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In Sicilia, tra il 2013 e il 2024 (dati riferiti al primo semestre di quest’anno), sul fronte delle imprese registrate, circa 8.500 negozi sono spariti, incluse le 61.662 imprese al dettaglio cessate tra il 2013 e il 1° semestre del 2024. Nel 1° semestre 2024 si è registrato un calo di consistenza di circa lo 0,80% rispetto allo stesso periodo del 2023.

Tra il 2013 e il 2023 il saldo negativo, tra iscrizioni e cessazioni, riguarda oltre 31.000 imprese e nel 1° semestre del 2024 si è registrato un saldo negativo di circa 1.355 imprese al dettaglio. Tra i settori maggiormente colpiti troviamo la vendita di generi alimentari che, con 16.870 cessazioni, rappresenta il 27,37% del totale, seguito dell’abbigliamento con 13.914 cessazioni, pari al 22,56%. Il settore delle edicole tra il 2013 e il 1° semestre del 2024 conta ben 1.346 cessazioni, ovvero il 2,18% del comparto delle imprese nel settore del commercio al dettaglio.

Le cause di questa riduzione non si limitano al lockdown. Infatti, l’aumento costante delle vendite online, l’espansione della grande distribuzione e il cambiamento delle abitudini di consumo, con sempre più persone che preferiscono mangiare fuori casa, hanno contribuito in modo significativo alla contrazione del settore commerciale. Questo cambiamento delle abitudini ha favorito, di contro, la crescita del settore della ristorazione, che ha visto un incremento di quasi 6.600 nuove imprese tra bar e ristoranti nel periodo tra il 2013 e il 2023. Trend positivo che si conferma anche nel 1° semestre 2024, con una crescita dello 0,54% rispetto al 2023.

Questi dati emergono dall’analisi condotta dall’Ufficio Studi di Assoesercenti Sicilia sui numeri forniti da Infocamere. Il rapporto evidenzia come tra le principali città siciliane, Palermo sia la più colpita dalla crisi del commercio, con una diminuzione delle attività al dettaglio del 13,32% (2.969 imprese in meno) tra il 2013 e 1° semestre 2024. Catania, che si trova tra le ultime nella lista, ha registrato un calo del 7,47% (-1.337 imprese).

“Questa drammatica evoluzione – afferma il presidente di Assoesercenti Sicilia, Salvo Politino – è stata causata da una serie di eventi: prima il covid, poi la guerra in Ucraina e Palestina con le conseguenti crisi energetiche ed inflattive (e il successivo innalzamento dei tassi) hanno portato alla moria di imprese che abbiamo registrato con la nostra indagine”.

Oltre alla pandemia, la trasformazione del commercio di prossimità è attribuibile anche al crescente utilizzo delle piattaforme online per gli acquisti.

“Per favorire una ripresa – aggiunge Politino – è fondamentale puntare su efficienza e produttività, con un focus sull’innovazione e una rielaborazione dell’offerta. L’integrazione dell’omnicanalità, ossia l’utilizzo combinato del canale di vendita online, può rappresentare una delle strategie chiave per contrastare questo calo. Nell’ultimo decennio le imprese attive di vendita online sono cresciute esponenzialmente. Basti pensare che nel 2023 il fatturato in Sicilia supera 1,5 miliardi di euro, secondo le stime di Assoesercenti”.

Un altro fattore rilevante, che ha messo a dura prova il settore commerciale siciliano, è la crisi energetica. Tuttavia, il Centro Studi di Assoesercenti sottolinea che una buona parte della contrazione del settore è imputabile alla stagnazione strutturale dei consumi che da tempo affligge la Sicilia. Le cause di questa situazione sono quindi molteplici e affondano le radici nel passato, toccando aspetti profondi della struttura del commercio siciliano.

“Fare impresa nel settore del commercio di vicinato diventa sempre più complicato – aggiunge il presidente Politino – e lo è, in particolare, nel segmento del commercio al dettaglio di vicinato, per la concorrenza enorme delle vendite online, che godono di un regime fiscale particolarmente vantaggioso, di politiche urbanistiche e sulla mobilità che hanno favorito la realizzazione di grandi strutture di vendita all’esterno dei centri storici delle nostre città e di politiche fiscali e del lavoro che non tengono conto delle dimensioni reali delle imprese del commercio di vicinato. Bisogna dare nuovamente valore alla rete dei piccoli negozi, dagli alimentari all’abbigliamento, e alla prossimità, sia per la funzione di servizio che per il contributo che è in grado di dare al miglioramento della qualità della vita nei contesti urbani. Occorre passare dalle parole ai fatti e sviluppare politiche attive per il settore, a partire dalla formazione imprenditoriale e dal tutoraggio delle start-up, ma anche pensando a un regime agevolato per le attività di vicinato per quanto riguarda il sistema fiscale e il costo del lavoro, la messa a disposizione di risorse e bandi regionali per la riqualificazione dei negozi e dei centri urbani, attenzionando le vie del commercio naturali, attraverso i distretti urbani del commercio e soprattutto garantendo condizioni di sicurezza e intrattenimento e la tradizione del commercio. Si potrebbero prevedere incentivi per gli affitti e si dovrebbe ridurre il carico fiscale locale (Imu, Tari, etc ), pensare a una cedolare fissa (bassa) e a una riduzione dall’Irpef derivante dagli affitti commerciali degli esercizi storici e di vicinato, a un credito d’imposta sugli affitti delle piccole attività commerciali e artigianali, azzerando o riducendo Tari e Imu. Alla Regione Siciliana – conclude Politino – chiediamo che vengano pubblicati dei bandi specifici, di agevolazione e incentivi per le imprese del centro storico e di vicinato”.

 

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