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Il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani e l’amministratore delegato e direttore generale di Terna Giuseppina Di Foggia hanno siglato un protocollo di intesa per l’attuazione delle attività di realizzazione di Elmed, l’interconnessione elettrica tra Italia e Tunisia, autorizzata lo scorso maggio dal ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica. La firma al termine di un bilaterale di oltre un’ora tra il governatore siciliano e l’ad della società.

L’amministrazione regionale garantirà al gestore della rete elettrica nazionale il supporto per la finalizzazione delle procedure necessarie alla progettazione esecutiva degli interventi e alla realizzazione delle infrastrutture. A sua volta, Terna si è impegnata a garantire un continuo allineamento sulle attività previste, per limitare al massimo gli impatti che i cantieri avranno sulle comunità locali.

I due enti, inoltre, hanno condiviso per la nuova infrastruttura un accordo per l’attuazione di opere di riqualificazione territoriale e ambientale di interesse collettivo collegate alla realizzazione dell’interconnessione Italia–Tunisia. Nel dettaglio, Terna erogherà un contributo di un milione di euro per opere di compensazione ambientale che la Regione integrerà con altri 4 milioni provenienti dal Fondo di sviluppo e coesione (Fsc): in totale 5 milioni di euro che saranno utilizzati per la ricomposizione parziale, con i pezzi originali (c.d. “anastilosi”), delle colonne Sud del tempio “G” nel Parco archeologico di Selinunte.

Il Tempio greco è di ordine dorico, il più grande dell’occidente greco dopo il Tempio di Zeus ad Agrigento.

Posto sulla collina orientale che accoglie i resti di alcuni dei templi dell’antica città, era probabilmente dedicato ad Apollo. La datazione è piuttosto incerta tra il VI ed il V secolo a.C. La costruzione fu probabilmente effettuata in periodi diversi andando incontro anche a modifiche estetiche passando dalla facciata ad est, più arcaica, a quella ovest, di ispirazione più classica. Non è mai stato ultimato e oggi è completamente in rovina se si eccettua una colonna ricostruita denominata, per la sua forma, “fuso della vecchia”.

Il tempio presentava 8 colonne sul fronte e 17 sui fianchi. Il peristilio circondava un naos suddiviso in 3 navate. Viene ipotizzato, anche a causa delle dimensioni, che si trattasse di un tempio ipetrale, cioè non coperto.

Per anni fra gli archeologi è stato intenso il dibattito sulla cosiddetta anastilosi del Tempio G. Tale ipotesi, avversata da alcune personalità dell’archeologia, era stata invece caldeggiata in passato dall’archeologo Sebastiano Tusa. Le indagini iniziano nel 2010, dirette dell’archeologo Mario Luni e con la collaborazione di Valerio Massimo Manfredi: è di quel periodo un primo modello virtuale di anastilosi dell’intero edificio. Successivamente anche Vittorio Sgarbi, da assessore dei Beni Culturali della Sicilia, aveva ipotizzato l’anastilosi del Tempio G con un finanziamento interamente affidato a sponsor privati. Tuttavia, anche a seguito delle polemiche, questo non prese mai corpo. Nel 2022 la Regione Siciliana, su impulso di Alberto Samonà, assessore regionale dei Beni culturali, annuncia che da oltre un anno è all’opera un gruppo di lavoro di archeologi composto da Valerio Massimo Manfredi, Claudio Parisi Presicce e Oscar Mei, e di avere finanziato il progetto, che prevede il restauro e la ricomposizione di 3 gigantesche colonne del lato meridionale del tempio, di cui sarebbero individuati gli elementi strutturali.

Quasi tutti i blocchi architettonici del monumento si trovano in una condizione di incompletezza per quanto riguarda le rifiniture, probabilmente perché all’inizio del V secolo a.C. vennero meno i presupposti, economici e politici, per il suo completamento. A causa della consistenza del crollo, che ricopre buona parte dello stilobate dell’edificio e in particolare tutti e quattro gli angoli, non è stato possibile ricostruire con precisione millimetrica le dimensioni dei suoi lati, ma si può affermare che il Tempio G misura 50,68 x 109,92 metri (con uno scarto di 5 cm in più o in meno). È ormai assodato che si tratta di un tempio pseudodiptero, con 8 x 17 colonne.

Il pronaos è largo m 17 x 20, presenta una facciata di 4 colonne più due laterali, tutte in asse con le quattro colonne centrali del lato est della peristasi. I capitelli delle ante del pronaos sono decorati con palmette di tipo ionico.

Il tempio venne realizzato su un terreno in leggero pendio da nord verso sud, le fondazioni non sono quindi omogenee per numero e per altezza dei filari, mentre lo stilobate è alto uniformemente 75 cm in tutti i lati.

A causa dell’imponenza dei crolli, che nascondono quasi tutto lo stilobate, e della mancata rifinitura di pressoché tutti i rocchi, è al momento impossibile determinare con precisione millimetrica le misure che le colonne dovevano avere se il tempio fosse stato rifinito in tutti i suoi elementi. Le dimensioni medie sono le seguenti: altezza m 16,47 (14,83 la colonna e 1,64 il capitello), diametro di base m 3,19, sommoscapo m 2,08.

È da tempo noto che i capitelli del Tempio G siano stati realizzati in periodi diversi, nell’arco di almeno un trentennio se non di più, tra il 530 a.C. e il 490/480 a.C. Su 54 colonne sono stati individuati 38 capitelli dorici, 31 dei quali arcaici (di due tipologie differenti) e 7 tardoarcaici.

 

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