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Riceviamo e volentieri pubblichiamo la lettera giuntaci dal Partito Democratico (a firma di Davide Natale, Simone D’Angelo e Vittoria Canessa Cerchi) dopo l’editoriale del numero scorso intitolato “Ma il modello Genova è cultura del malaffare?” (leggi qui). A seguire, riportiamo anche le considerazioni in merito da parte del nostro editore Antonio Gozzi. 

Le parole di Tonino Gozzi sulle colonne di ‘Piazza Levante’ rappresentano la possibilità di aprire un dibattito sulla situazione infrastrutturale della nostra regione al quale sentiamo l’esigenza di prendere parte.

Il Partito Democratico – in questi nove anni di governi regionali di centrodestra – non ha smesso di rimarcare come la grave carenza di connessioni rappresentasse per la Liguria da una parte un elemento di forte limitazione allo sviluppo e all’attrazione di nuovi investimenti, e dall’altra la spinta a un processo di periferizzazione e impoverimento per intere aree della nostra regione.

Ogni sollecitazione in tal senso, però, ha portato a vedersi incredibilmente iscrivere a un presunto “fronte del no”. Collocazione abbastanza inusuale per chi – nel precedente decennio di governi regionali di centrosinistra – era stato protagonista della programmazione e dell’avvio dei cantieri di opere fondamentali per togliere Genova e la Liguria dall’isolamento. Su tutte, il Nodo Ferroviario di Genova, il Terzo Valico, l’Aurelia bis di Savona, l’Aurelia bis della Spezia e, infine, la strada a mare di Cornigliano. Quest’ultima – completata nei primi mesi del 2015 – ha rappresentato per Genova un’arteria determinante per salvare la città nei due anni in cui la città ha dovuto affrontare le conseguenze della tragedia del crollo del Ponte Morandi sei anni fa.

Eppure nessuna delle opere avviate allora, è stata portata a termine in questi nove anni di governi regionali di centrodestra guidati da Giovanni Toti.

La fotografia del fallimento, è rappresentata senza ombra di dubbio dalla Gronda di Genova. Approvata in conferenza dei servizi dai governi di centrosinistra, e mai avviata con una reale cantierizzazione, benché secondo il Ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini fosse solo una firma a mancare. A spiegare le motivazioni del blocco dell’opera è stato solo nell’ultimo mese il Viceministro di Matteo Salvini, Edoardo Rixi, che ha descritto l’opera come oggi finanziariamente insostenibile, perché anche nuovi aumenti tariffari, negli anni residui della concessione, non consentirebbero di coprire i costi.

Noi restiamo sostenitori di un intervento che liberi Genova da un traffico insostenibile, superando concretamente quello che ai nostri occhi appare come un immobilismo irragionevole. Ma serve fare chiarezza. Quella che abbiamo preteso a gran voce affinché venisse chiarito l’orizzonte del progetto Gronda. E quella che abbiamo dato mettendo sul tavolo anche l’idea di perseguire un diverso progetto, che con eguale efficacia, potesse inserirsi anche nel nuovo contesto infrastrutturale, con il nuovo Ponte San Giorgio e la nuova viabilità a mare.

Constatiamo oggi il grave fallimento da parte dei governi del centrodestra. Ne contestiamo le conseguenze sull’intera regione e sui cittadini e dalle cittadine che in questi anni hanno vissuto i disagi, a partire dagli espropri e da strade costruite per cantieri, mai avviati. E proponiamo di verificare nuove soluzioni compatibili con l’obiettivo che ci si è dati.

Ma è quindi questa la cultura della “decrescita infelice” in cui rischia di immergersi il centrosinistra di cui ha scritto Tonino Gozzi nel suo editoriale, distante da una postura di governo, tipica del riformismo? 

Oggi nessuna delle opere strategiche pensate e avviate nelle stagioni dei governi regionali di centrosinistra è stata conclusa. Opere di cui Genova, la Liguria e il suo sistema economico avrebbero grande bisogno. A riprova che il Modello Genova – o nella sua dizione estesa Modello Liguria – in contesti di ordinarietà semplicemente non esiste.

Il Modello Genova è stata una procedura straordinaria, nata sull’onda di una tragedia immane che ha tolto la vita a 43 persone, e compromesso il tessuto sociale ed economico di una significativa parte di città. Una procedura gestita fuori dalla finanza pubblica, con risorse di Autostrade per l’Italia che ha doverosamente pagato la ricostruzione del Viadotto Polcevera, ora Ponte San Giorgio.

Ma è evidente che senza l’eccezionalità della situazione, rappresentata da una tragedia irripetibile, in appalti pubblici finanziati con risorse pubbliche, non sarebbe possibile fare affidamenti per lavori milionari senza una gara di evidenza pubblica. 

Le condizioni in cui è nato il Modello Genova, lo hanno reso un fatto unico. Non replicabile. E lo Skymetro della Val Bisagno, citato da Tonino Gozzi nel suo editoriale, e fortemente voluto dal Sindaco Marco Bucci, ne è l’esempio.

