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“Il sole brucia. Facciamo tanti straordinari. Andiamo a casa quando abbiamo finito. Va bene così. Basta”. Il tempo è denaro, soprattutto quando i soldi sono sudati. Stanno chini dalla mattina alla sera, sotto il sole, a raccogliere ortaggi e a lavorare la terra sui mezzi agricoli. Sono i braccianti e i contadini che, anche nella provincia di Lodi, danno un contributo fondamentale all’economia e alle attività imprenditoriali nelle campagne. Tutti o quasi stranieri ed è difficile, quasi impossibile, avvicinarli e chiedere loro com’è la vita. Testa bassa, mani nella terra. Chi lavora in agricoltura, soprattutto se impegnato nella raccolta, ad agosto ha poco tempo per parlare. Ma, avvicinati da Il Giorno, mentre sorseggiano acqua fresca dalla borraccia, cercando di allontanare un po’ la calura e resistere alla fatica, alcuni rispondono. “È una fatica, sì”. “Ma io sono solo grato per l’opportunità”. “I turni extra sono all’ordine del giorno”. “Si va a casa quando si finisce”. “Ma si può fare”.

Anche il Lodigiano è terra di caporali e braccianti sfruttati? Un’inchiesta della Finanza ha colpito un imprenditore che faceva lavorare i suoi uomini anche 15 ore al giorno, con picchi di 512 ore mensili contro le 169 previste dal contratto nazionale: l’azienda è stata bloccata per un anno dal Tribunale di Lodi. Alessandro Cerioli è un sindacalista della Cisl: “Sono casi isolati. Quest’impresa assumevano direttamente. Nel campo vige un contratto che conta 39 ore settimanali di lavoro, cioé 6 ore e trenta giornaliere. Però, in alcune attività estive si arriva fino a 44 ore settimanali, perché in inverno se ne fanno 34 e si compensano. Con un massimo di 300 ore di straordinario annue consentite”.

Nel Lodigiano si contano 1.500 lavoratori agricoli e la maggior parte è impegnata nella zootecnia o per i suini. “La produzione di ortaggi è residuale – continua Cerioli – In Lombardia, su questo fronte, si lavora molto nella zona di Bergamo, perché l’area montana ha agevolazioni fiscali. Nel Lodigiano non abbiamo grandi problemi col caporalato. Questi ormai sono lavoratori specializzati, molto richiesti, e si fa persino fatica a trovarli. Le prime generazioni di immigrati, che per la maggior parte erano indiani e arabi, lavorano. Le seconde generazioni non fanno più questo lavoro. Nell’azienda sotto inchiesta c’erano migranti arrivati negli ultimi anni per asilo politico, quelli più fragili – continua – I controlli comunque funzionano, sono utili per debellare il fenomeno e per garantire la sicurezza. Quest’anno nel settore abbiamo avuto due incidenti mortali: un ragazzo di Brembio schiacciato da una seminatrice e un florovivaista di Tavazzano cui è caduto addosso il trattorino mentre veniva caricato su un camion”.

In conclusione: “In merito all’affitto, decurtato dallo stipendio, chiesto dalla ditta poi chiusa, per gli alloggi di fortuna assegnati a queste persone, a noi non sono mai arrivate altre segnalazioni. Perché nel Lodigiano, per il contratto agricolo, se il datore di lavoro ne dispone, è prevista l’abitazione in comodato gratuito. Non abbiamo segnalazioni di abusi”.

 

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