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Tecnici al lavoro per rendere più appetibile il concordato. Le risorse per la manovra 2025. Concordato preventivo, finora hanno aderito poche centinaia su oltre due milioni

Le entrate fiscali in questi primi mesi del 2024 vanno bene, pure un po’ meglio del previsto, anche se al ministero dell’Economia nessuno festeggia. Giancarlo Giorgetti, anzi, è preoccupato: il ministro sta cominciando a impostare la manovra di bilancio del 2025 e i conti non tornano. Il fronte debole è proprio quello del gettito tributario, con l’evasione fiscale che non si riesce a scalfire. La conferma, a via XX settembre, arriva dalle scarsissime adesioni arrivate al nuovo concordato preventivo biennale, l’accordo tra il fisco e i lavoratori autonomi: tasse predeterminate da pagare nel biennio ’24-’25 e zero controlli.

Finora hanno accettato in poche centinaia, su un potenziale di oltre 2 milioni di contribuenti interessati, quelli soggetti agli Indici sintetici di affidabilità fiscale (Isa), e i forfettari (a titolo sperimentale). A chi ha un’Isa basso l’Agenzia delle Entrate sta chiedendo, per aderire al concordato, un adeguamento del reddito dichiarato che spesso è molto alto, anche oltre il 40%. E chi è sopravvissuto fino ad ora, anche alle verifiche del fisco, resiste. Stanno invece aderendo al meccanismo, trovandolo assai conveniente, i contribuenti affidabili che magari sanno già di poter contare su un incremento del reddito nel biennio. A loro il concordato garantisce un tetto alle tasse da pagare.




















































La «pace fiscale» doveva essere lo strumento decisivo per indurre i contribuenti alla fedeltà, ma rischia di rivelarsi un flop. Cosa che, al di là del problema in sé, ne pone un altro in termini di finanza pubblica. Il gettito del concordato (per la verità mai definito, in via prudenziale, dalle relazioni tecniche della Ragioneria) dovrebbe coprire almeno nelle intenzioni l’avanzamento della riforma Irpef, con la riduzione degli scaglioni e delle aliquote. Così come stanno le cose rischia di non assicurare nemmeno i soldi che servirebbero per confermare gli sgravi Irpef del 2023.

Per far fronte al problema il governo è già pronto ad attuare correttivi. Nei prossimi giorni, recependo le indicazioni delle Commissioni parlamentari, il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, porterà un decreto in Consiglio dei ministri per modificare sensibilmente i termini del concordato, rendendolo più appetibile per gli autonomi.

Flat tax al 10 o 15% per il maggior reddito

Si prevede di tassare con un’imposta sostitutiva, variabile dal 10 al 15%, a seconda dell’Isa dei contribuenti, il maggior reddito che le Entrate dovessero chiedere a chi aderisce al patto. Un bello sconto rispetto all’applicazione dell’aliquota marginale, che potrebbe arrivare oltre il 40%. Il Parlamento, nel suo parere all’esecutivo, ha chiesto la «flat tax» sugli incrementi reddituali come «condizione» per esprimere il parere positivo al provvedimento, e il Consiglio dei ministri dovrà tenerne conto.

Acconti al fisco a rate per chi aderisce al concordato

L’altra richiesta del Parlamento, quella di rateizzare il pagamento degli acconti al fisco al momento dell’adesione al concordato, in modo da alleggerire il peso immediato dell’operazione per i contribuenti, sembra invece più difficile da tradurre in una norma di legge. Gli uffici dell’Economia, almeno per il momento, non hanno ancora trovato una strada praticabile. Anche tenendo conto dei correttivi che lui stesso ha sollecitato, e che rischiano di essere accolti solo in parte, il leghista Massimo Garavaglia, presidente della Commissione Finanze del Senato, resta scettico sul successo dell’operazione, che resterebbe comunque poco attraente.
Fatto sta che l’esito del concordato rischia di complicare il compito del ministro Giorgetti nella messa a punto del bilancio 2025. 

Le risorse da recuperare per confermare gli sgravi fiscali e previdenziali

Per rispettare le nuove regole Ue di finanza pubblica e confermare gli sgravi fiscali, contributivi e previdenziali varati nel 2023 servono più di 30 miliardi di euro. Tra 10 e 12 miliardi servirebbero per ridurre il deficit seguendo le indicazioni della Ue, altri venti servirebbero per confermare il taglio del cuneo fiscale e il primo modulo della riforma Irpef con le tre aliquote. In parte quest’ultima operazione, che costa 4 miliardi l’anno, è coperta dal taglio degli incentivi alle imprese. Per il resto si contava sul gettito del concordato, che ora vacilla. Gli sgravi Irpef saranno comunque confermati, perché sarebbe politicamente insostenibile fare il contrario, ma difficilmente nel 2025 si riuscirà ad andare oltre. Mentre la partita con l’evasione resta aperta.

LE REGOLE

– Il concordato fiscale biennale è previsto dalla riforma fiscale per favorire l’adempimento dei contribuenti alle richieste del fisco. È aperto agli autonomi forfettari e soggetti agli Isa
Aderendo al concordato biennale i contribuenti accettano di pagare la somma richiesta dal fisco nel biennio 2024-2025 e in cambio ottengono la garanzia di non subire controlli da parte dell’amministrazione
– L’adesione al concordato fiscale biennale da parte del contribuente avviene con la presentazione della dichiarazione dei redditi 2023. La finestra va quindi da maggio alla fine di ottobre di quest’anno
– A stabilire quanto si dovrà pagare sarà l’Agenzia delle entrate sulla base dei dati forniti dai contribuenti. Il periodo di riferimento è il 2023. La pretesa sarà più alta per i contribuenti meno affidabili
– Per rendere più appetibile il concordato si valuta di applicare una tassa piatta, tra il 10 e il 15%, sul maggior reddito denunciato, invece dell’aliquota Irpef marginale.

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25 luglio 2024 ( modifica il 25 luglio 2024 | 08:20)

 

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