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L’idea di far restare tre anni in più i dipendenti pubblici al lavoro, di cui Repubblica si è occupata nei giorni scorsi registrando la contrarietà dei sindacati, non deve assolutamente prelevare risorse al bilancio pubblico. Tutt’al più, offrirne. Si conferma dunque dai testi che circolano in queste ore che se l’idea dovesse assumere concretezza, non potrà esser accompagnata da bonus o simili.

La norma che introduce la possibilità per le amministrazioni pubbliche di trattenere in servizio su base volontaria, il personale oltre i 67 anni e entro i 70 anni per lo svolgimento di attività di tutoraggio e affiancamento o di esigenze funzionali non diversamente assolvibili non determina maggiori oneri “ma anzi garantisce, per il periodo di trattenimento in servizio, una minore spesa previdenziale”. A dettagliare il passaggio è la relazione tecnica alla bozza del ministero della Pa sulla possibilità che i dipendenti pubblici restino al lavoro, su base volontaria e su scelta dell’amministrazione, oltre l’età per la pensione di vecchiaia.

“La misura si rende necessaria – si legge nella bozza allo studio del ministero – principalmente per garantire all’ingente numero di personale neoassunto, un necessario affiancamento del personale più esperto, per operare un “passaggio di competenze” che garantisca il più alto standard di efficienza. La misura, inoltre, garantisce – per il periodo di trattenimento in servizio – una minor spesa previdenziale”.

La norma “consente il trattenimento di una quota parte delle facoltà assunzionali, ovvero al solo dieci per cento, proprio per rispondere all’obiettivo di garantire il bilanciamento tra l’accesso alla pubblica amministrazione delle nuove generazioni e la salvaguardia del bagaglio di competenze ed esperienze acquisite dal personale in servizio che si ritiene necessario non disperdere”. In pratica il tetto del 10% è legato alla spesa per le assunzioni per cui a fronte del trattenimento in servizio di un dirigente con un’alta retribuzione si rinuncerà a fare assunzioni per lo stessa spesa per le casse dello Stato. “È necessario stabilire un tetto alla possibilità di trattenere il personale in servizio (quantificato in una quota parte delle facoltà assunzionali), prosegue il testo, per consentire alle amministrazioni la possibilità di svolgere la necessaria attività di programmazione delle proprie assunzioni, non è infatti ipotizzabile rimettere alla esclusiva volontà del singolo lavoratore la possibilità o meno di permanere in servizio”.

La disposizione, non interviene sull’ampliamento delle facoltà assunzionali dell’amministrazione, e quindi non determina nuovi o maggiori oneri rispetto a quelli già previsti per il personale dell’amministrazione, ma anzi – si legge – “garantisce, per il periodo di trattenimento in servizio, una minore spesa previdenziale”.

Ma i sindacati ribadiscono la loro contrarietà. Anzi i dettagli del progetto sono ulteriori motivi per rigettarlo: “Salari bassi, pagelline, aumenti dei carichi di lavoro e ora pure l’aumento dell’età pensionabile? – obietta Serena Sorrentino, segretaria della Fp Cgil – E non ci dicano che sono i lavoratori a scegliere se dopo oltre 40 anni di servizio non ti pagano il Tfr, se non c’è rivalutazione dei coefficienti di lavoro con pensioni basse più del salario più basso, considerando anche il taglio delle aliquote dell’ultima legge di bilancio per alcune categorie di dipendenti pubblici, non c’è libertà di scelta, molti devono rimanere per diventare ancora più poveri. Per sopravvivere molti dovranno scegliere se essere pensionati poveri o lavoratori allo stremo delle forze. E poi con il limite del 10%? E se ci sono più domande? Chi sceglie, la lotteria?”.

Ribadisce la propria contrarietà anche la Uil Flp: “Il governo non sta affrontando neanche l’altra faccia della medaglia.Se non si aumentano gli stipendi, attraverso maggiori risorse per i rinnovi contrattuali, le professioni all’interno della Pa stanno perdendo completamente attrattività rispetto ai settori privati. – afferma la segretaria generale Rita Longobardi – Stiamo perdendo le migliori risorse formate nel Paese: serve un’inversione di tendenza. Basta propaganda, sono sempre più urgenti riforme e interventi strutturali affinché la Pubblica Amministrazione torni ad essere il vero volano di sviluppo economico e sociale del Paese”.

 

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