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Hanno sempre più voglia di investire le imprese manifatturiere del Mezzogiorno. E il crescente accesso all’internazionalizzazione lo dimostra al di là di ogni. Ormai non più ragionevole, dubbio. La spinta dell’export (17 miliardi in valore nel primo trimestre dell’anno, pari +5,8% rispetto allo stesso periodo del pure ottimo 2023) si conferma in netta controtendenza con il dato Italia che vede infatti un calo del 3,5%. È lo specchio fedele del rinnovato e peraltro ancora parziale dinamismo industriale di un’area che ha fretta di scrollarsi di dosso incertezze e pregiudizi e di un sistema delle imprese che recupera ritardi e paure, scommettendo sulla tecnologia e sul digitale. Era, in fondo, un percorso obbligato: bere o affogare se si considera la quantità di incentivi fiscali, bonus e facilitazioni a disposizione di piccole, medie e grandi aziende per migliorare in produttività e competitività. Per non parlare dei fondi del Pnrr, del credito d’imposta raddoppiato per la Zes unica e di sostegni specifici, come quelli alla ricerca e all’innovazione, in chiave Sud. 

Con i provvedimenti messi a terra dal governo in questi ultimi mesi si sono indubbiamente create o rafforzate le condizioni per restituire al Mezzogiorno manifatturiero la centralità che gli era dovuta in chiave euromediterranea. Di fatto, anche i dati resi noti da Srm certificano che qui c’è molta più impresa di qualità di quanto si era disposti ad ammettere anche solo pochi mesi fa. Il Sud è la prima area nazionale per numero di iscrizioni di nuove imprese: a giugno 2024 ne risultano iscritte altre 26.404 che rappresentano il 32,4% dell’Italia (+2% rispetto al 2023). In crescita anche le PMI e le Startup innovative: a luglio 2024 si rilevano 607 PMI innovative, pari al 21% dell’Italia (2.906), in crescita del 16,3% rispetto all’anno precedente (Italia +13,4%), e 3.702 Startup innovative, pari al 28,8% dell’Italia (12.871), in calo dell’1,7% (ma la media è -7,2%). Cresce il numero delle società di capitale con un +4% al primo semestre 2024 rispetto al dato 2023 (+3,3% in Italia). 

«Il ruolo delle imprese è centrale in una logica di sviluppo futuro e quelle del Mezzogiorno» spiega il Rapporto, confermando la «grande volontà di investire». Dalla survey SRM rivolta a 700 imprese manifatturiere del Paese (delle quali 300 al Sud) emerge che, anche se si prediligono scelte più ponderate (e tradizionali) dopo il rally evidenziato nell’ultimo triennio (i 2/3 degli investimenti sono di tipo tradizionale e finalizzati a migliorare le potenzialità strutturali), il 34% è in ambiti innovativi legati al digitale. 

L’export da 70 miliardi 

L’export, come detto, è ormai una certezza in questo contesto. Lo aveva certificato solo un mese fa la Sace, la Società pubblica che assiste le imprese italiane negli investimenti all’estero: l’export di beni del Mezzogiorno vale poco meno di 70 miliardi di euro, circa l’11% dell’export italiano, e lo scorso anno con una crescita del 2,9% aveva già fatti meglio della media Italia. La tendenza, come detto, si è ulteriormente consolidata nella prima parte del 2024, irrobustita dal contributo in particolare di Campania e Sicilia, prima e seconda regione del Sud con un export rispettivamente di 22 e 14 miliardi di euro. Bene anche Puglia, Abruzzo e Sardegna.

Tra i settori più performanti per le vendite all’estero, è stato sottolineato da Sace, ci sono i mezzi di trasporto, spinti dall’automotive, l’agroalimentare, il farmaceutico; in crescita anche la meccanica strumentale ed il fashion. I mercati tradizionali, come Stati Uniti, Germania, Svizzera e Francia rappresentano le principali destinazioni che insieme accolgono quasi il 40% dell’export dell’area. 

La novità del primo trimestre 2024, spiega Cinzia Guerrieri, senior economist dell’ufficio studi di Sace, è però l’impulso dato alle esportazioni dalla «ripresa della domanda di prodotti energetici, che rappresentano il primo settore di export del Sud Italia. In questa direzione il Mezzogiorno potrà continuare a espandersi e cogliere le opportunità di crescita all’estero, non solo nei mercati già presidiati ma anche in quei Paesi che abbiamo identificato come Gate, la porta per il futuro del nostro export e che nei primi tre mesi del 2024 stanno già registrando una crescita a doppia cifra. Un esempio, anzi più di uno? Messico, Brasile, Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti, ma non solo». 

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