Un progetto pasticciato, più volte rivisto, bocciato dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici che dipende da quel Ministero dei Trasporti, di cui Edoardo Rixi è Viceministro. Un’altra opera al palo non per l’opposizione del centrosinistra, che da subito aveva manifestato forti critiche sulla sostenibilità progettuale dell’opera, ma per la confusione grave tra programmazione e propaganda.

È innegabile che esista un problema di rapidità per la realizzazione delle infrastrutture, in un Paese che avrebbe l’esigenza sull’intero territorio nazionale di adeguare una rete infrastrutturale spesso superata. A maggior ragione in una fase storica caratterizzata anche dal forte ritorno dell’investimento pubblico.

Il Partito Democratico lo ripete da tempo e continuerà a farlo. Serve che la rapidità si sappia coniugare con la trasparenza e con la sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori. Nella certezza che di fronte a indicatori economici così penalizzanti per la Liguria, anche chi crede fortemente nella redistribuzione della ricchezza, trovi oggi ben pochi strumenti per perseguirla, senza l’avvio di una nuova stagione di sviluppo nella nostra regione.

Davide Natale, Segretario Regionale, Partito Democratico della Liguria
Simone D’Angelo, Segretario Metropolitano, Partito Democratico di Genova
Vittoria Canessa Cerchi, Resp. Conferenza programmatica, Partito Democratico di Genova

LA RISPOSTA DELL’EDITORE

‘Piazza Levante’ pubblica volentieri la replica dei dirigenti del PD al mio editoriale della settimana scorsa sul “modello Genova”: siamo sempre lieti di ospitare un dibattito di questo rilievo per la nostra Regione, purché le differenti voci, anche discordanti, restino nel merito e siano utili ai cittadini per formarsi un’opinione.

Rimaniamo convinti che aver ricostruito il Ponte San Giorgio in poco tempo e con un forte processo di semplificazione sia stato un grande valore per tutti dopo un’enorme tragedia, e che il merito di questa impresa vada senz’altro attribuito a Marco Bucci e alla sua determinazione.

Rimaniamo inoltre convinti che la fase dell’emergenza in Liguria non sia finita con la ricostruzione del ponte, e che quindi lo snellimento delle procedure resti un imperativo non solo per la nostra Regione, ma anche per l’Italia e l’Europa, che perdono progressivamente e inesorabilmente competitività a confronto con la velocità con cui si muovono le altre parti del mondo. 

In economia come nella vita contano non soltanto i fatti ma anche la percezione dei fatti. Al PD e alla sinistra non piace essere identificati come immobilisti sulle grandi opere? Vediamo alcuni punti.

Parlando proprio di immobilismo, noto nella replica dei dirigenti PD la suggestione di una revisione del tracciato della Gronda, il che sarebbe un errore madornale e farebbe perdere altro tempo prezioso. Questa non è l’opinione di Tonino Gozzi ma, mi sento di dire, di tutto il mondo economico e imprenditoriale genovese e ligure, i cui interessi comprendono anche quelli dei lavoratori delle imprese in questione.

È certamente vero che chi governa oggi ha il dovere di individuare strade davvero percorribili per il finanziamento dell’opera garantendo la partenza dei cantieri il più presto possibile, ma riparlare di un’ennesima revisione del tracciato, e quindi di ulteriori ritardi, è una follia e sembra una manovra fatta solo per compiacere una parte dello schieramento che si vuol presentare unito alle elezioni. 

Così come è opinione unanime del mondo economico e imprenditoriale che la diga debba essere realizzata speditamente. Di questo nella replica dei dirigenti PD non si fa menzione.

Passato e presente: non faccio politica ma impresa, e quindi dico queste cose sommessamente e con cautela, ma parlando di temi che riguardano lo sviluppo economico a me pare di ricordare che solo qualche anno fa la maggioranza del PD ligure fu molto critica sull’operato della Giunta Burlando, che proprio sulla politica delle infrastrutture aveva cercato di caratterizzarsi. Rispetto a quell’esperienza e a quel modello di governo, lo stesso PD che oggi si ripresenta agli elettori chiedeva discontinuità. 

Invece nella replica a ‘Piazza Levante’ leggo che il PD rivendica continuità: ma continuità rispetto a cosa? Rispetto a chi? Sarebbe bene farlo capire agli elettori liguri.

Nel cosiddetto “campo largo”, poi, ci sono anche quelli che invocano discontinuità radicale, che dicono di no a qualunque progetto importante, che declinano la cultura del sospetto e teorizzano la decrescita felice. Forse è per questo che gli uomini delle imprese e dell’economia temono di ritornare all’immobilismo che è l’ultima cosa di cui la Liguria ha bisogno. Capiremo meglio dall’accordo di governo che cosa lo schieramento che si definisce ‘campo largo’ abbia veramente in testa per la nostra regione.

Buon lavoro, e sempre aperti al confronto.

Antonio Gozzi

 

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