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Una città colpita oltre le attese da una stringente crisi economica delle PMI e da un profondo mutamento anche del tessuto sociale.

Oltre 3.000 imprese in meno in soli 15 anni con un calo superiore al 16%. Questo il dato che fa riferimento alle attività commerciali di Catania con particolare focus sui dati diffusi negli ultimi tre lustri. Da 19.645 a 16.442 imprese locali, per una città colpita oltre le attese da una stringente crisi economica delle PMI e da un profondo mutamento anche del tessuto sociale.

Nonostante i numerosi sforzi per rilanciare l’economia messi in atto a livello locale e a livello centrale, molte aziende hanno dovuto chiudere o ridimensionare la propria attività, lasciando un vuoto significativo nel panorama imprenditoriale etneo. Un quadro allarmante quello diffuso dell’Osservatorio sulle imprese di Cna Catania, che elabora dati del portale Movimprese.

Un tempo considerato uno dei motori produttivi della Sicilia orientale, Catania sta oggi affrontando una serie di sfide strutturali che hanno compromesso la sua capacità di crescita e innovazione. Diversi fattori hanno contribuito alla crisi delle PMI, tra cui una pressione fiscale elevata, la difficoltà di accesso al credito, e una burocrazia che rallenta i processi di sviluppo. A tutto ciò si aggiunge un quadro normativo incerto e spesso mutevole, che crea ulteriore instabilità per chi vuole investire o espandere la propria attività.

Su e giù: i settori investiti dal cambiamento

Numeri che mutano anche rispetto a quanto verificatosi nel mondo nel corso degli ultimi anni, con i cittadini che hanno cambiato le loro abitudini di acquisto – sempre più online – e ristabilito esigenze e priorità – con un benessere che deve essere presente anche negli spazi chiusi. Anche in questo modo si spiega il boom delle attività di servizi per edifici e paesaggio, cresciute di quasi 200 unità 451; +78,25%) in quindi anni.

Stesso percorso delle attività di servizi per la persona (2.511; +17,34%). Male invece il segmento del legno, le cui imprese in città sono crollate del 41% anche per via degli elevati costi produttivi che hanno colpito il settore negli ultimi anni.

In calo anche settori tradizionali come la produzione di metalli, il trasporto, la riparazione di veicoli e l’edilizia. Nel settore metallurgico, le aziende attive sono scese da 959 a 757, con una perdita di 202 unità, pari a una riduzione del 21%. Questo calo riflette una più ampia tendenza nel settore manifatturiero italiano, che si confronta con sfide globali quali la concorrenza dei mercati emergenti, l’aumento dei costi delle materie prime e la transizione verso tecnologie più sostenibili.

Il settore dei trasporti ha registrato una delle perdite più significative. Le piccole imprese di trasporto, che erano 1.412 nel 2009, sono ora scese a 984, evidenziando una diminuzione di 428 unità (-30,3%). Questo dato sottolinea le difficoltà affrontate dai piccoli trasportatori, tra cui l’aumento dei costi del carburante, le tasse e la competizione con grandi operatori logistici.       

Anche il comparto degli autoriparatori ha subito un ridimensionamento, passando da 1.725 a 1.524 imprese, con una riduzione del 11,65% (201 unità). La diminuzione di questi due settori evidenzia il forte impatto della crisi economica e dei cambiamenti tecnologici che stanno ridisegnando il panorama dei servizi di mobilità e manutenzione.

In calo anche il numero di imprese attive nell’edilizia: da 5.525 a 5.017, con una perdita di 508 unità (-9,2%) in quindici anni. Un settore tenuto in vita soprattutto dagli incentivi fiscali, come i bonus per ristrutturazioni, il Superbonus 110% e l’efficientamento energetico. Misure che il governo Meloni ha però provveduto a ridurre o eliminare del tutto per rimettere in sesto le casse dello Stato.

Le cause del declino delle imprese locali a Catania

Le aziende di Catania stanno chiudendo per una combinazione di fattori interni ed esterni. Uno degli aspetti principali è la mancanza di liquidità. Molte imprese locali, infatti, si trovano a dover fronteggiare una scarsa disponibilità di fondi e un accesso al credito sempre più complesso, aggravato da condizioni bancarie stringenti e da una cronica mancanza di fiducia da parte degli istituti di credito. A questo si somma una burocrazia elefantiaca che spesso scoraggia gli investitori, sia locali che esteri, a impegnarsi in progetti sul territorio.

L’aumento dei costi fissi a causa del Covid e delle guerre in atto nel mondo – tra questi l’aumento del costo dell’energia e delle materie prime – rappresenta un ulteriore peso per le piccole e medie imprese, già fortemente provate dall’inflazione che, ripercuotendosi sui consumatori, ha portato a una diminuzione delle vendite e, quindi, della produzione. Le difficoltà nell’attrarre investimenti si riflettono anche sulla capacità di innovare e di restare competitivi in un mercato sempre più globalizzato nel quale gli e-commerce sono divenuti esigenza imprescindibile anche per le piccole attività.

Progetti di rilancio e strategie future

Per contrastare questa situazione, vari attori locali hanno cercato di promuovere iniziative volte a sostenere le PMI del territorio. Questi progetti includono il rafforzamento delle reti tra imprese locali, l’incentivazione di partenariati pubblico-privati e il supporto nella digitalizzazione e internazionalizzazione delle attività. Uno dei progetti più interessanti per le prospettive future della città, fa riferimento alla creazione di poli tecnologici che possano fungere da incubatori di innovazione e da punto di riferimento per le start-up e le imprese innovative.

Una visione per il futuro

Perché il rilancio economico di Catania possa concretizzarsi, è necessario un approccio coordinato che coinvolga non solo le istituzioni locali e regionali, ma anche il settore privato e la società civile. La sfida principale consiste nel creare un ambiente economico favorevole all’imprenditorialità, che sappia valorizzare le risorse locali e attrarre investimenti da fuori.     

Ciò implica riforme strutturali che migliorino l’efficienza burocratica, riducano il peso fiscale e garantiscano maggiore stabilità normativa. La crisi delle imprese etnee non è infatti solo il riflesso di problemi locali, ma anche il sintomo di un malessere più ampio che coinvolge l’intera regione e, in parte, il contesto economico nazionale.



 

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