Cronaca – Enpa Viterbo: “L’uomo distrugge i branchi, ma l’istinto di conservazione ne modifica la struttura, rendendoli più prolifici”
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Viterbo – Riceviamo e pubblichiamo – È evidente, sotto gli occhi di tutti, ma nessuno ha il coraggio di ammetterlo, proseguendo lungo una strada fallimentare, senza comprendere che uccidere gli animali non risolve affatto il problema.
Da anni, da decenni i cacciatori ammazzano milioni di animali, ungulati e cinghiali compresi. Le quote di abbattimento crescono ogni anno, eppure i danni non diminuiscono, ma nessuno se ne vuole accorgere. Nessuno prende atto che ammazzare gli animali non porta alla riduzione dei danni, tutt’altro. Né diminuisce il numero di animali. Ed i politici, gli agricoltori, i cacciatori, continuano a meravigliarsi.
E se, leggendo queste note, vi chiedeste perché il numero di ungulati aumenta nonostante gli abbattimenti, diciamo quello che normalmente viene omesso, più o meno consapevolmente da chi ha interesse a impugnare i fucili e, cioè, che l’attività venatoria disgrega i gruppi consolidati e contribuisce ad aumentare la fertilità della specie, venendo meno il fenomeno della simultaneità dell’estro delle femmine.
Gli equilibri in natura si mantengono senza l’intervento funesto dei cacciatori, prova ne è il fatto che, nonostante la caccia sia aperta tutto l’anno, i danni all’agricoltura sono in continua crescita. Riteniamo che la caccia sia guidata e sostenuta da una falsa informazione volta a favorire gli interessi dei cacciatori i quali, invece, sanno bene che qualsiasi specie animale sottoposta a forte pressione venatoria, attiva d’istinto reazioni conservative
Il cinghiale è un animale che vive in branchi a gerarchia matriarcale. Le femmine dominanti, che si riproducono in natura una sola volta l’anno, grazie alla sincronizzazione dell’estro, lo condizionano anche nelle altre femmine del branco… in questo modo tutte le femmine avranno un solo estro. Ma, si sa, l’istinto degli animali ha come fine quello della riproduzione e così la persecuzione venatoria, messa in atto contro gli ungulati, determinano il totale sfasamento del branco. Le femmine finiscono per andare in estro più volte l’anno ed anche in età meno adulta e spesso i parti diventano plurigemellari.
Insomma, dove l’uomo cerca di distruggere i branchi, l’istinto di conservazione ne modifica la struttura, rendendoli più prolifici… a dispetto dei proiettili (questo per quanto riguarda le specie comuni di cui i cinghiali fanno parte). Un contributo concreto alla gestione degli animali selvatici in ottica di una migliore convivenza con gli umani, potrà venire solo da un pensiero nuovo, aperto a nuove prospettive, che abbandoni la vecchia, crudele, fallimentare strada delle fucilazioni generalizzate.
Solo attraverso lo sviluppo e l’implementazione dei farmaci che controllano la fertilità, che già esistono, possiamo configurare un futuro migliore per gli animali, l’agricoltura, l’ambiente, l’uomo.
L’etica animale, in questo caso dei cinghiali, ma soprattutto delle coesistenze con animalità sia domestiche che selvatiche, richiede l’educazione alla coesistenza. Forse il tema della coesistenza non è neppure preso in considerazione e per questo non si intravedono che azioni punitive. L’educazione alla coesistenza manca proprio del tutto, non c’è alcuna iniziativa promossa dalle istituzioni.
Non c’è comune, regione o provincia che promuovano iniziative atte a sviluppare una conoscenza degli animali e dell’animalità che non sia esclusivamente quella venatoria.
Enpa sezione di Viterbo e Provincia
19 settembre, 2024
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