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Per il governo italiano la ‘tassa sulla salute’ è un capitolo chiuso: essendo una legge dello Stato deve essere applicata. Così, in estrema sintesi, ha risposto il ministro dell’economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti, nel corso dell’incontro tenutosi a Roma con i responsabili nazionali dei frontalieri, all’invito dei sindacalisti di cancellare il ‘contributo’ inserito nella Finanziaria 2024: “Confrontatevi con le Regioni di confine con i Cantoni svizzeri in cui lavorano i nostri connazionali (93mila di cui poco meno di 80mila in Ticino, ndr): tocca a loro scrivere i decreti attuativi e soprattutto stabilire quanto i frontalieri dovranno pagare. Come governo abbiamo indicato una forbice entro la quale le Regioni devono fissare le quote di partecipazione dei frontalieri a sostegno del Servizio sanitario nazionale. Per noi si tratta di un contributo e non di una nuova tassa”.

Grande incertezza

Tesi, quella sostenuta a livello governativo e dai partiti di maggioranza, respinta con forza dai frontalieri, dai sindacati e ritenuta per nulla convincente da molti enti locali, con in prima linea i comuni di frontiera. Se si esclude la Regione Lombardia, determinata a introdurre la ‘tassa sulla salute’ entro la fine dell’anno calcolata sui redditi del 2024, continua a essere tiepida la Regione Piemonte, mentre Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige sono silenti. Danno l’impressione di stare alla finestra in attesa delle prossime mosse della Lombardia che continua a sbattere contro un muro: quello eretto da Bellinzona e Coira. Il Pirellone di recente ha chiesto di ricevere l’elenco dei frontalieri lombardi e soprattutto i loro redditi, senza i quali la ‘tassa sulla salute’ (o contributo come dir si voglia), anche se legge dello Stato, resta sulla carta. Quanto basta insomma per capire il motivo per cui a Palazzo Lombardia sulla ‘tassa sulla salute’ sembra essere calato il silenzio. Le organizzazioni sindacali continuano a sollecitare incontri con i vertici regionali. Solleciti sin qui caduti nel vuoto. Insomma, siamo in presenza di un quadro di incertezza che, stando a quanto risulta ai sindacati, starebbe spingendo molti frontalieri (soprattutto del settore sanitario) a chiedere il permesso B di dimora, pur di non pagare una tassa che ritengono ingiusta.

Resta una questione di stipendi

A proposito di fiscalità dei frontalieri, quella introdotta dall’accordo italo-svizzero in vigore dallo scorso 1° gennaio – che ricordiamo prevede i ‘vecchi’ e i ‘nuovi’ frontalieri – è stata al centro dell’incontro a Roma. Se i ‘vecchi’ frontalieri continuano a pagare le tasse in Svizzera, quelli ‘nuovi’ sono tassati in Italia: ciò significa una busta paga più leggera. Motivo per cui in Ticino c’è stato un lieve calo di frontalieri. I sindacati ricordano che nei primi mesi dello scorso anno c’era stata la corsa all’assunzione in Canton Ticino, così come nei Grigioni e nel Vallese, in quanto era noto che si andava incontro a due tipologie di frontalieri e che, per quelli assunti dal 18 luglio in avanti, la tassazione sarebbe cresciuta. Da qui la previsione che l’attuale trend al calo non sarà di lunga durata: gli stipendi percepiti al di qua e al di là della frontiera, soprattutto in alcuni settori, come quello sanitario, continueranno a dimensionare il frontalierato.

Un primo passo importante per la stabilizzazione delle regole

Intanto l’incontro fra Giorgetti e i segretari nazionali frontalieri Giuseppe Augurusa (Cgil), Marco Contessa (Cisl) e Pancrazio Raimondo (Uil) ha consentito di fare un primo passo importante per la stabilizzazione delle regole dei frontalieri. L’intesa ha riguardato sia la tassazione dei frontalieri residenti nei 72 nuovi comuni non compresi negli elenchi redatti unilateralmente da Ticino, Grigioni e Vallese ai fini della determinazione dei ristorni, nonché della tassazione esclusiva in Svizzera e concorrente in entrambi i paesi (rispettivamente per i ‘vecchi’ e ‘nuovi’ frontalieri), quanto per quei lavoratori delle province di Sondrio e Brescia residenti nei comuni che, sulla base degli elenchi svizzeri, avrebbero visto modificato il loro status di ‘vecchi’ frontalieri – tassati in Svizzera – a nuovi frontalieri – tassati in Italia – con un aggravio fiscale del tutto ingiustificato. L’intesa per diventare operativa seguirà la strada di un decreto legge governativo.

 

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