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La posizione è la stessa: no a nuove tasse, sì a un contributo. Purché sia concordato con le banche, non metta a rischio gli istituti più piccoli del credito cooperativo e popolare, e soprattutto non sia un prelievo “imposto dall’alto”. In un colloquio con diversi giornali a New York, dove si trova per l’Assemblea generale dell’Onu, il vicepremier Antonio Tajani ha nuovamente segnato il perimetro dell’azione del Governo sul tanto discusso intervento sugli extra profitti delle banche. Questi, è il ragionamento, non saranno toccati direttamente né indirettamente: nessuna nuova imposta, e soprattutto nessun atto unilaterale come quello dell’anno scorso voluto da Lega e Fratelli d’Italia che ha fatto ballare l’esecutivo. Certo è che in un anno, dopo la misura per limare i maxi guadagni del mondo del credito, registrati grazie all’aumento dei tassi da parte della Banca Centrale Europea, dagli istituti di credito commerciali è arrivato ben poco. Anzi, nulla.

Nell’estate del 2023, com’è noto, il Governo con un blitz in Cdm introdusse una tassa extra sui profitti delle banche. La mossa a sorpresa, che il Financial Times definì il “più grande errore” della premier Giorgia Meloni, scatenò un putiferio: in un giorno di agosto a Piazza Affari i titoli del mondo del credito arrivarono a perdere dieci miliardi di capitalizzazione. Poi si mossero Abi, Bce e persino le agenzie di rating per criticare il provvedimento dell’esecutivo spinto in particolare da Fratelli d’Italia. La premier fu costretta a battere in ritirata in pochi giorni, sotto il mare di pressioni di tutto il mondo finanziario, lasciando in vigore la tassa per salvare la faccia ma dando la possibilità alle banche di convertirla in un contributo destinato alle proprie riserve, in ottica di rafforzamento patrimoniale. Il risultato è stato scontato: nessun obolo è stato versato allo Stato, tutto il gettito è rimasto nei bilanci delle banche. Con una controversa contorsione politica, il viceministro dell’Economia Maurizio Leo negò che si trattasse di una retromarcia, bensì di una “rimodulazione” utile all’economia reale perché “il rafforzamento patrimoniale delle banche darà  la possibilità, da parte delle banche, di fare delle erogazioni alle imprese per la loro attività”. Ovviamente, così non è stato.

Ora il Governo, a caccia disperata di risorse in vista di una legge di bilancio improntata all’austerità imposta dalle nuove regole fiscali europee, ma memore del disastro passato, ci va con i piedi di piombo. Prima di tutto: nessun colpo di mano, ma dialogo aperto con i rappresentanti del mondo del credito. E non solo: la maggioranza punta a coinvolgere anche le assicurazioni e le società energetiche.  “Valuteremo con serenità se anche dal sistema delle banche potrà arrivare un contributo per far crescere ulteriormente l’economia italiana. Ma senza alcun contrasto tra il governo e il mondo creditizio. Se sarà utile e necessario, sono certo che le banche saranno le prime a voler contribuire perché conviene anche a loro”, ha detto qualche giorno fa Marco Osnato, presidente della commissione Finanze della Camera e responsabile economico di FdI ad Affaritaliani.it sulla manovra.

Rapporti certamente più distesi, dopo le voci – pubblicamente smentite – di frizioni tra Forza Italia e Fratelli d’Italia sulla tassazione delle banche. Voci che attribuiscono a Tajani il ruolo di guardiano delle banche, a tutela in particolare degli interessi della famiglia Berlusconi e della sua partecipazione in Mediolanum. “Io non sono uno strumento nelle mani di nessuno. FI non prende la linea da Mediolanum. È una calunnia infame sostenere che qualunque cosa facciamo è per i Berlusconi”. 

Ma resta la contrarietà degli azzurri “a qualsiasi tassa sugli extraprofitti. Si danneggerebbero le banche di prossimità e si creerebbe incertezza sui mercati a danno dell’Italia. Si crei un tavolo con le banche per concordare soluzioni utili ai conti pubblici”. Questione su cui Tajani ha già incassato il sostegno del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che un mese fa ha tolto dal tavolo ogni ipotesi di una nuova imposta. 

E su cui c’è anche l’avallo di Fratelli d’Italia: “Attendiamo fiduciosi i dell’Istat per avere un quadro preciso di riferimento delle risorse a disposizione. Poi valuteremo se sarà necessario chiedere un contributo di solidarietà ad alcuni settori che sono nelle condizioni di versarlo perché hanno realizzato utili molti rilevanti in questi anni. Il tutto, comunque, senza intenti punitivi verso alcuno, ma richiamando tutti ad un autentico spirito di solidarietà a sostegno del Sistema Paese e solo nel caso in cui lo si ritenesse necessario”.

 

 

 

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