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«In carcere e con un delitto così, se non fosse stato per la camorra che ci ha protetti lì dentro, noi non c’eravamo qui a parlare». Così in sintesi, in un video collegamento shock in diretta con loro, uno dei tre condannati, liberati dopo 27 anni di carcere nel 2010, ma ancora tutti alla ricerca di una piena riabilitazione da parte della giustizia ufficiale, quella ob torto collo chiamata in causa da loro e quasi in comparazione  diretta con un’altra: quella “giustizia” sommaria e spietata fuori o dentro le mura di una casa circondariale «ma basata sulla verità dei fatti…e quelli che forse la camorra sapeva» e rispondeva, anche in modo cruento alla inderogabile legge, almeno della malavita di una volta, che «donne e bambini non si potevano toccare». Giusto un assaggio, questo, dopo l’appuntamento della settimana prima con Vittorio Sgarbi (v. Corriere PL.it dell’11 u.s.) per dare un’idea di cosa sia poi stata la serata di martedì scorso, a firma di Manila Gorio e sempre a Modugno, per la consegna a Giulio Golia e Francesca Di Stefano del prestigioso premio Oscar del Libro per il loro “MOSTRI DI PONTICELLI – o vittime di un enorme errore giudiziario?».

Il libro, con tanto di prefazione di Roberto Saviano che, più avvincente di un giallo, ricostruisce punto su punto e dopo anni e anni di ricerche dei suoi autori (e non certo a caso forse le più famose Jene della fortunata serie tv) il delitto di due bambine rapite, seviziate e uccise quarant’anni fa. Quello per cui furono condannati tre giovanissimi ragazzi di allora, da sempre proclamatisi innocenti rispetto a quell’infamante accusa, ma che ora, disposti a rinunciare persino a qualsivoglia indennizzo materiale, reclamano un risarcimento morale attraverso una revisione del processo a loro carico che, pur in contumacia anche perché sembrerebbe morto il probabile autore di quell’efferato crimine, permetta a loro e alle loro famiglie di andare a testa alta per sempre perché riconosciuti anche ufficialmente innocenti e come, tra l’altro, la gente dei posti in cui abitavano già più  o meno sapeva sin da subito.

Una prosa asciutta ed efficace, dettata dai fatti ordinati cronologicamente e concatenati tra loro e con tanto di nomi e cognomi e foto, quasi un dossier-denuncia questo libro sui “Mostri di Ponticelli” e che non certo nemmeno nasconde il suo fine di «pretendere che chiunque possa intervenire per arrivare a una revisione del processo senta la necessità di farlo. Adesso» come riportato nella sua quarta di copertina. Ed eccoci dunque a far nostro, da buoni cronisti, questo appello alla giustizia che, al di là del caso, è anche un j’accuse nei confronti di certa tv massimalista o di quella stampa che si nutre di mostri sbattuti in prima pagina, salvo poi qualche trafiletto in terza, quarta pagina che poi lascia per sempre un dubbio di colpevolezza nei confronti di vittime di errori giudiziari, ma così condannati a vita da uno stigma sociale pressoché impossibile, poi, da rimuovere totalmente. Come ha dimostrato, per esempio e senza andare neppure troppo lontano, il famoso caso internazionale del delitto di Perugia che scomodò addirittura la politica degli USA.

Ben più di un premio, dunque, quello cui abbiamo partecipato grazie all’azzeccatissimo colpo di scena di un collegamento video in diretta con i tre “Mostri di Ponticelli” per aggiungere il loro racconto al racconto del libro presentato, una serata indimenticabile che si è pure rivelata una riuscita prova delle capacità tecniche ed organizzative dell’esordiente PoliticalTv in chiaro dal 27 di questo mese e a guida della Gorio. Lei a condurre brillantemente l’evento di cui parliamo, perché tale si è rivelato, e con un moderatore del calibro di Piero Paciello, a consegnare il premio ai due autori, Golia e la De Stefano, il sindaco di Modugno Nicola Bonasia in compagnia dell’assessore alla cultura Antonio Alfonsi. Ad arricchire il caldo dibattito apertosi durante il collegamento streaming, anche il contributo professionale del vice sindaco della città, Giuseppe Montebruno – andato ad aggiungersi ad alcuni interventi del pubblico – sono oltre due le ore volate in fretta per questo quasi spettacolo, per l’intensità delle emozioni prodotte, prima che lo splendido chiostro di Palazzo Santa Croce, pieno di gente per questo appuntamento, si consegnasse alla quiete della notte.

Non certo la stessa piacevole sensazione dell’animo, la quiete, di chi era presente o ci legge, o ancor meglio legge il libro di cui stiamo parlando, pensando all’attualità di questa vicenda di oltre quaranta anni fa. Ma che sembra contemporanea per i troppi interrogativi che muove sul concetto insopprimibile del nostro diritto riassunto dalla formula “in dubio pro reo”, ma troppo spesso contraddetta nella pratica per errori, o superficialità in fase di indagini o di giudizio, se non addirittura altro. Un libro da leggere perciò anche per cercare risposte a quella domanda pur trapelata dal pubblico «ma dunque questo vuol dire che tutti siamo così esposti di fronte alla legge, pur non avendo fatto assolutamente niente?». Già, bel quesito questo…

 Enrico Tedeschi

 

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