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Cercare l’acqua sottoterra come se fosse il petrolio. Uno studio scientifico di un gruppo di ricercatori dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e delle università di Malta e Roma Tre ha trovato un enorme bacino di acqua custodito da sei milioni di anni nelle viscere dei monti Iblei. «Anni di ricerca petroliera ci hanno fornito dati utili per l’acqua di profondità – dice il professor Lorenzo Lipparini, ricercatore Ingv che ha illustrato i risultati alla cabina di regia regionale contro la siccità – la Sicilia ha un enorme potenziale che potrebbe aiutare a gestire la crisi e i rifornimenti per molti anni».

Che potenziale c’è sotto la Sicilia?

«Per secoli ci siamo abituati a cercare l’acqua in superficie. Dal 2020 anche l’Onu si è accorto che l’idea di cercare acque non convenzionali, in profondità o off-shore, è una soluzione sensata e un’esigenza in tutto il Mediterraneo. Noi abbiamo applicato questa idea in Sicilia, dove abbiamo trovato un giacimento di 17 miliardi di metri cubi, che prende quasi tutto il sottosuolo degli Iblei. Parliamo di acque dolci o anche salate, con bassa salinità».

Cioè, cercate l’oro blu sottoterra come una volta si cercava il petrolio? «Esattamente. Ci sono tanti studi sulle esplorazioni petrolifere del passato che giocoforza danno indicazioni sull’acqua. Ad esempio l’Agip, negli anni Ottanta, ha creato un volume che si chiamava ‘Acque sotterranee’, con dati raccolti sulla base della perforazione di centinaia di pozzi. Utilizzando questi dati, dall’Appennino alla Sicilia, abbiamo trovato tanti bacini».

Se ci sono 17 miliardi di metri cubi di acqua sotto terra cosa bisogna fare per sfruttarli?

«Intanto partiamo dal punto che non si tratta di ipotesi scientifiche ma di un dato di cui siamo certi. Sappiamo che si tratta di acque dolci e anche salate, seppur con un grado di salinità inferiore a quello del mare. Ma non abbiamo alcun elemento sulle caratteristiche fisico-chimiche di queste acque, per cui occorre prima una fase di investigazione e analisi».

Cioè?

«Scavare un pozzo, estrarre dell’acqua e studiarla. A quel punto capire se conviene o meno tirarla fuori».

Di che profondità parliamo e quanto tempo ci vorrebbe?

«Sappiamo che tra Licodia Eubea e Vizzini, nel Catanese, c’è acqua a 700 metri di profondità. Non è una misura proibitiva, se si considera che le società petrolifere scavano dai 4 ai 7 chilometri. Di sicuro non ci vogliono 50 anni per farlo, ma se c’è volontà e i finanziamenti in un paio di anni o anche uno e mezzo potremmo avere una risposta alla domanda: se sia o meno ragionevole estrarre l’acqua».

E il costo?

«Per scavare un pozzo di quel tipo ci vogliono un milione o un milione e mezzo di euro, la parte più lunga è lo studio di fattibilità e le analisi. La ricerca di acque profonde o offshore, cioè oltre la linea di costa, si fanno già nel mondo, ad esempio negli Stati Uniti e in Nuova Zelanda. Noi stiamo conducendo uno studio simile nel Corno d’Africa, a Zanzibar e in Tanzania».

Il governatore della Sicilia Renato Schifani ha dichiarato che vuole incontrarvi: ci sono contatti con la Regione?

«Ho incontrato il direttore della Protezione civile Salvo Cocina e a lui alla cabina di regia ho illustrato il progetto. Io faccio un altro mestiere, quello del ricercatore e dello scienziato, e non so dire se sarà preso in considerazione, ma sono stato accolto bene. Ho 20 anni di esperienza nella ricerca e nell’estrazione petrolifera e ho spiegato il metodo: prima si esplora, poi se si trova qualcosa si analizza per capire se vale la pena sviluppare un’estrazione e, infine, se è conveniente si procede».

In Sicilia ne varrebbe la pena?

«Non sarebbe la panacea di tutti i mali, ma quell’acqua potrebbe dare un contributo. Pensiamo che ci siano altri bacini nel resto della Sicilia, per esempio a Sud di Palermo, a Nord di Sciacca e nel Ragusano».

Queste ricerche possono intaccare la stabilità geologica in una terra sismica come la Sicilia?

«In Italia sono stati scavati nel tempo circa 7 mila pozzi e non c’è nessuna correlazione con i terremoti. A meno che non si tratti di operazioni specifiche in cui si iniettano fluidi e si possono generare tremori, di cui noi non ci accorgiamo, anche se vengono registrati. Scavare un pezzo a mille metri è come infilare una cannuccia di cemento dentro la roccia. Quella siciliana è calcarea e stabile».

 

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