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Sin dalle prime votazioni nei 12 consigli di facoltà, il nome designato per guidare l’Università Cattolica fino al 2028 è stato uno. Il suo: Elena Beccalli.

Rettrice, un segnale di unità?

«Il corpo docente ha dato una risposta corale, frutto anche di un percorso che ha visto impegnate le facoltà nel riflettere sul senso di essere università, e in particolare università cattolica. Dialoghi e riflessioni che, per evitare una visione riduttivamente procedurale e burocratica, ci hanno portato a sottolineare l’importanza del sapersi continuamente interrogare sulle questioni fondamentali del nostro tempo, la transdisciplinarità e la valorizzazione della logica di comunità. L’intento è che la Cattolica sappia rinnovarsi e proporre uno sguardo nuovo sulla realtà. Un processo di innovazione che poggi su radici consolidate».

Qual è stato il primo provvedimento da rettrice?

«Ho inviato una lettera aperta agli studenti in cui, per rendere ancora più forte la mia vicinanza, ho annunciato di prevedere uno spazio di ricevimento e incontro regolare con coloro che desiderino avere un momento di confronto, alimentando una relazione che sappia cogliere e interpretare necessità e proposte. Un tratto distintivo del nostro modo di intendere l’università è quello di una comunità educante che poggia sul contributo che ogni componente offre alla vita dell’ateneo. Ho invitato le matricole a impegnarsi nelle attività universitarie, anche a beneficio degli altri, rendendosi disponibili come tutor, rappresentanti negli organi, membri delle commissioni paritetiche e di riesame, di associazioni studentesche».

Lei si è sempre impegnata sul tema della parità di genere, anche con programmi come “Women in Finance”. Quali misure introdurre per superare i divari che sussistono?

«È necessario sviluppare programmi di leadership femminile nelle nostre università per stabilire una rete e consapevolezza delle donne, nonché promuovere la raccolta di fondi per sostenerle nella loro formazione. Questo è necessario negli ambiti disciplinari Stem senza però trascurare le discipline umanistiche, oggi fondamentali per affrontare le complessità e dinamiche del mondo del lavoro. Per me è necessario valorizzare sempre più nei percorsi di studio il dialogo tra discipline, dando forma all’ibridazione di competenze transdisciplinari. Dato che la finanza è uno dei settori dove i divari di genere nei ruoli apicali persistono, ho dato vita al programma “Women in finance”, la cui realizzazione è stata resa possibile grazie alla stretta collaborazione con il mondo delle imprese per offrire opportunità concrete».

Quali?

«Si va da borse di studio a premi di laurea – sia per iscritte in corso sia per future matricole – a sostegni di tipo economico per studentesse fuori sede. Ma anche percorsi di mentoring e moduli formativi sulla leadership femminile, fino ad arrivare a project work guidati da professionisti d’azienda e a eventi di networking. Insomma, un ricco programma di opportunità concrete per creare appunto parità nelle opportunità».

Tra i lasciti del rettore Anelli c’è il campus alla caserma Garibaldi. A che punto siamo?

«Porto con me un senso di grande riconoscenza e gratitudine per quanto fatto dal rettore Anelli nell’ultimo decennio, realizzando alcune importanti iniziative e progettualità tra le quali la riconversione della caserma Garibaldi. I lavori della prima ala su via Santa Valeria stanno procedendo regolarmente e l’apertura degli spazi alla comunità universitaria è prevista nel primo semestre 2025. Come ebbe modo di sottolineare il rettore Anelli, “avremo un campus urbano che non ha eguali in Europa per estensione e centralità“».

Il caro-affitti a Milano è ancora un tema caldo: cosa può fare l’ateneo?

