Prestiti personali immediati

Mutui e prestiti aziendali

Utilizza la funzionalità di ricerca interna #finsubito.

Agevolazioni - Finanziamenti - Ricerca immobili

Puoi trovare una risposta alle tue domande.

 

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito
#finsubito news video
#finsubitoaste
01_post_Lazio
Abruzzo
Agevolazioni
Agevolazioni #finsubito
Alghero aste
Cagliari aste
Chieti
Emilia Romagna aste
Firenze aste
Italia aste
L'Aquila
Lazio aste
Lombardia aste
News aste
Olbia aste
Post dalla rete
Roma aste
Sardegna aste
Sassari aste
Toscana aste
Zes agevolazioni
   

di Marta Rosati

«Abbiamo il diritto morale di avere le nostre centrali o di essere pagati da chi le ha espropriate». Questo il messaggio diffuso nelle settimane passate dal cavaliere Giovanni Arvedi, attraverso una maxi affisisione negli spazi esterni dell’acciaieria Ast di Terni. Una provocazione al Governo nazionale e assieme la denuncia di quanto la competitività tra colossi del settore sia condizionata dai costi che sostengono i player italiani rispetto a quelli degli altri Paesi europei. Umbria24 si è rivolta a Piero Sechi per restituire al dibattito politico la storia della nazionalizzazione del settore elettrico in Italia e il trattamento che subì a suo tempo (era il 1962) l’allora ‘Terni Società per l’industria e l’Elettricità’, che produceva energia elettrica per le sue attività siderurgiche, chimiche, cementiere, cioè era autoproduttrice, e vendeva sul mercato il resto della sua produzione elettrica.

Terni scippata Lo spaccato di quanto avvenne all’epoca, Sechi lo racconta in un libro dal titolo ‘La Nazionalizzazione imperfetta’. L’autore, ingegnere laureato all’Università Sapienza di Roma, è stato dirigente della società Terni come responsabile dei Servizi di Stabilimento. Dopo prolungati stages presso le principali acciaierie elettriche degli Stati Uniti, ha coordinato, agli inizi degli anni ’70, il potenziamento degli impianti elettrici dello stabilimento siderurgico e ha gestito proprio le problematiche elettriche connesse alla nazionalizzazione del settore elettrico della Terni. Chi, dunque, meglio di lui, può chiarire le lontane origini di quanto oggi lamenta la noìuova proprietà dell’Acciaieria.

Piero Sechi Lo scalpore della fermata per elevati costi energetici e la proposta Arvedi di utilizzare la centrale Enel di Galleto, per i fabbisogni dell’Ast, a prezzi pari a quelli della concorrenza europea, invitano proprio a un tuffo dentro le pagine di quel libro: «In pratica – commenta l’autore – si dovrebbe ritornare alle condizioni antecedenti la nazionalizzazione dell’energia elettrica del 1962. Ma al riguardo bisogna rivedere la storia, ed esaminare come sono andate le cose». Così come è scritto in quella pubblicazione Murena editrice.

La nazionalizzazione imperfetta Per la formazione del primo governo di centro-sinistra del 1962, guidato da Fanfani, il partito socialista, per il sostegno al governo, aveva posto la condizione della nazionalizzazione del settore elettrico. Si arriva così alla legge n.1643 del 6 dicembre 1962 ‘Istituzione dell’Ente nazionale per l’energia elettrica (ENEL) e trasferimento ad esso delle imprese esercenti le industrie elettriche’, che fa esplicito riferimento alla società Terni. Il punto 6 dell’art.4 così recita: ‘Non sono soggette a trasferimento: Le imprese che producono energia elettrica destinata a soddisfare i fabbisogni inerenti ad altri processi produttivi esplicati dalle imprese stesse; Sono escluse dall’esonero (cioè vengono nazionalizzate) le attività elettriche esercitate dalla Società Terni; nei limiti della quantità di energia elettrica consumata per le attività esercitate dalla Società Terni al 1961, o in corso di realizzazione alla data di entrata in vigore della presente legge, saranno stabilite le modalità di fornitura, ivi compreso il prezzo dell’energia stessa, tenuto conto delle condizioni applicate alle suddette attività mediamente nel triennio 1959-61′.

