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Il Governo a caccia di coperture per finanziare la legge di Bilancio mette nel mirino le agevolazioni fiscali. “Niente lacrime e sangue” ha promesso alcuni giorni fa il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti parlando dell’impatto generale della manovra, confortato dai dati del gettito fiscale di fine luglio che promettono di essere positivi, ma lo sforamento del deficit nel 2023 lievitato al 7,4% del Pil sotto il peso delle spese post-Covid e della mina del superbonus rende complesse le operazioni. In base alle attenuanti previste dal Patto di Stabilità riformato Roma dovrebbe tagliare il disavanzo dello 0,6% del Pil (10-12 miliardi) ogni anno per sette anni attraverso una strategia monitorata da Bruxelles anche sul fronte della spesa pubblica. E il Mef dovrà presentare, entro il 20 settembre, il Piano strutturale di bilancio di medio termine (Psb) con le stime programmatiche su crescita, deficit e debito dai quali si e vincerà l’entità dell’aggiustamento del 2025.

Le fonti

Fonti concordanti indicano almeno 20 miliardi di euro, 15 dei quali impegnati per confermare il taglio del cuneo fiscale e la riduzione Irpef sui redditi medio bassi. Sul versante delle coperture l’esecutivo, come detto, punta tra l’altro a mettere sotto stretta osservazione le tax expenditures, vale a dire l’enorme pacchetto di agevolazioni fiscali (detrazioni, deduzioni e bonus) attraverso le quali i contribuenti riducono, in sede di dichiarazione dei redditi, le imposte da pagare. Questa giungla di norme (sono oltre 600) vale circa 80 miliardi e palazzo Chigi, preoccupato per la dinamica di spesa (c’è stata una proliferazione di norme del 50 per cento negli ultimi 10 anni) punta ad un taglio. Di quanto? Circa 3 miliardi. Non di più, anche perché tra pensioni, lavoro e sanità oltre il 70 per cento delle tax expenditure è intoccabile, a meno di non voler scatenare una rivolta sociale. Tuttavia sono molte le voci che, dal mutuo scuola dei figli delle famiglie più ricche all’abbonamento ai mezzi pubblici passando per le spese veterinarie sono molte le spese che potrebbero subire un taglio.

La stretta

A rischio anche le agevolazioni energetiche sull’autotrasporto, mentre, ovviamente, i contributi ai partiti non correrebbero alcun rischio. Un tradizionale totem inviolabile in parlamento che scatena di frequente vivaci polemiche popolari. Occorre ricordare che già nella scorsa legge di Bilancio il governo ha ridotto le agevolazioni fiscali operando un giro di vite su coloro che guadagnano più di 50 mila euro lordi all’anno (parliamo di chi ha uno stipendio di circa 2.700 euro netti al mese) ai quali sono stati tolti 260 euro forfettari. E l’ipotesi allo studio prevede di inasprire la misura su questa platea. La legge di Bilancio nasce comunque in un contesto sereno. O mercati sono tranquilli sul nostro paese e tuttavia, come insegna l’episodio di giugno dopo le elezioni francesi, basta un po’ di volatilità generata altrove e la pressione sullo spread torna a farsi sentire su uno dei maggiori debiti mondiali, il nostro, che corre verso i 3 mila miliardi di euro. Dalla sua il governo ha il buon andamento dei servizi, in particolare il turismo che sta segnando nuovi record e la tenuta del Pil che secondo le sue stime dovrebbe salire dell’1% quest’anno. Aiuterà anche il probabile taglio dei tassi da parte della Bce a settembre anche se la riduzione nei prossimi mesi sarà meno veloce del previsto.

 

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