premier ha esaurito la spinta propulsiva o è “dormiente” in attesa dell’occasione giusta?
Renzi è a capo di un partito che in termini di consenso vale il 2% e non ha una fiducia personale elevata, ma gli viene riconosciuto di saper fare e interpretare la politica. È un player con cui fare i conti. Ma al di là dei nomi, il centrosinistra è competitivo se ha il Pd come perno e poi forze di sinistra e di centro capaci di parlare all’elettorato a cui i Dem non arrivano.
È questo il dilemma: più sinistra o più centro?
È evidente che Avs avrà un ruolo più importante del passato, visti i risultati delle Europee. A sinistra le forze complementari ci sono, al centro bisogna aggregare e forse costruire qualcosa di nuovo.
Si discute la manovra. Il governo è passato da abolire le accise ad alzarle, da meno tasse a sacrifici per tutti. La premier pagherà un prezzo in termini di consenso?
Ci sono due dati di cui tener conto. Anzitutto, il governo Meloni non è più in luna di miele, è sceso dalle vette molto alte di consenso che aveva all’inizio, pur rimanendo su livelli ancora positivi. Poi, tanti esecutivi sono caduti sul piano della popolarità proprio per la finanziaria. Anche in questa maggioranza, secondo me non troppo litigiosa, qui sono emerse crepe più vistose del passato, e tutti i partiti cercano di difendere le loro constituencies. È uno scoglio importante per Giorgia Meloni e un’occasione per l’opposizione.
Ultimo tema: i centri per la gestione dei richiedenti asilo in Albania. La prima nave è salpata con a bordo solo 16 migranti. I costi del viaggio sono stati stimati in 200mila euro, quelli complessivi sfioreranno il miliardo. Dal punto di vista comunicativo prevarrà il pugno duro sull’immigrazione o la spesa a carico dello Stato?
È un tema delicato, difficile parlare di consenso quando in gioco ci sono vite umane. Su immigrazione e sicurezza il centrodestra parte da una posizione storica di maggiore forza del centrosinistra. Detto questo, mi sembra un’operazione un po’ azzoppata che anche a livello narrativo nelle ultime settimane non è stata sviluppata in modo efficace.
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