I classici 15 giorni di ferie tra luglio e agosto, che una volta rappresentavano il simbolo della spensieratezza estiva, si stanno trasformando in un percorso ad ostacoli degno di un reality show. Da una parte c’è la giustificazione nobile della tutela dell’ambiente, dall’altra la sensazione che dietro queste misure ci sia anche una buona dose di zelo burocratico e un bel po’ di desiderio di fare cassa.
Prendiamo Tuerredda, una delle perle del sud ovest sardo. Qui non si paga l’accesso alla spiaggia, ma viene richiesto un contributo “volontario” di 1 euro. Un numero chiuso che limita l’accesso a 1.100 persone, di cui 729 in spiaggia libera e 371 presso stabilimenti con prenotazione. La scusa? Proteggere l’ambiente e preservare la bellezza del luogo. Ma la domanda è: perché non consentire l’accesso libero e invece puntare su un sistema che, guarda caso, facilita chi può permettersi di spendere?
E non è tutto. A Villasimius, per accedere a Punta Molentis, si è deciso di fissare un tetto massimo di 600 persone e 200 auto. E se volete parcheggiare, preparatevi a sborsare 10 euro, più 1 euro a passeggero. A queste cifre, la giornata al mare rischia di diventare un lusso per pochi, soprattutto se si considera che l’isola si vanta di essere una destinazione per tutti.
Ma non è finita qui. In Sardegna, il Ferragosto diventa un vero e proprio slalom tra divieti. È vietato fumare, se non in aree appositamente attrezzate. E guai a lasciare l’ombrellone sulla spiaggia per il giorno dopo: vi toccherà una multa salata. Come se non bastasse, dimenticatevi di portare a casa un ricordo della vostra vacanza: granelli di sabbia, pietre, conchiglie, tutto è off-limits, e le sanzioni sono pesanti. In tutta l’isola, dalle spiagge del nord a quelle del sud, è scattata la caccia al souvenir naturale, un fenomeno che sembra più un pretesto per far cassa che una reale necessità di protezione ambientale.
E poi c’è la questione del numero chiuso.
Da Cala Goloritzé a Cala Mariolu, da La Pelosa a Cala Brandinchi, l’accesso è riservato solo a un ristretto numero di fortunati. Per gli altri, non resta che guardare le foto online e sognare. A Stintino, per esempio, solo 1.500 bagnanti possono accedere alla spiaggia de La Pelosa, e chi non prenota per tempo rischia di rimanere fuori. Perché si sa, in Sardegna non basta più alzarsi presto la mattina per accaparrarsi un posto in spiaggia: serve anche una buona connessione internet e un po’ di fortuna.
Certo, l’ambiente va tutelato, su questo siamo tutti d’accordo. Ma c’è da chiedersi se queste misure non siano un po’ troppo estreme, se non nascondano, dietro la facciata della sostenibilità, la solita vecchia tendenza italiana a complicare la vita ai cittadini. La Sardegna, con la sua bellezza mozzafiato, merita di essere protetta. Ma non a scapito del buon senso e, soprattutto, non a discapito di chi, con sacrificio, riesce a concedersi una meritata vacanza.
Il rischio è che la Sardegna diventi un paradiso accessibile solo a chi può permettersi di navigare tra le onde della burocrazia e delle restrizioni. Per tutti gli altri, l’estate si trasformerà in un ricordo lontano, fatto di sogni e fotografie, ma senza quella libertà che, da sempre, è il vero spirito delle vacanze estive.
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