Altro che uscite anticipate dal mondo del lavoro con quota 41 da sempre nei desiderata della Lega di Matteo Salvini. Il cantiere pensioni all’interno della manovra potrebbe arricchirsi non di un meccanismo per lasciare prima il proprio impiego, ma per convincere i lavoratori a restare. Tra le varie indiscrezioni sulla prossima legge di Bilancio l’ultima parla di incentivi per permettere ai dipendenti pubblici di rimanere in servizio oltre i 67 anni. Secondo quanto riporta il quotidiano romano il Messaggero, sempre attento ai temi della Pubblica amministrazione, essendo la capitale sede dei ministeri, si lavora affinché chi decide di proseguire il lavoro una volta raggiunta l’età della pensione di vecchiaia lo possa fare in automatico. Al contrario dovrebbe presentare domanda per uscire, possibilità che invece oggi è automatica, una volta raggiunti i requisiti anagrafici.
Il governo starebbe lavorando a fronte del numero elevato di uscite attese grazie al raggiungimento dell’età di vecchiaia o dei requisiti per la pensione anticipata. Il provvedimento, secondo quanto scrive il quotidiano: “potrebbe entrare nella prossima manovra, ma non si esclude neppure di anticiparlo”. Tre fonti governative confermano ad Huffpost che l’ipotesi è sul tavolo, anche se parlano al condizionale e ricordano che per le scelte definitive “è ancora presto”. La decisione del lavoratore sarebbe su base volontaria. Per lo Stato comporterebbe risparmi sugli assegni previdenziali da staccare e solo in parte si rivelerebbe un costo per gli eventuali incentivi. Non è soltanto una questione di conti pubblici. C’è la necessità di preservare competenze nella Pa in attesa che si concludano i concorsi , 170 mila assunzioni nel 2024, e si rafforzi il turnover nelle amministrazioni La proposta potrebbe riguardare anche le forze dell’ordine e replicare quanto già fatto nella sanità per trattenere i medici in corsia fino a 72 anni.
Se c’è quindi un leghista cui si guarda è il compianto Roberto Maroni, che da ministro del Welfare, nel 2004, varò un’agevolazione per convincere i lavoratori a restare al proprio posto. Il bonus restò in piedi fino al 2007. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha già avuto modo con le ultime manovra di sperimentare nuovamente il meccanismo, previsto ad esempio per chi non ha aderito a quota 103, il sistema di flessibilità in uscita che permette il prepensionamento entro il 31 dicembre 2024 a chi ha compiuto 62 anni di età e ha 41 anni di contributi. Così come utilizzato quest’anno permetto un aumento di stipendio netto del 9,19% attraverso un esonero contributivo.
Niente Quota 41 quindi. Quest’ultima soluzione, tornata a circolare durante l’estate, anche nella sua versione light, ossia mitigata dal ricalcolo contributivo degli assegni, costerebbe infatti un miliardo. Cifra incompatibile con una legge di Bilancio che dovrà fare attenzione alle risorse per restare dentro i paletti alla spesa fissati dalle nuove regole del Patto di Stabilità e Crescita.
E a proposito di di permanenza nel mondo del lavoro. In Istat l’ex presidente Gian Carlo Blangiardo (76 anni) entra a far parte del Consiglio dell’istituto. La nomina risale allo scorso luglio. Il testo del Dpcm è stato pubblicato soltanto giovedì 5 settembre sul sito dell’ente di statistica.
“Auspichiamo che il Parlamento e gli organi predisposti al controllo degli atti di governo censurino questa forzatura, che si aggiunge a quella legislativa, che portò (inutilmente, all’epoca) ad approvare una norma ad hoc per retribuire in caso di nomina come presidente dell’Istat, anche chi si trova in pensione da anni”, tuona Gianna Fracassi, segretaria generale della Flc Cgil: Fino allo scorso febbraio il professore, esperto di demografia e di orientamento conservatore che ha guidato l’Istituto dal 2019 al 2023 e all’inizio dello scorso anno era stato indicato dal governo per un nuovo mandato. Nel frattempo il governo aveva cambiato le norme per permettere a lui, pensionato, di poter ricoprire l’incarico ricevendo anche un emolumento. Per la conferma dell’indicazione governativa sarebbe servita però la maggioranza dei due terzi delle commissioni parlamentari competenti. Il centro-destra non è mai riuscito a trovare i numeri necessari a far passare Blangiardo, la cui nomina stata revocata una volta per tutte a marzo. La nuova procedura ha portato alla nomina a presidente di Francesco Maria Chelli, che durante lo stallo ha fatto da reggente.
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