Bisognerà muoversi tra le pieghe del nuovo Patto europeo. I cui meccanismi di funzionamento, forse, non ancora tutti nel governo hanno compreso appieno. Per questo nel vertice di maggioranza di ieri il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti si è dilungato in spiegazioni anche tecniche dei nuovi vincoli Ue.
La nuova Manovra
A partire dal nuovo principale parametro che sarà monitorato dalla Commissione europea: la spesa primaria netta corrente. Le uscite dello Stato avranno un tetto annuo che non potrà essere sforato. Questo significa che se, per esempio sarà aumentata la spesa sanitaria, poi sarà necessario ridurre un’altra spesa, magari quella pensionistica o dei dipendenti pubblici, per rispettare il tetto. Oppure bisognerà finanziare l’uscita con una nuova entrata, vale a dire più tasse.
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Manovra, tagli a spese e bonus
Questi vincoli, ha spiegato Giorgetti, incideranno inevitabilmente sulla prossima manovra di Bilancio. Dei 23-25 miliardi necessari alla conferma del taglio del cuneo contributivo, della riduzione dell’Irpef, e dei bonus per la natalità, ne mancherebbero ancora una decina. E andranno trovati, appunto, riducendo altre uscite. Da qui l’invito ai ministri a verificare voce per voce, l’efficacia delle spese in capo ai singoli dicasteri in modo da eliminare quelle ritenute “superflue” perché non hanno dato i risultati sperati. A partire dai bonus che ancora si trascinano dalla doppia crisi pandemica ed energetica.
Piano strutturale
Il Piano strutturale di Bilancio, il nuovo documento europeo previsto dal Patto, è quasi pronto. Sarà reso pubblico nei tempi previsti dalla Commissione. Conterrà un piano di riforme in cinque anni e un piano di aggiustamento dei conti pubblici in sette anni. Percorsi dai quali, una volta approvati, sarà quasi impossibile deviare. La settimana prossima sarà approvato in consiglio dei ministri (il 17 settembre) e poi trasmesso in Parlamento. Quella del passaggio alle Camere è una procedura scelta dall’Italia per dare massima trasparenza e ampio dibattito su un passaggio così importante per i conti pubblici del Paese. L’Ue aveva chiesto che il documento fosse trasmesso il 20 settembre. Un termine non perentorio, ma che nella sostanza sarà rispettato dall’Italia con l’approvazione del documento ben prima di questa scadenza e con la sua trasmissione in Parlamento (che di fatto lo rende pubblico anche alla Commissione).
Tesoretti
Premesso, come ha fatto Giorgetti, che non ci saranno “tesoretti” da spendere, nel Piano strutturale qualche sorpresa positiva potrebbe esserci sulla crescita economica. Le entrate tributarie sono andate meglio del previsto e nel quadro programmatico per il 2025 si dovrà tenere conto anche della prosecuzione del taglio del cuneo contributivo e della riduzione delle aliquote Irpef. Questo dovrebbe spingere il Pil di uno 0,2 per cento in più del previsto, portandolo a 1,3-1,4 per cento.
Un aiuto potrebbe venire anche dalla minore spesa per interessi sul debito grazie ai prossimi tagli della Bce che il mercato sta già in qualche misura anticipando. Molta attesa c’è sul capitolo pensioni, una delle principali voci di spesa del bilancio pubblico. Forza Italia spinge per un aumento delle pensioni minime replicando, almeno, la super rivalutazione del 120 per cento dello scorso anno. Dalle strutture tecniche del ministero dell’Economia, invece, arrivano proposte di tagli, come l’allungamento delle finestre mobili di uscita o interventi sui coefficienti di trasformazione. A proporre un’idea di riforma, ieri è stato il Presidente della Commissione Finanze del Senato Massimo Garavaglia. Al centro della proposta c’è il vecchio “bonus Maroni”, un incentivo pari ai contributi previdenziali da lasciare nelle buste paga di chi rinvia il pensionamento e resta al lavoro. Un’idea già appoggiata anche da Giorgetti.
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