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Ritorna la pace contributiva, lo strumento che permette ai lavoratori di riempire (riscattandoli senza interessi) i “buchi” di mancati versamenti pensionistici durante la propria vita lavorativa. Periodi da colmare per anticipare la possibilità di maturare il diritto alla pensione e per incrementare il futuro assegno.

Questioni molto sentite in una fase storica nella quale sono cresciuti sia il turnover lavorativo sia il precariato, senza dimenticare che l’età di ritiro, per chi non può accedere alle formule di uscita anticipa, è di 67 anni con un minimo di 20 anni di versamenti.

Pensioni, riscatto fino a 5 anni con pace contributiva: chi può richiederla e come presentare domanda

I TERMINI

Ieri l’Inps ha annunciato l’avvio di questa misura – si potrà richiedere fino al 31 dicembre del 2025 – che è stata inserita nella scorsa legge finanziaria. E rispetto alla precedente sperimentazione – quella tra gli anni 2019 e 2021 – l’accesso è garantito soltanto ai soggetti interessati interamente dal sistema contributivo, quindi con l’assegno pensionistico calcolato in base a quanto versato. Non a caso, non devono esserci contributi versati precedenti al Primo gennaio del 1996.

Per la cronaca, con la precedente sperimentazione furono presentate nell’arco di un triennio 13.553 domande. Cioè circa 4.500 all’anno e secondo gli esperti del settore si resterà anche adesso su questi volumi.

Come detto, lo strumento permette di aggiungere fino a 5 anni di contributi, riscattando periodi non coperti da contribuzione (neppure in altri fondi previdenziali) tra il 31 dicembre 1995 e il Primo gennaio 2024. Possono attivarlo tutti gli iscritti all’assicurazione generale obbligatoria, quindi alla gestione ordinaria, alle cosiddette forme sostitutive ed esclusive, alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, commercianti e artigiani, oltre che alla gestione separata. Possono presentare la domanda anche gli eredi o i parenti (affini entro il secondo grado) del lavoratore oppure, ma solo nelle gestioni private, i datori.

C’è la facoltà di recuperare periodi non continuativi tra il 1995 e l’inizio del 2024, purché non superiori ai 5 anni. Per quantificare l’onere che il lavoratore deve riconoscere all’Inps, bisogna basarsi su un calcolo a “percentuale”: nel quale va applicata l’aliquota contributiva di finanziamento in vigore alla data di presentazione della domanda nella gestione pensionistica dove si opera il riscatto, la retribuzione assoggettata a contribuzione nei dodici mesi meno remoti al periodo da recuperare (quindi, quando si è lavorato stabilmente), il tutto rapportato agli anni da riscattare. Rispetto al passato non si può applicare una detrazione del 50 per cento sulla spesa finale, ma l’onere diventa deducibile sul reddito totale che si presenta in dichiarazione.

LE RATE

Due le possibilità di versamento: in un’unica soluzione oppure fino a un massimo di 120 rate mensili, «ciascuna – spiega l’Inps – di importo non inferiore a 30 euro, senza l’applicazione di interessi». La pace contributiva non si può attivare per gli stessi periodi dove è stato già riconosciuto il riscatto con l’accredito del servizio militare oppure della maternità al di fuori del rapporto di lavoro.

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