Il compromesso Il perché va ricercato nella trasformazione della società da siderurgica-cantieristica in società polisettoriale comprendente anche la chimica, le miniere e il cemento, voluta e attuata da Arturo Bocciardo che ritenne che il futuro della nuova Terni sarebbe stato imperniato sul settore elettrico. Su questo presupposto fu impostato il piano degli investimenti idroelettrici per gli anni ‘20 e ‘30. «Il Piano – spiega Sechi – era stato concepito con l’integrazione della produzione della Terni con l’intero sistema elettrico nazionale. L’idroelettrico della Terni era diventato elemento regolatore per il sistema elettrico del Paese poiché trasformava in energia pregiata i cascami di energia che da tutta Italia finivano a Terni e lo faceva attraverso ll pompaggio dell’acqua nei bacini di accumulo di Piediluco, del Turano, del Salto, di Campotosto e di Providenza».

Decisione politica Per tutto il 1962 la Terni cercò in ogni modo di opporsi all’esproprio adducendo il fatto che essa dovesse essere considerata ‘autoproduttrice’, in quanto fornitrice di energia dei propri stabilimenti. Ma la questione era tutta politica, e la politica aveva deciso che gli impianti elettrici della Terni erano imprescindibili per la costituzione dell’Enel. «Val la pena – sottolinea Sechi – rileggere la replica, nella fase di elaborazione della legge, del ministro Emilio Colombo al senatore Battaglia che chiedeva l’esclusione della Terni dalla nazionalizzazione, in quanto autoproduttore: «La funzione della Terni non è tanto quella di autoproduttore, quanto quella di regolatore di tutto il sistema elettrico italiano, ed è la prevalenza di questa funzione che ci ha indotto a far inserire la norma, ad evitare ogni perplessità ed ogni dubbio che la Terni potesse essere assoggettata ad esproprio, ovvero che potesse essere esonerata in qualità di autoproduttore, si è sancito che le attività elettriche da essa esercitate passeranno all’Enel perché essenziali a tutto il sistema elettrico italiano».

Il compromesso Le contropartite concesse alla Terni furono di due tipi: l’indennizzo peri beni e le attività elettriche trasferite al nuovo Ente; la fornitura di una quantità di energia a determinate condizioni per le attività non elettriche della Terni per una durata di 30 anni. Per quanto riguarda il primo punto, la perizia Bottani-Jorio, determinò l’indennizzo in 264 miliardi di lire, ma l’Enel fu disposta a riconoscerne solo 125, che a seguito delle trasformazioni societarie del frattempo intervenute, furono incorporati dalla Finsider, la finanziaria proprietaria della Terni, che vide ben poco di quelle risorse. Per il resto era stabilito: l’Enel è tenuta a fornire alla Terni 1.025.000.000 Kwh/anno consumo del 1961 (ai prezzi del biennio 1959-60 praticati dalla Terni ai propri settori produttivi), 170 MW potenza massima prelevabile, 595.000.000 Kwh/anno ulteriori per le iniziative in corso di realizzazione (al prezzo aumentato di 0,45 lire/Kwh) 100 Mw potenza ulteriore per le iniziative in corso di realizzazione.

L’errore strategico «I fabbisogni di energia elettrica della Terni nel periodo trentennale – fa notare l’ingegner Sechi –  furono determinati sulla base del Piano che la Finsider aveva elaborato per il complesso degli stabilimenti, ma nelle previsioni di energia non si presero in considerazione gli ulteriori e futuri sviluppi della siderurgia ternana come si verificò negli anni a seguire. L’incongruenza apparve evidente alla fine degli anni ‘60 quando ci si rese conto della necessità di trasformare radicalmente e potenziare il reparto di produzione di acciaio. La capacità fusoria dell’acciaieria, nel 1970, non superava le 350.000 tonnellate/anno, a fronte di una capacità di laminazione di un milione di tonnellate annue. Aver escluso, nei piani strategici della Finsider per la Terni, la possibilità nel breve periodo di adeguare la produzione di acciaio alla capacità di laminazione, e non aver previsto la domanda di acciaio magnetico e inossidabile, come di lì a poco avvenne, furono due grandi errori strategici».

