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La Puglia lo ha ribattezzato “Reddito di dignità”. La Sardegna invece “Reddito di inclusione sociale”. In altre due regioni del Sud, Sicilia e Campania, altrettante proposte per l’introduzione di sussidi attendono di essere discusse.

Siamo di fronte ad un vero e proprio ritorno del Reddito di Cittadinanza. Cancellato a livello centrale del governo Meloni, quello che fu il cavallo di battaglia dei Cinquestelle sta rientrando dalla finestra.

Per diversi motivi: innanzitutto perché i nuovi strumenti immaginati dal governo – l’assegno di inclusione (ADI) e il supporto per la formazione e il lavoro (SFL) – non hanno dato ad oggi i risultati sperati. Se i beneficiari del reddito erano stati circa 3 milioni, i cittadini raggiunti dalle nuove misure sono 1,8 milioni. Ciò a causa dei criteri stringenti introdotti dall’esecutivo Meloni. L’obiettivo delle Regioni è proprio quello di coinvolgere nella rete dell’assistenza chi ne è rimasto escluso.

A differenza di quanto stabilito dal governo, alle misure regionali – scrive il Post – «potrebbero fare domanda anche coloro che l’esecutivo considera “occupabili”: quindi le persone tra i 18 e i 59 anni che non hanno a carico minori, disabili o anziani, e che per questo sono considerati nelle condizioni di poter trovarsi un lavoro e quindi esclusi dall’attuale sussidio più consistente, cioè l’ADI». Attualmente gli “occupabili” possono accedere solo a uno dei due strumenti nazionali in vigore: o l’SFL, un sussidio di 350 euro al mese per un anno durante il quale si devono seguire corsi di formazione orientati all’inserimento lavorativo (ma al quale hanno aderito solo 97 mila su una platea di 377 mila); oppure, per chi non è “occupabile”, l’ADI, più generoso e sostanzialmente identico al vecchio reddito di cittadinanza.

In Campania la proposta per introdurre un Reddito di Cittadinanza regionale è stata avanzata dai consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle Gennaro Saiello, Michele Cammarano e Vincenzo Ciampi, per una platea potenziale di 250mila persone escluse dall’attuale assegno di inclusione.

In Sicilia è stata invece Forza Italia, segnatamente la deputata Luisa Lantieri, a redigere un disegno di legge da sottoporre all’Assemblea Regionale: «Lungi dal configurarsi come misura di carattere meramente assistenzialistico – ha spiegato la consigliera regionale – il reddito di cittadinanza ha dato sostegno ai nuclei familiari in difficoltà. Attraverso l’Rdc, il nostro Paese si è allineato alla maggioranza dei Paesi europei, nei quali sono previsti da molti anni strumenti universalistici di contrasto della povertà. Nel valutare l’efficacia dimostrata finora dal RdC, occorre considerare che l’attuazione della misura ha inevitabilmente risentito della crisi pandemica»

Mentre Campania e Sicilia discutono, altre regioni hanno già provveduto. In Puglia la giunta di Michele Emiliano, di centrosinistra, ha rifinanziato con i fondi europei fino al 2027 il cosiddetto reddito di dignità (un contributo mensile di 500 euro per chi ha un reddito annuo sotto i 9.360 euro). Sulla stessa linea la Sardegna, centrosinistra, che ha rifinanziato il reddito di inclusione sociale della regione, con 30 milioni di fondi europei (il rifinanziamento era già stato disposto dalla giunta di centrodestra di Christian Solinas prima delle elezioni regionali di febbraio).

Insomma, il Reddito di Cittadinanza non è più solo un cavallo di battaglia dei Cinquestelle. Dopo aver fatto breccia a sinistra, ora la misura trova sponda anche nel centrodestra, che si trova a dove fare i conti con le critiche dell’Ue agli strumenti sostitutivi adottati dal governo. La Commissione ha infatti bocciato l’assegno di inclusione, perché non copre tutti coloro che ne hanno bisogno e potrebbe persino contribuire ad aumentare il numero di poveri.

E’ chiaro che da parte dei partiti c’è anche un interesse politico ed elettorale. Nel Mezzogiorno d’Italia il reddito ha fatto per lungo la tempo la fortuna dei Cinquestelle, oggi c’è quindi la corsa a reintrodurre uno strumento capace di incontrare il consenso di molti cittadini, non solo tra coloro che ne beneficiano.

Come sussidio, infatti, il reddito si è dimostrato molto utile per chi è in condizioni economiche precarie, meno invece nella creazione di opportunità di lavoro. Ma se ci fosse il lavoro… non ci sarebbe bisogno di un sussidio.



 

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