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Cartoline (e atmosfere) di un tempo andato, quello dei nostri nonni e bisavoli, che abitavano nelle Marche dal buon sapore antico all’inizio del secolo scorso. Potremo rivivere quelle ambientazioni, ricostruite tra la storia, il folclore e l’antropologia culturale grazie a una nuova iniziativa editoriale del Corriere Adriatico, che invita i suoi lettori ad un viaggio nella storia della nostra regione. In due volumi riccamente illustrati c’è il ricordo dettagliato delle Marche comune per comune agli inizi del ‘900: città, paesi, contrade, usanze rivivono nelle straordinarie pagine dell’opera di Enrico Dehò “Paesi Marchigiani”, rieditata, a cura del professor Hervé A. Cavallera, dalle Edizioni Grifo. Venerdì scorso è già uscito il primo volume, che si può ancora acquistare in abbinamento facoltativo a questo giornale (al costo di 9,80 euro più il prezzo del quotidiano) e venerdì prossimo 4 ottobre sarà in edicola il secondo volume: due libri imperdibili per scoprire o ricordare origini, tipicità e tradizioni dei comuni marchigiani.

La prima edizione fu pubblicata nel 1910 con prefazione di Mario Puccini e raccoglie la descrizione sintetica ma efficace di circa 250 centri grandi e piccoli delle Marche. Nella prefazione Puccini sottolinea come l’approccio di Dehò favorisca una lettura stimolante per conoscere tanti aspetti di una terra ricca di storia e di bellezze. Ed effettivamente il libro è unico nel suo genere, anche perché il fatto che non sia evidente un ordine di presentazione dei vari luoghi accresce la curiosità del lettore che sembra entrare in un labirinto di notizie sempre affascinanti e interessanti. Numerose le pagine dedicate alla millenaria storia marchigiana, in particolare quando sono illustrate le città più note.

Tra gli elementi caratterizzanti storicamente il volume le imprese garibaldine e il contributo dei marchigiani alla formazione dell’unità d’Italia. In realtà, il volume di Dehò, in questa edizione riccamente illustrato con immagini d’epoca, conserva tuttora il fascino che deriva dall’aver descritto le Marche come erano o come apparivano all’inizio del secolo scorso. Una galleria che riporta alla luce un mondo che non c’è più o che ha subìto profondi mutamenti. Più che per la dimensione storica e filologica intorno all’origine di nomi, ad eventi e a tant’altro che nel corso degli anni sono stati approfonditi e accuratamente illustrati, “Paesi Marchigiani” va letto e gustato perché efficacemente ripresenta un mondo che veniva una volta narrato ai più giovani e del quale restano tuttora significative vestigia anche nella mente dei più anziani. Particolarmente suggestive le descrizioni di alcuni piccoli centri, arricchite da annotazioni che rimangono impresse.

Ecco Castelbellino: «Una esuberante produzione di vino e olio, che proviene dal fertile territorio, è fonte di benessere per questo paesello il quale, sembra, non abbia poi altre pretese all’infuori di… rimanere Castel ma anche bellino». Di Esanatoglia, dove pare esistesse un tempio dedicato a Giove, l’autore, dopo aver detto che il nome deriva dalla protettrice Sant’Anatolia e dopo aver fornito notizie storiche, conclude: «Oggi, o il dio Giove o sant’Anatolia – uno dei due insomma – deve compiere il miracolo: che questo paese abbia presto un acquedotto, resosi indispensabile, e migliorati i mezzi di comunicazione con gli altri paesi».

Del borgo di Acquacanina: «Fu, in antico, soggetto ai monaci benedettini; e poté – precisamente nel 1349 – togliersi dalla signorìa di quelli e acquistare la propria indipendenza…

pagando! Ma l’indipendenza comprata a suon di danaro durò poco – non poteva avvenire diversamente – e il vecchio borgo passò al dominio dei Varano».

Su Filottrano tra l’altro Dehò annota: «Qui un detto popolare ripete: Filottrano dalle belle figliuole… Andiamo dunque ad ammirarle: facile compito se attenderemo un momento allo sfilare delle fanciulle del convitto femminile – diretto sapientemente dalle monache dorotee – che accoglie le più vezzose e distinte signorine del luogo e dei dintorni: un enorme bouquet di fragranza giovine, di grazia, di bellezza». Su Piandicastello (o Pian di Castello come scrive Dehò), che sino al 1940 ebbe autonomia di Comune, è dato un “ritratto” ad effetto, nel quale la bellezza del luogo contrasta con la difficoltà di raggiungerlo: «Un migliaio di buone persone, e per giunta battezzate, abitano in questo territorio, che presenta un non cattivo sistema di boschicultura. Le soldatesche di Malatesta distrussero il forte castello del quale – a memoria delle antiche opere di cui era munito – restano il fortino ed una torre. Non v’è da dubitare sulla pace e sulla tranquillità che regnano sovrane in questo “Pian” trovantesi a 500 metri di altitudine; . Vi è, però, servizio di corriera. Ma, perché chiamarla corriera se va, quasi sempre, di passo?».

Paesi marchigiani, pertanto, offre una pluralità di approcci che consentono che il volume possa essere non solo interessante per l’abitante della Regione, ma anche per un turista che abbia veramente voglia di conoscere la terra in cui si trova. Le notizie, tante in verità, non sono mai illustrate asetticamente, bensì sono partecipate emotivamente dall’autore che intende a sua volta comunicarle al lettore con l’intento di farne uno stimolo non solo per la conoscenza del territorio, ma per un miglioramento dello stesso. In tal modo il lettore è spinto a lasciarsi andare al ritmo della esposizione, anche quando non si trova nel luogo di cui legge, ma verso il quale è pungolato a recarsi proprio dalla narrazione.

L’edizione che il Corriere Adriatico ripropone riporta l’ordine dei Paesi secondo l’edizione originale così come è riprodotto tutto il testo e la stessa foto del Dehò. Al tempo stesso l’opera, che per ragioni editoriali è stata divisa in due tomi, è arricchita di oltre 350 immagini della prima metà del Novecento (per lo più cartoline d’epoca rintracciate in collezioni private e mercatini d’antiquariato) dei luoghi descritti. In tal modo, si è pensato di poter meglio contribuire alla ricostruzione di una atmosfera non troppo lontana dagli anni in cui il libro fu composto. Infine nel secondo tomo vi è l’indice dei luoghi dell’intera opera.



 

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