«L’Università Cattolica, la più grande tra le non statali in Europa, è un unicum nel panorama nazionale poiché si caratterizza come una rete che si sviluppa su tutto il territorio italiano. Il rapporto con la città di Milano, dove studiano oltre 29mila giovani, è chiaramente prioritario nel mio mandato e intende valorizzare ancora di più il dialogo con le istituzioni della città e con le altre università. Tra i vari temi prioritario è quello dei costi dell’abitare che ci chiama a un’azione comune. Il nostro ateneo comunque già fa molto. Sono nove i collegi in campus, di cui 4 a Milano. A ciò si aggiungono le cinque residenze in città, abbiamo in totale più di 750 posti. A Milano sono attivi i lavori di ammodernamento del collegio Ludovicianum, con la costruzione di una nuova ala. Chi vive nei collegi ha l’opportunità di partecipare anche a una serie di iniziative educative che permettono, grazie alla combinazione di formazione teorica ed esperienze pratiche, di arricchire il proprio curriculum».

Aumentano le richieste di sostegno dalle famiglie. Qual è il vostro impegno economico per il diritto allo studio?

«Dobbiamo continuare a offrire percorsi formativi di qualità in maniera accessibile a tutti, per riattivare l’ascensore sociale. Dal 2011 a oggi l’ateneo ha investito circa 22 milioni di euro con risorse economiche proprie per coprire ogni anno tutti gli studenti idonei ma non beneficiari delle borse di studio erogate dai fondi regionali. A oggi, in questo modo, oltre 10.000 giovani hanno potuto proseguire nel loro percorso di studio. Solo nel 2023 la manovra straordinaria messa in campo ha superato i 3 milioni consentendo a 800 studenti, altrimenti esclusi, di ottenere la borsa di studio. Per il 2024 l’intervento sarà replicato con un investimento che toccherà i 4 milioni, consentendo a 1.000 studenti di percepire la borsa di studio. Con oltre 633mila euro Cattolica e Istituto Toniolo assegnano anche 200 borse e premi di studio secondo il criterio del merito. E una progettualità innovativa è rivolta all’estero: un prestito d’onore per sostenere percorsi di studio in prestigiosi atenei internazionali in programmi dual degree».

Gli atenei telematici stanno attirando sempre più matricole. Che fare?

«Tutti i docenti, in collaborazione con il personale tecnico-amministrativo, saranno impegnati in una riflessione attenta sull’impiego di modalità didattiche innovative che, fermo restando il valore della relazione, consentano di creare nuove opportunità, anche a distanza, sul piano formativo. La qualità dei nostri percorsi è la risposta più forte agli atenei telematici. La nostra comunità universitaria può già contare sulla disponibilità di infrastrutture, anche tecnologiche, e di facilities che, in collaborazione con EduCatt, continueremo a far evolvere per permettere ai nostri campus di essere sempre più accoglienti e all’avanguardia. Tutto questo ci impegna in un miglioramento continuo dell’esperienza degli studenti».

In una fase geopolitica così complessa, quale ruolo deve avere l’università?

«La Cattolica è chiamata a dare un contributo in termini di crescita di competenze qualificate, orientando allo sviluppo di un pensiero critico e libero. Elementi di cui il nostro Paese ha molto bisogno. Non dimentichiamo che l’Italia mostra un perdurante gap rispetto alla media europea per numero di laureati: solo il 29,2% contro il 42% nel 2022 secondo dati Eurostat e Almalaurea. Dobbiamo educare le giovani generazioni a sapersi continuamente interrogare sulle questioni radicali, formulando domande di senso che guardino al futuro, senza limitarsi a dare risposte ai temi di ieri, confrontandosi con i paradigmi dominanti per proporre una visione nuova».

Come lo si può fare?

«È l’impegno quotidiano di tutta la comunità universitaria, chiamata a proporre adeguati modelli di pensiero secondo le specificità di ogni disciplina con uno spirito che è, nello stesso tempo, libero e orientato alla ricerca della verità. In tal modo l’università è in grado di offrire – con rigore, creatività, coraggio – un contributo alle questioni di frontiera, da quelle ambientali a quelle economiche, da quelle sociali a quelle demografiche. Basti pensare alle ricerche attive in università – e sempre più inserite in reti e alleanze strategiche – su temi come la sostenibilità sociale e ambientale, l’invecchiamento, le disuguaglianze, l’intelligenza artificiale».

 

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