Solamente la grandinata della fine di luglio del 2023, con quelle due “mitragliate” dal cielo consecutive, aveva fatto correre il tassametro dei danni fino a sfiorare la cifra monstre di un miliardo di euro. E una parte di questo conto salatissimo era finita sulle spalle delle aziende agricole. Vigneti rasi al suolo, ca ha provocato mpi di mais totalmente distrutti sia dalla furia del vento che dai chicchi di grandine grandi anche come uova. Eppure da quel giorno, nel mondo dell’agricoltura, non cresce la quota di aziende assicurate contro le calamità. Anzi, monta la protesta. E i motivi sono due: gli aiuti dell’Europa in ritardo e i prezzi delle polizze che sono schizzati verso l’alto.
COSA SUCCEDE
In questi giorni i fari si sono purtroppo riaccesi su quanto sta succedendo in Emilia Romagna. Ma il Friuli Venezia Giulia, come spesso accade quando si parla di calamità naturali, anticipa quello che poi succede altrove. Solo che in questo caso non sono buone notizie. Le polizze assicurative che dovrebbero proteggere i titolari delle aziende agricole dagli effetti sempre più devastanti delle ondate di maltempo, infatti, stanno correndo fino a raggiungere prezzi proibitivi. E si moltiplicano anche le compagnie che l’assicurazione non la offrono nemmeno, tanto è diventato alto il rischio di grandinate, vento forte ed eventi estremi. «Da noi purtroppo per conseguenza di questi e altri eventi catastrofici, vedi le grandinate degli anni scorsi, ci sono compagnie assicurative che non assicurano più in agricoltura», spiega Matteo Zolin, presidente della Coldiretti in provincia di Pordenone.
«Altre lo fanno ancora però aumentando il costo ovviamente», prosegue il responsabile provinciale del comparto.
IL PANORAMA
Se inseriamo già nel “paniere” la contribuzione che arriva dall’Unione europea, ormai per una polizza assicurativa che garantisce la copertura contro i danni da maltempo, arriviamo a 600-700 euro per ogni ettaro di terreno coltivato. Un prezzo già schizzato verso l’alto rispetto a prima della grandinata del luglio 2023, ma che sale fino a quota 1.000-1-200 euro per ogni ettaro di terreno senza contare invece la contribuzione europea. E sono costi da sostenere ogni anno. Vere e proprie “tasse” a carico delle aziende agricole del territorio.
Il tutto calcolando che in media le realtà del Friuli Venezia Giulia che ad esempio si occupano della produzione di vino contano un’estensione media di sette ettari. Si parla quindi di quasi cinquemila euro di costi fissi con la contribuzione europea e di più di settemila euro l’anno senza contare sugli aiuti provenienti dall’Unione europea.
LA POLEMICA
Ma c’è un altro nodo importante, denunciato da Pietro Torricella, vicepresidente di Condifesa. «Siamo di fronte – spiega – a due anni di mancato introito da parte dell’Unione europea. Stiamo parlando degli incentivi che arrivano tramite Agea. Siamo indietro letteralmente di due anni. Con la prima Pac (Politica agricola comune) dell’Ue, gli incentivi per le assicurazioni erano garantiti dallo Stato. Oggi invece sono gestiti dall’Unione europea. E in due anni abbiamo ricevuto praticamente il 50 per cento del contributo. Questa incertezza continua porta a un fatto: sempre più aziende agricole preferiscono il rischio di imbattersi negli eventi atmosferici estremi e finiranno per essere assicurate solamente le colture definite di pregio».
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