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L’ottimo stato di salute del turismo si riflette sui conti dei Comuni che applicano l’imposta di soggiorno: nel 2023 (anno da primato con oltre 134 milioni di arrivi e 451 milioni di presenze) erano 1.259 le amministrazioni in cui era in vigore la “tourist tax” (in crescita rispetto ai 1.146 del 2022) con un incasso complessivo di 792 milioni di euro, pari a un incremento del 26%. Un panorama che potrebbe presto mutare vista la volontà del Governo di modificare il tributo introducendo importanti novità: l’estensione a tutti i Comuni che vorranno applicare la tassa (e non solo i capoluoghi di provincia e i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte, come previsto al momento) e l’introduzione di un sistema legato non più alla classificazione della struttura ricettiva ma al costo per notte. La tariffa più alta arriverebbe a 25 euro per gli alberghi di lusso.

In ogni caso gli incassi sono destinati a lievitare visto i numeri del settore turistico nel 2024 e la possibilità (prevista dalla legge bilancio 2023) per i Comuni con presenze turistiche venti volte superiore a quello dei residenti di innalzare l’imposta sino a un massimo 10 euro a notte e di aumentarla fino a due euro in occasione del Giubileo 2025.

LE PRIME DIECI CITTÀ

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Il caso Firenze

Secondo i dati elaborati dalla Fondazione Ifel-Anci le prime dieci città si sono assicurate un incasso pari al 50% del totale: Roma si conferma in vetta alla graduatoria (165 milioni, +38,6%) ma a spiccare è il salto in avanti di Firenze che supera Milano e guadagna la seconda posizione con quasi 70 milioni di euro (+64,3%). Un risultato dovuto non solo all’aumento dei flussi turistici (gli arrivi in città sono cresciuti del 21,3% in un anno) ma anche alla decisione della giunta dell’allora sindaco Dario Nardella (che ha portato avanti una politica di contenimento degli affitti brevi confermata dal successore Sara Funaro ) di aumentare l’imposta di soggiorno a partire dal 1° aprile 2023 (valore massimo di 8 euro). Da ricordare che la Capitale gode di una disciplina che consente al Campidoglio di applicare un importo massimo pari a 10 euro per notte di soggiorno. Un turista che soggiorna in città per dieci giorni (il periodo massimo “tassabile”) in un albergo a cinque stelle può arrivare a spendere 100 euro.

Verona entra nella «top ten»

La graduatoria delle prime dieci città per gettito della “city tax” non varia molto rispetto al 2022. Venezia (il Comune ha introdotto in via sperimentale l’obbligo di registrazione per chi si entra nel centro storico con un contributo di cinque euro al giorno, dal quale sono esentati però i turisti che pernottano) è quarta con 38,52 milioni incassati ma l’incremento rispetto al 2022 è di poco sotto la media complessiva (+22,1%). Fa meglio Napoli (dove l’aumento dei flussi turistici dell’ultimo decennio ha portato all’ampliamento della capacità ricettiva e il Comune ha aumentato la scorsa estate l’imposta di 50 centesimi) che si conferma quinta: i 17,54 milioni di euro assicurati dall’imposta sui turisti sono il 34,15% in più rispetto all’anno precedente.

Segue, in posizioni identiche rispetto alla graduatoria 2022, il quartetto formato da Bologna, Rimini, Torino e Sorrento (che ha ritoccato verso l’llato le tariffe a partire dal 1° gennaio 2024). La cittadina del golfo partenopeo è la più piccola in termini di popolazione e quella in cui è più alto il rapporto tra gettito e residenti: quasi 7 milioni di entrate equivalgono a 420 euro per residente. 

 

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