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Sono oltre 15 milioni le carte che prevedono un rimborso a rate mensili e non in un’unica soluzione. Ma i tassi applicati, sfiorano spesso l’usura. Ecco tutte le possibili strade da percorrere per ottenere giustizia.

Si stima che almeno una famiglia su cinque le abbia utilizzate una volta. Sono oltre 15 milioni le carte revolving che girano nel nostro Paese e vengono utilizzate per l’acquisto di beni di consumo destinati alla famiglia. La loro comodità è data dal fatto che il rimborso può avvenire con rate mensili e non in unica soluzione. Ma la realtà è tutt’altra perché nascondono tassi di interesse che sfiorano l’usura: 16% di media con picchi che possono arrivare al 24%.

Chi si affida

 “Almeno il 30% delle persone che decidono di affidarsi a questo tipo particolare di carte -spiega l’avvocato Angelo Greco- non riesce a rimanere in regola con i pagamenti, diventa moroso e viene iscritto in Crif. Ovvero, viene segnalato in una banca dati che impedisce loro di accedere a future richieste di prestito. Non a caso, in molti, le chiamano carte Revolver perché il consumatore finisce con l’avere una pistola puntata alla tempia”.

“Il primo consiglio da dare è di riflettere attentamente prima di sottoscrivere un contratto di questo tipo”, ammonisce Giorgio Bellone dell’Associazione dei consumatori ADifesa. “Il che vuol dire dare un’occhiata al Taeg, il tasso annuo, effettivo e globale e al costo effettivo del finanziamento che la banca è tenuta a comunicare preventivamente. Ma non basta. C’è anche il Tan, il tasso annuo nominale, che in genere è molto più basso perché non tiene conto di oneri come l’attivazione del finanziamento, l’assicurazione e così via. Non a caso la Banca d’Italia ha emanato una direttiva per richiamare agli istituti di credito la necessità di indicare tutti i costi connessi con l’utilizzo delle carte Revolving, tra i quali gli oneri derivanti da eventuali sconfinamenti rispetto al fido accordato e gli interessi di mora, distinguendoli chiaramente dalle ulteriori penali applicate in caso di ritardo nei pagamenti o di decadenza”.

La prudenza

Per questo occorre andarci con prudenza. “Un altro aspetto da valutare è quando la banca ha calcolato gli interessi in maniera anatocistica, ossia applicando gli interessi delle rate scadute non solo sul capitale dato in prestito, ma anche sulle precedenti rate, anch’esse già scadute in passato -chiariscono da ADifesa.

In questo modo, ad ogni rata scaduta, gli interessi crescono in modo esponenziale. La legge li vieta a meno che non si tratti di interessi di mora che vanno conteggiati alla fine di ogni anno e sempre che il cliente li abbia accettati nel contratto”.

Ma cosa fare, quando si scorgono delle irregolarità? Bisogna fare ricorso. Dalla nostra esperienza, sottolineano dall’associazione, tre contratti su quattro sono irregolari e quasi sempre chi intenta un ricorso finisce per vincerlo e ottenere un rimborso. Le tempistiche, possono variare da un minimo di 60/90 giorni a un massimo di 180. Dipende dai casi ma alla fine le percentuali di successo sono elevate. Con un duplice effetto positivo: si ottiene liquidità, spesso a tre zeri, e, grazie al rimborso ottenuto, vengono restituiti gli interessi passati e futuri e ci si ritrova con il dover gestire una carta sostanzialmente a tasso zero. Senza dover incorrere in ulteriori problemi. Valentina, ad esempio, nel 2005 aveva attivato una carta revolving di un Istituto finanziario e, dopo una perizia, ha ottenuto un rimborso di 1500 euro. Per Melania, invece, il rimborso è stato pari a 2mila euro circa e per Luis di 1350. 

Sono storie importanti che hanno riportato serenità in diverse famiglie. “Le segnalazioni in Crif -sottolinea infine l’avvocato Greco- spesso tolgono il sonno e direi la visione di un futuro possibile. La via giudiziale o extragiudiziale è una strada percorribile ma lo è ancor di più quando si parla appunto di carte revolving, dove sono alte le percentuali di vedersi riconosciuto il proprio diritto”.



 

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