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Ultim’ora news 26 agosto ore 7


Borse asiatiche contrastate. Alcune hanno trovato supporto nelle aspettative di tassi d’interesse più bassi negli Stati Uniti, altre come Tokyo sono arretrate a causa della pressione dello yen e delle scommesse su un aumento dei tassi da parte della Banca del Giappone. A Wall Street venerdì scorso l’S&P 500 e il Dow Jones si sono avvicinati ai massimi storici in seguito ai commenti del presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, che hanno consolidato le aspettative per un taglio dei tassi a settembre (il CME Fedwatch ha mostrato che i trader sono divisi tra una riduzione di 25 e 50 punti base) e fatto scivolare il dollaro sui minimi degli ultimi 13 mesi. I future sugli indici azionari statunitensi si sono stabilizzati (-0,08% quello sul Dow Jones e -0,11% quello sull’S&P500) in attesa dati chiave sull’inflazione attesi questa settimana, oltre ai risultati del colosso dei chip  Nvidia Corporation, vera cartina di tornasole per avere ulteriori indicazioni sul boom dell’intelligenza artificiale.

Il Nikkei arretra con lo yen forte

Il listino giapponese è stato penalizzato dall’impennata dello yen, con il Nikkei in calo dello 0,87%. La coppia dollaro/yen è scesa dell’1,55% a 143,96 in scia alla convinzione crescente che la Banca del Giappone aumenterà ulteriormente i tassi d’interesse quest’anno. I commenti da falco del governatore della BoJ, Kauzo Ueda, hanno rafforzato quest’idea. La forza dello yen ha messo sotto pressione le azioni giapponesi orientate all’export, mentre la prospettiva di tassi più alti presenta ulteriori ostacoli per i settori tecnologico e dell’export, che avevano alimentato il rally delle azioni giapponesi all’inizio di quest’anno. Uno yen in aumento indebolisce anche il carry trade sulla valuta, che era servito a veicolare flussi di capitali nei mercati asiatici ad alto rendimento. I dati sull’inflazione di Tokyo, attesi più tardi questa settimana, dovrebbero fornire ulteriori indicazioni sul percorso dei tassi d’interesse giapponesi. 

Yamaha vende l’1,7% di Yamaha Motor

Novità, invece, sul fronte societario arrivano dal produttore giapponese di strumenti musicali e motociclette, Yamaha, che ha previsto di vendere 18 milioni di azioni di Yamaha Motor, che rappresentano l’1,7% di quelle in circolazione, secondo un documento depositato venerdì scorso alla Borsa di Tokyo. Dopo la vendita, Yamaha deterrà 28,9 milioni di azioni, ovvero il 2,8% di Yamaha Motor. Il prezzo di vendita sarà determinato tra il 2 e il 5 settembre. Nonostante la vendita, Yamaha continuerà il suo rapporto di collaborazione con Yamaha Motor e monitorerà le iniziative relative al marchio. Si prevede che la vendita avrà un impatto minimo sui conti finanziari di Yamaha. I guadagni derivanti dalla vendita saranno registrati come voce straordinaria nei conti.

La Banca Popolare Cinese rinnova i prestiti in scadenza e inietta liquidità

Escludendo quello giapponese, la maggior parte degli altri listini asiatici è salita, seguendo i guadagni di Wall Street sulle aspettative di tassi d’interesse più bassi negli Stati Uniti. L’Asx 200 australiano ha guadagnato lo 0,6% ed è tornato vicino ai massimi storici. Il Kospi della Corea del Sud è rimasto stabile, frenato dalle perdite di alcuni produttori di chip in vista dei risultati di Nvidia. L’indice Hang Seng di Hong Kong è cresciuto dello 0,72%, recuperando parte delle forti perdite della sessione precedente. Viceversa gli indici Shanghai Shenzhen CSI 300 e Shanghai Composite della Cina sono scesi, rispettivamente, dello 0,4% e dello 0,3%, appesantiti dalle preoccupazioni persistenti su un rallentamento della ripresa economica, ma anche spaventati per la mossa della Banca Popolare Cinese che ha rinnovato i prestiti a medio termine in scadenza e ha iniettato liquidità con l’economia che fatica a prendere slancio. La PBoC ha mantenuto invariato al 2,30% il tasso sui prestiti a medio termine a un anno per un valore di 300 miliardi di yuan (42,11 miliardi di dollari) per alcune istituzioni finanziarie. Inoltre, ha iniettato altri 471 miliardi di yuan attraverso operazioni di reverse repo a sette giorni, mantenendo invariati i costi di finanziamento all’1,70%. «Il risultato odierno rafforza le aspettative di un taglio a breve termine del coefficiente di riserva obbligatoria», ha commentato Frances Cheung, strategist presso Ocbc Bank. «Nel frattempo, dato che i tassi statunitensi sono scesi ulteriormente, potrebbero anche esserci nuove aspettative per un taglio dei tassi di interesse in Cina» che è alle prese con una crisi immobiliare prolungata che ha frenato gli investimenti e ridotto la domanda dei consumatori.

La mossa dell PBoC ha lo scopo di «mantenere le condizioni di liquidità del sistema bancario a fine mese ragionevolmente ampie», ha spiegato la stessa banca centrale cinese. All’inizio del mese era in scadenza un lotto di 401 miliardi di yuan di prestiti a medio termine, quando la PBoC ha dichiarato che avrebbe posticipato il rimborso dei prestiti. Il rinvio e la sequenza di tagli ai tassi di riferimento del mese scorso hanno suggerito che la banca centrale ha cambiato il suo quadro di politica monetaria, secondo gli esperti: ora è il tasso a breve termine a essere il principale segnale guida per i mercati.

Il prezzo del petrolio sale senza un cessate il fuoco a Gaza e con gli attacchi tra Hezbollah e Israele

Tra le materie prime, i prezzi del petrolio salgono perché non c’è stato alcun progresso verso il cessate il fuoco tra Israele e Hamas e le ostilità in Medio Oriente sono continuate. I futures sul petrolio Brent crescono dello 0,54% a 78,57 dollari al barile, mentre quelli sul greggio West Texas Intermediate dello 0,64% a 75,31 dollari al barile. I colloqui tra Hamas e Israele al Cairo, che dovrebbero proseguire nei prossimi giorni, non hanno prodotto alcun accordo per un cessate il fuoco durante il fine settimana, riducendo le possibilità di una de-escalation nella guerra che dura da 10 mesi, anche se alcuni funzionari statunitensi hanno dichiarato che sono stati costruttivi. Inoltre, gli attacchi tra Hezbollah e Israele nel fine settimana hanno complicato ulteriormente la prospettiva di un cessate il fuoco. L’instabilità persistente in Medio Oriente ha fatto sì che gli operatori attribuissero un premio di rischio al petrolio, tra le scommesse che una ricaduta del conflitto possa destabilizzare la produzione di petrolio nella regione ricca di greggio. Invece, l’oro, dopo il nuovo massimo storico registrato la scorsa settimana, è stabile a quota 2.545 dollari l’oncia. (riproduzione riservata)

 

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