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Per le pensioni la strada si complica. La riforma del sistema pensionistico non è stata citata tra le priorità del governo per la manovra. Le coperture potrebbero non bastare. Per Meloni e Giorgetti, alle prese con le nuove regole previste dal Patto di stabilità, i margini sono molto stretti.

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Per le pensioni la questione si complica. Ieri durante il vertice di maggioranza tra Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani, sono state ribadite le priorità per la prossima legge di Bilancio.

Riduzione delle tasse, sostegno a giovani, famiglie e natalità, e interventi per le imprese che assumono. Sono questi gli aspetti su cui lavorerà l’esecutivo, intenzionato a riconfermare alcune misure introdotte lo scorso anno.

Per il momento però, resta fuori il nodo pensioni. La riforma del sistema di uscita anticipata, infatti, non è stata menzionata tra gli interventi prioritari su cui si concentrerà la manovra per il 2025. I tre canali per la pensione anticipata (Quota 103, Ape sociale e Opzione donna), sono tutti in scadenza e il governo dovrà decidere se rinnovarli o meno.

Nelle ultime settimane la Lega è tornata a premere su Quota 41, ovvero la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi a prescindere dall’età. Per renderla sostenibile, il Carroccio è disposto ad accogliere una versione ‘light’, basata sul ricalcolo dell’assegno interamente col metodo contributivo. Anche così però, le coperture potrebbero non bastare.

L’attenzione sarà rivolta soprattutto al taglio del cuneo fiscale e al possibile ritocco dell’Irpef, misure parecchio dispendiose che da sole porteranno via una grossa fetta delle risorse disponibili per la manovra. Per questo motivo, i tecnici del Ministero dell’Economia e delle Finanze stanno sondando tutte le possibili strade per fare cassa e recuperare qualche miliardo.

Per la legge di Bilancio, che come ribadito dalla premier sarà ispirata alla “prudenza e al buon senso”, potrebbero volerci tra i 20 e i 25 miliardi di euro. Questi fondi verranno destinati agli interventi ritenuti ‘essenziali’. Per Meloni e Giorgetti, alle prese con le nuove regole previste dal Patto di stabilità, i margini sono molto stretti.

Il titolare del Mef ieri ha illustrato il Piano strutturale di bilancio da inviare alla Commissione europea entro il 20 settembre e in cui è contenuto il percorso di spesa, riforme e investimenti che l’Italia intende mettere in atto per i prossimi anni.

Giorgetti ha avvertito gli alleati che i nuovi paletti fissati a Bruxelles richiederanno “grande attenzione nel programmare l’utilizzo delle risorse pubbliche“.

Sul lavoro di Via XX Settembre peseranno anche i giudizi dei mercati. Il 18 ottobre è atteso il rating di Standard and Poor’s e di Fitch, seguito il 25 ottobre da quello di Dbrs, mentre per Moody’s bisognerà attendere il 22 novembre.

Per riuscire a includere altre misure, dal Mef stanno valutando di cancellare qualche bonus fiscale, ma ancora resta da chiarire di quali si tratterà e soprattutto quanto si riuscirà effettivamente a raccogliere da questi tagli. “La stagione dei soldi gettati dalla finestra e dei bonus è finita e non tornerà fin quando ci saremo noi al governo”, ci ha tenuto a sottolineare la premier nel corso del Consiglio dei ministri di ieri pomeriggio.



 

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