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Quando e come si mantengono i benefici pur dando in locazione o in comodato la propria abitazione principale; cosa succede all’Imu e alla detrazione interessi del mutuo.

Hai comprato la tua prima casa usufruendo del bonus e così hai risparmiato parecchio di imposte e tasse. Ora però non stai abitando lì, e per evitare di tenere l’appartamento vuoto e inutilizzato vorresti darlo in locazione a un inquilino. La prospettiva di mettere a reddito l’immobile è allettante, ma ti domandi: se affitto la prima casa perdo le agevolazioni fiscali di cui finora avevo beneficiato?

La risposta è fatta di luci e ombre, ma prevale l’aspetto favorevole: nulla ti vieta di dare in affitto la tua prima casa, così come qualsiasi altro immobile ad uso abitativo di tua proprietà. Il bonus iniziale viene mantenuto, perché tra i requisiti necessari per ottenerlo non c’è quello di fissare e di mantenere la residenza proprio in quella casa, bensì è sufficiente averla nel medesimo Comune in cui essa si trova.

Però senza la residenza nell’appartamento acquistato con il bonus si possono perdere alcune importanti agevolazioni “satelliti”, come l’esenzione dal pagamento dell’Imu e la detrazione degli interessi passivi pagati sul mutuo acceso per finanziare l’acquisto. È bene, quindi sapere come funziona il meccanismo, per fare scelte consapevoli calcolando tutti i pro e i contro della decisione.

Requisiti agevolazioni prima casa: la residenza

Tra i vari requisiti necessari per ottenere le agevolazioni fiscali sull’acquisto della prima casa c’è anche quello di avere la residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile, o di impegnarsi a fissarla entro 18 mesi dalla data di acquisto (tale dichiarazione deve risultare espressamente nel rogito notarile di compravendita).

Con ciò abbiamo subito sciolto il primo equivoco: la legge non richiede di avere o di porre la propria residenza nel medesimo immobile che beneficia delle agevolazioni, ma è sufficiente stabilirla in un qualsiasi altro luogo, purché sia situato nel medesimo Comune.

Posso affittare la casa comprata con le agevolazioni?

Dopo aver sciolto il nodo della residenza, che deve essere nel Comune ma non necessariamente non nello specifico immobile acquistato con le agevolazioni, è chiaro che è possibile affittare senza problemi la prima casa comprata con i benefici fiscali, così come la si può anche concedere in comodato d’uso gratuito, ossia senza un canone come corrispettivo.

In tali casi saranno gli inquilini, o i comodatari, a porre in tale unità abitativa la loro residenza, senza che per questo il proprietario perda le agevolazioni fiscali ottenute sull’acquisto (che consistono nell’imposta di registro al 2% anziché al 9%, o nell’Iva agevolata al 4% se si compra dal costruttore, oltre alle imposte ipotecarie e catastali dovute in misura fissa e minima). Non si incorre in nessuna decadenza dalle agevolazioni e dunque l’Agenzia delle Entrate non potrà recuperare la differenza di imposte risparmiate al momento dell’acquisto.

Quanto detto vale sia quando il proprietario era andato inizialmente a vivere in quella casa – e dal momento in cui la affitta o la dà in comodato deve trasferirsi altrove – sia se la casa viene affittata a terzi senza che il proprietario avesse in precedenza fissato lì la propria residenza e dimora.

In sintesi sul punto: se sei il proprietario, puoi tranquillamente affittare a terzi l’abitazione principale che costituisce la tua prima casa, senza timore di perdere le agevolazioni fiscali o dovervi rinunciare: l’essenziale è che tu abbia fissato la tua residenza nello stesso Comune in cui è situata quell’abitazione entro 18 mesi dalla data di acquisto.

Affitto prima casa: quanto tempo devo aspettare?

Tieni presente che, se vuoi vendere o donare la prima casa comprata con i benefici fiscali, devi aspettare almeno 5 anni per non perdere le agevolazioni (a meno che non riacquisti, entro un anno dalla vendita, un altro immobile da adibire ad abitazione principale) mentre puoi dare in affitto la casa anche prima dei 5 anni dall’acquisto, e potrai mantenere tutte le detrazioni d’imposta senza incorrere in nessuna decadenza.

Neanche il limite di 18 mesi dalla data di acquisto della prima casa pregiudica la possibilità di poterla affittare sin da subito, perché, come abbiamo detto, questo vincolo temporale riguarda soltanto il trasferimento della residenza dell’acquirente nel Comune ove è ubicato l’immobile, quindi il proprietario potrebbe stabilirsi in qualsiasi altra abitazione che si trova nello stesso Comune della casa che intende dare in affitto. Così potresti anche affittare la tua prima casa, comprata con le agevolazioni fiscali, senza mai esserci andato materialmente a vivere.

Chi deve pagare l’Imu?

