16.23 – lunedì 23 settembre 2024
Sanità privata. Oggi si sciopera per il contratto. In regione oltre 2.500 lavoratori e lavoratrici in attesa del rinnovo. “Si revochi l’accreditamento a chi non rinnova i contratti o applica accordi pirata”. Questa mattina confronto con Confindustria a Trento. Sanità privata. Oggi si sciopera per il contratto.
Anche in Trentino Alto Adige come in tutta Italia oggi le lavoratrici e i lavoratori della sanità privata incrociano le braccia per otto ore. Lo sciopero, indetto unitariamente da Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl, vuole sollecitare Aris, Aiop e Aris Rsa a riprendere la trattativa per il rinnovo del contratti nazionali che mancano da 6 anni per ospedali, ambulatori e case di cura, per 12 nel caso delle Rsa. Le associazioni datoriali hanno fino ad oggi procrastinato all’infinito l’apertura del confronto, vincolandolo al finanziamento da parte dello Stato e delle Regioni. Una risposta, per i sindacati, inaccettabile.
”Le parti datoriali stanno sostanzialmente utilizzando i lavoratori, non rinnovando loro il contratto, per negoziare con Stato e Regioni e Province autonome l’integrale copertura economica del costo del rinnovo contrattuale e la revisione delle tariffe, oltre alla revisione dei volumi di attività del privato – spiegano Luigi Diaspro e Angelika Hofer, rispettivamente alla guida della Funzione pubblica Cgil del Trentino e dell’Alto Adige -. Si tratta di un vero e proprio ricatto: non si tengono i lavoratori in ostaggio nel rapporto di forza con l’ente pubblico, lavoratori che vedono il loro potere d’acquisto fermo e i carichi di lavoro e responsabilità in crescita”.
Durante il presidio di protesta a Trento, una delegazione del sindacato ha incontrato i vertici di Confindustria Trentino, sollecitando Palazzo Stella a fare la propria parte per spronare anche le associazioni nazionali ad aprire quanto prima il tavolo negoziale.
Nella nostra provincia gli addetti che della sanità privata sono oltre 1.500, un altro migliaio in Alto Adige. Le strutture convenzionate in provincia sono gli ospedali San Pancrazio e San Camillo, le case di cura Eremo, Villa Regina, Villa Bianca, Solatrix, la Cooperativa Villa Maria e il Centro Franca Martini.
Si tratta di strutture i cui dipendenti contribuiscono a ridurre i tempi delle liste di attesa, garantire l’accesso alle cure attraverso visite ambulatoriali, esami specialistici, interventi di chirurgia, riabilitazione motoria, cardiologica, socio-educativa, neurologica, prolungamento del regime ospedaliero per le lungodegenze, oltre ad un forte contributo nella diagnostica, evitando ai trentini di spostarsi fuori provincia.
Nonostante il loro impegno e la loro professionalità nonchè il percorso di omogeneizzazione iniziato con l’ultima tornata contrattuale questi addetti hanno buste paga più basse dei loro colleghi delle strutture pubbliche. “Una disparità di trattamento – proseguono i sindacalisti – inaccettabile perché queste figure, anche a causa della situazione di grave difficotlà in cui versa la sanità pubblica, garantiscono la tenuta del sistema. Pur restando quindi fermamente convinti che la strada debba essere quella di rafforzare e valorizzare la sanità pubblica, non possiamo non vedere il ruolo fondamentale delle strutture convenzione e dunque non possiano accettare che l’integrazione con il privato diventi un mero mezzo per tagliare il costo del lavoro”.
In questa situazione anche le istituzioni devono fare la loro parte, per tutelare il diritto delle lavoratrici e dei lavoratori al rinnovo contrattuale. E per farlo c’è solo una strada: revocare l’accreditamento alle strutture che non rinnovano i contratti o che applicano contratti che non rispettano la dignità del lavoro garantendo salari dignitosi. A livello locale Fp chiede anche una revisione dei parametri di assistenza e cura per far fronte ai bisogni crescenti della popolazione. “Giunta e assessore devono prendere atto di questa situazione e fare pressione sulle strutture accreditate. Allo stesso tempo devono rivedere con urgenza i parametri di presenza e assistenza per rispodere all’esigenze nuove imposte da invecchiamento e aumento delle cronicità. Non si può pensare spingere sul settore privato, impoverendo ulteriormente la sanità pubblica e sfruttando la condizione di maggiore debolezze delle lavoratrici e dei lavoratori delle strutture convenzionate”, conclude Diaspro.
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