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Il governo sta valutando di dare una spuntata agli sgravi fiscali più importanti, con l’obiettivo di risparmiare un paio di miliardi di euro. Nel mirino i redditi alti per fare cassa. Ecco come

La tentazione è forte. Dalla sfrondatura delle piccole spese fiscali, quelle che costano al massimo 10 milioni di euro, a conti fatti, si ricaverebbe molto poco, 400 milioni togliendole tutte. A caccia di risorse per far quadrare la manovra di bilancio, il governo sta così valutando di dare una spuntata anche agli sgravi fiscali più importanti per i redditi più elevati. Qualcosa del genere era già stata tentata nel 2020, quando si stabilì la progressiva riduzione di una parte delle detrazioni fiscali a partire da 120 mila euro di reddito, per esaurirsi a quota 240 mila euro, e nel 2023 con la franchigia di 260 euro sulle detrazioni per i redditi oltre 50 mila euro, che annullava l’effetto della riduzione delle aliquote. Solo che dalle due operazioni, anche per via dei molti paletti imposti, è uscito fuori ben poco: appena 31 milioni di euro con la manovra del 2020 e 220 milioni con quella del 2023 (che poi non sono serviti a fare cassa), su un ammontare complessivo delle detrazioni che sfiora gli 80 miliardi di euro.

Tagli ai più ricchi

Tra le ipotesi che si stanno valutando al Ministero dell’Economia, assolutamente abbottonato sui lavori in corso, c’è quella di un intervento un po’ più incisivo, per un paio di miliardi di euro. Che servirebbe per fare cassa, certamente, in vista della manovra. Ma anche per accentuare un po’ di più il principio costituzionale della progressività dell’imposizione fiscale, che con la riduzione del numero delle aliquote tende, invece, ad appiattirsi sempre di più.




















































Spazio sulle detrazioni

In questo senso funzionano già oggi le detrazioni, somme che si sottraggono dall’imposta da pagare, che incidono sui redditi bassi molto più che su quelli alti, passando dal 33% per chi dichiara fino a 7.500 euro a poco più dell’1% per i redditi oltre 120 mila euro. Che comunque godono ancora, nonostante la decurtazione del 2020, di detrazioni importanti: più di un miliardo e 600 milioni di euro. Gran parte di queste detrazioni ancora disponibili per i super ricchi riguardano i lavori edilizi. Bonus e Superbonus vari sui quali il governo ha ormai poco margine per tagliare. Per chi guadagna oltre 120 mila euro le detrazioni relative alle ristrutturazioni edilizie ammontano a 923 milioni di euro poi ci sono 348 milioni di detrazioni per l’efficienza energetica. 

Poi ci sono le detrazioni per spese sanitarie, 205 milioni di euro quelle sugli interessi dei mutui per la prima casa, 102 milioni di euro, quelle sui premi per le assicurazioni sulla vita e la previdenza integrativa, che valgono in tutto 70 milioni di euro, mentre altri 60 milioni vengono riconosciuti per le spese di istruzione. Più difficile, o meglio, meno efficace in termini di risparmi per la finanza pubblica sarebbe lavorare sulle deduzioni, che riducono l’imponibile. Le deduzioni d’imposta, in tutto, valgono 36 miliardi di euro e riducono il reddito imponibile complessivo da 950 a 914 miliardi di euro. Il problema è che un taglio delle deduzioni può avere un effetto redistributivo importante, ma un impatto di cassa, in termini di imposta netta, decisamente minore.

Le deduzioni

Ad ogni buon conto le deduzioni fiscali non lavorano per rafforzare la progressività dell’imposta. La loro incidenza sul reddito lordo è del 9,3% per chi guadagna fino a 7.500 euro, scende progressivamente fino a pesare il 2,79% sui redditi tra 15 e 26 mila euro, poi torna a pesare di più con la crescita del reddito. Si sale fino al 6,17% su quanto dichiarato per la fascia di reddito tra 80 e 120 mila euro, per la quale le deduzioni pesano in media 5.900 euro, che salgono a 10.600 euro per chi dichiara più di 120 mila euro.


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28 agosto 2024

 

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