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Abbiamo più volte fatto riferimento alla stagione del miracolo economico del Dopoguerra. In quella stagione, che appartiene a un’altra epoca rispetto ai nostri giorni, intelligenza tecnica, riformismo cattolico e cultura laica riuscirono a trasformare un Paese agricolo di secondo livello prima in un’economia industrializzata e poi in una potenza economica mondiale con un Mezzogiorno che cresceva più della media nazionale e attuava la convergenza tra le due aree del Paese. Lo strumento tecnico, che consentì di raddoppiare il prestito Marshall a vantaggio di Nord e Sud, fu la Cassa per il Mezzogiorno, una falange di 300 persone quasi tutti ingegneri, guidata da Gabriele Pescatore. Fu il frutto di una scelta politica che esprimeva la coerenza meridionalista del trentino De Gasperi. Quella Cassa delle grandi opere faceva le cose a tempi di record e si guadagnò gli elogi di mezzo mondo come lepre nell’utilizzo dei fondi comunitari.

Pensando a questo modello, abbiamo reclamato e condiviso la scelta di puntare finalmente sul lavoro produttivo chiudendo la lunga stagione dell’assistenzialismo e, ancora di più, quella di ricorrere allo strumento della zona economica speciale unica (Zes) e della struttura di missione tecnica. Perché rimettono il prodotto Sud al centro dell’attrazione dei capitali globali e lo rendono finalmente vendibile. Perché il volume di semplificazioni accordate, con l’autorizzazione unica, gli incentivi all’assunzione, la decontribuzione, il credito di imposta e altro ancora, sono affidati a una struttura tecnica snella ed efficace e possono mettere le ali allo sviluppo di un Sud che ormai da più di quattro anni e mezzo consegue aumenti di Pil, export e occupazione superiori alla media nazionale. Sono risultati che arrivano dopo venticinque anni consecutivi di Italia fanalino di coda europeo e Mezzogiorno allo sprofondo.

Meloni e Fitto hanno avuto l’intelligenza tecnica e la visione da sistema Paese per attribuire il coordinamento della Zes unica a Giosy Romano, che non appartiene di certo alla famiglia politica della Destra. Romano dovrà lavorare molto per diventare il nuovo Pescatore, ma ha le competenze per riuscirci e avere guardato più alle competenze che alle appartenenze dimostra che siamo di fronte a un sistema incardinato su binari non smontabili. Un sistema che moltiplica al cubo la capacità attrattiva di capitali globali e che permette alla Novartis di Torre Annunziata, multinazionale leader nella farmaceutica, di avere in Campania uno dei quartieri generali direzionali sulla frontiera della ricerca più innovativa, e a tutte le regioni meridionali di attrarre finalmente investimenti internazionali nei comparti più disparati.

Questa rivoluzione tecnico-culturale è figlia della grande politica e, a nostro avviso, vanno fatti i massimi sforzi da ambo i lati, perché diventi patrimonio comune della maggioranza di governo e di tutte le opposizioni. Diventi un punto di forza del sistema Italia. Il primo a segnalare, in tempi non sospetti, che il Mezzogiorno italiano era potenzialmente uno dei luoghi più attrattivi perché la pandemia ha riconfigurato le catene della logistica e perché custodisce il tesoro energetico del futuro dopo gli sconvolgimenti geopolitici determinati dai carri armati di Putin in Ucraina, è stato il Governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta. Lo ha detto prima di prendere il posto di Visco e lo ha ripetuto dopo segnalando, a più riprese, l’urgenza strategica di dotarsi di una struttura all’altezza per vendere ciò che il mercato mondiale di suo chiede.

Dipende da noi, mi viene da dire, e finalmente lo stiamo facendo, acquisendo la piena consapevolezza che il nuovo asse strategico globale è quello Sud-Nord e che l’unica piattaforma europea che si allunga sul Mediterraneo è quella italiana. Per queste ragioni, prima di tutto, Napoli e l’intero Mezzogiorno non sono più periferia, ma centro del nuovo mondo che si è capovolto. È cambiato il paradigma competitivo, come ripetiamo in modo ossessivo, perché è vero, ma ancora di più perché serve quella fiducia contagiosa che è indispensabile per fare il tantissimo che si deve ancora fare. Serve il contributo consapevole di tutti. Partendo almeno dalla convinzione che il sistema è stato incardinato su binari non smontabili e non può più dipendere dalla sola presenza di questa o quella figura politica. O, perlomeno, bisogna fare di tutto perché sia così. 



 

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