I forni fusori dell’Ast Nel 1970 la Terni decise così di installare due nuovi forni in grado di produrre da soli 1.000.000 di tonnellate/anno, i maggiori a livello mondiale. Questo richiese la realizzazione di una nuova Sottostazione Elettrica, e la realizzazione da parte dell’Enel di due nuovi elettrodotti ad altissima tensione (220 KV) per l’alimentazione dello stabilimento. In sostanza, il potenziamento dell’acciaieria richiese un rilevante incremento di energia elettrica. Tutto questo non era stato previsto nel Piano della Finsider del 1960. Il 1992 è l’anno della scadenza trentennale delle agevolazioni tariffarie, ma con la legge n.9 del 9 gennaio 1991, le suddette agevolazioni erano state prorogate fino al 2001, mentre negli anni successivi fino al 2007 i prezzi sarebbero stati gradualmente allineati ai valori delle tariffe nazionali.

Acciaio strategico Nel frattempo, nel 1994 c’era stata la privatizzazione della siderurgia pubblica, che riguardava anche la Terni, che consentì il passaggio di proprietà alla ThyssenKrupp e a una cordata italiana (Agarini, Falk, Riva). Ma a partire dal 2002 , con la crisi siderurgica, il problema energetico divenne centrale per l’azienda. Iniziò così a Terni un ampio coinvolgimento delle forze politiche e sindacali con la proprietà dell’azienda che chiedeva il mantenimento delle agevolazioni tariffarie, pena la chiusura della produzione del magneico. Il braccio di ferro andò avanti per mesi senza alcun risultato. Il Governo italiano si attivò al riguardo concedendo una proroga delle agevolazioni fino all’anno 2010, che successivamente l’Unione Europea dichiarò illegittima in quanto aiuto di Stato. «Questa è la storia e così sono andate le cose».

Questo contenuto è libero e gratuito per tutti ma è stato realizzato anche grazie al contributo di chi ci ha sostenuti perché crede in una informazione accurata al servizio della nostra comunità. Se puoi fai la tua parte. Sostienici

Accettiamo pagamenti tramite carta di credito o Bonifico SEPA. Per donare inserisci l’importo, clicca il bottone Dona, scegli una modalità di pagamento e completa la procedura fornendo i dati richiesti.


 

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Informativa sui diritti di autore

La legge sul diritto d’autore art. 70 consente l’utilizzazione libera del materiale laddove ricorrano determinate condizioni:  la citazione o riproduzione di brani o parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi qualora siano effettuati per uso di critica, discussione, insegnamento o ricerca scientifica entro i limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera citata o riprodotta.

Vuoi richiedere la rimozione dell’articolo?

Clicca qui

     

Prestiti personali immediati

Mutui e prestiti aziendali

Per richiedere la rimozione dell’articolo clicca qui

La rete #dessonews è un aggregatore di news e replica gli articoli senza fini di lucro ma con finalità di critica, discussione od insegnamento,

come previsto dall’art. 70 legge sul diritto d’autore e art. 41 della costituzione Italiana. Al termine di ciascun articolo è indicata la provenienza dell’articolo.

Il presente sito contiene link ad altri siti Internet, che non sono sotto il controllo di #adessonews; la pubblicazione dei suddetti link sul presente sito non comporta l’approvazione o l’avallo da parte di #adessonews dei relativi siti e dei loro contenuti; né implica alcuna forma di garanzia da parte di quest’ultima.

L’utente, quindi, riconosce che #adessonews non è responsabile, a titolo meramente esemplificativo, della veridicità, correttezza, completezza, del rispetto dei diritti di proprietà intellettuale e/o industriale, della legalità e/o di alcun altro aspetto dei suddetti siti Internet, né risponde della loro eventuale contrarietà all’ordine pubblico, al buon costume e/o comunque alla morale. #adessonews, pertanto, non si assume alcuna responsabilità per i link ad altri siti Internet e/o per i contenuti presenti sul sito e/o nei suddetti siti.

Per richiedere la rimozione dell’articolo clicca qui