In piemontese si chiamavano boite. Erano locali anche piccoli, magari in fondo ai cortili, qualcuno affacciato con una vetrina spesso polverosa in una strada secondaria o una traversa di qualche via trafficata. Erano il regno degli artigiani, che spesso tramandavano il loro sapere ai figli e ai nipoti. Falegnami, fabbri, idraulici (li chiamavano tolè, per l’abitudine a lavorare con la lamiera), decoratori, elettricisti. Un mondo in estinzione, come i provetti carpentieri in edilizia, i piastrellisti e quei precisini che sapevano montare il parameno delle case, senza sbagliare un centimetro nelle “fughe”. Erano i padroni di professioni che neppure l’intelligenza artificiale saprà sostituire. Gente che lavorava con le mani e il cervello, misurava con gli occhi e soprattutto sapeva il fatto suo. In bottega e nelle piccole imprese, dove il patrimonio sono i tornitori e i fresatori, capaci di non sbagliare un pezzo neppure di un millimetro grazie a quella cultura del lavoro che si imparava solo “ruscando”. Ora che li abbiamo quasi decimati grazie alle crisi, alle tasse e alla mancanze di credito (“lei è troppo piccolo per ottenere un finanziamento”) lanciamo l’S.o.s artigiani.
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Ne abbiamo persi in poco più di dieci anni, quasi 500 mila e abbiamo disperso un patrimonio che solo le scuole professionali e una nuova politica di avviamento al lavoro potrebbero in parte recuperare. Mestiere antichi di cui i superstiti sono pochi, e rari. Come l’impagliatore di sedie, lo stuccatore capace di rifare i decori nel soffitto di un palazzo in ristrutturazione, il verniciatore, solo per citarne alcuni. I vecchi, i maestri, hanno chiuso bottega e allora trovarlo, un artigiano, è diventato un terno al lotto. Lo dicono gli analisti, le associazioni e persino chi si occupa di finanza. Come dire che “la svalutazione culturale sul mondo artigiano” ci sta impoverendo. Con un rischio ancora peggiore: quello che quando il lavoro c’è, non si trova il personale qualificato. Quasi a certificare una sconfitta a cui sarà assai difficile rimediare.
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