Siccome dal momento in cui la casa viene affittata il proprietario non può più risiedere in quell’immobile (salvo che nel particolare caso di affitto di stanze singole, di cui fra poco parleremo), l’esenzione Imu viene meno, e il proprietario dovrà pagare ogni anno l’intera imposta municipale.

Il concetto è molto semplice: chi non ha la residenza anagrafica, e la dimora abituale, è tenuto al pagamento dell’Imu anche se quell’immobile costituisce la sua prima, ed unica casa. La legge [1] è chiara sul punto: «Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e i componenti del suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente».

Chi dà in affitto la prima casa deve pagare l’Imu

Tieni presente, quindi, che l’esenzione Imu spetta sulla prima casa intesa come residenza anagrafica e dimora abituale: i due requisiti devono coesistere, e in ciò si nota un’importante differenza con le agevolazioni fiscali per l’acquisto, che, come abbiamo detto, non richiedono la residenza effettiva in quell’immobile, ma soltanto nell’ambito del Comune in cui esso è ubicato

Inoltre, l’Imu rimane totalmente a carico del proprietario, non dell’inquilino o del comodatario, che non sono tenuti a partecipare a tale spesa (solo fino al 2019, prima dell’abolizione della Tasi, una quota di questo tributo, che poi è stato accorpato all’Imu, competeva anche all’inquilino).

Se la casa viene affittata durante l’anno, l’esenzione permane proporzionalmente ai mesi precedenti, e, per quanto riguarda le frazioni, un mese si considera intero se la situazione perdura per almeno 15 giorni [2]: ad esempio, un contratto di locazione decorrente dal 20 maggio, il proprietario – se aveva residenza e dimora in quell’immobile – sarà esente da Imu per i primi 5 mesi di quell’anno, e dovrà pagare l’imposta per i rimanenti 7.

Rimane salva, invece, la riduzione Imu al 50% se la casa viene data in comodato d’uso gratuito a parenti in linea retta di primo grado, cioè tra genitori e figli. È necessario che:

  • il contratto sia regolarmente registrato all’Agenzia delle Entrate;
  • i comodatari risiedano effettivamente nell’immobile;
  • il comodante mantenga la residenza nel medesimo Comune e non possegga altri immobili ad uso abitativo in tutta Italia.

Se la casa viene affittata a canone concordato, spetta una riduzione Imu del 25%

Infine, se la casa viene affittata con un contratto a canone concordato (quello stipulato nei Comuni ad alta tensione abitativa, con l’assistenza delle associazioni rappresentative dei proprietari e degli inquilini) spetta una riduzione Imu del 25%, quindi si paga solo il 75% del totale, e alcuni Comuni prevedono aliquote agevolate.

Affitto parziale della casa: si conservano i benefici fiscali?

Se il contratto di locazione non riguarda l’intera unità abitativa, ma soltanto una sua parte – come quando si affittano una o più stanze – il proprietario potrebbe mantenere la propria residenza anagrafica e dimora effettiva nei locali rimasti, mantenendo così il diritto all’esenzione Imu per l’abitazione principale ed evitando anche di perdere le agevolazioni fiscali ottenute per l’acquisto della prima casa.

Se, invece, il proprietario sposta la sua residenza altrove, sarà tenuto al pagamento dell’Imu in base alle regole che abbiamo descritto nel paragrafo precedente.

Se affitto la casa posso ancora detrarre gli interessi del mutuo?

La detrazione degli interessi passivi sul mutuo stipulato per l’acquisto dell’abitazione principale del contribuente è ammessa nella percentuale del 19% e per un importo complessivo fino a 4.000 euro annui (il limite è riferito a ogni immobile, non a ogni persona) ma richiede, necessariamente, che l’immobile sia adibito a residenza anagrafica ed effettiva del contribuente che sfrutta la detrazione.

In altre parole, la detraibilità degli interessi su mutuo richiede necessariamente che l’immobile costituisca realmente l’abitazione principale in cui si ha la residenza. Pertanto, se la casa viene affittata si perderà la possibilità di detrarre gli interessi del mutuo.

La detrazione degli interessi sul mutuo si conserva se il trasferimento altrove del contribuente è dipeso da motivi di lavoro (che devono essere oggettivamente dimostrabili); in tal caso aver dato la casa in affitto non costituisce un fattore ostativo.

È comunque possibile affittare parzialmente la prima casa, mantenere lì la propria residenza e continuare a portare in detrazione ogni anno gli interessi passivi del mutuo.

Approfondimenti

Sull’argomento trattato, leggi anche:

note

[1] Art. 1, co. 741 lett. b) L. n. 160/2019.

[2] Art. 9, co. 2, D. Lgs. n. 23/2011: «L’imposta è dovuta per anni solari proporzionalmente alla quota ed ai mesi dell’anno nei quali si è protratto il possesso; a tal fine il mese durante il quale il possesso si è protratto per almeno quindici giorni è computato per intero. A ciascuno degli anni solari corrisponde un’autonoma obbligazione tributaria».

 

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