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Nel Day After i mercati, gli analisti e gli strategist continuano a interpretare quanto è emerso sia dal comunicato pubblicato dall’Eurotower, relativo alla decisione dell’istituzione di lasciare invariati i tassi dell’area euro, sia i messaggi arrivati con le dichiarazioni rilasciate in conferenza stampa dalla presidente Christine Lagarde.

Come ampiamente atteso, la Banca centrale europea ha lasciato i tassi sui depositi, i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principale e i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento marginale dell’Eurozona fermi rispettivamente al 3,75%, al 4,25% e al 4,50%, dopo il mini taglio annunciato il 6 giugno scorso, pari ad appena 25 punti base.

Una decisione ampiamente attesa, che non è stata accompagnata tuttavia dalla soluzione del rebus su quanto accadrà a settembre e in generale nel resto del 2024.

Di conseguenza, il tono dei mercati è negativo, complice anche il sell off che si è abbattuto su Wall Street e che stavolta ha contagiato anche il Dow Jones, alimentando così qualche dubbio sulla narrativa di quella rotazione dei trader dai titoli tecnologici alle small cap e alle blue chip che da un po’ è diventata grande argomento di discussione tra gli esperti di borsa.

Vendite anche in Asia, dove l’azionario si è allineato al sentiment negativo dell’azionario degli States, così come stanno facendo le borse europee.  Di nuovo giù lo Stoxx 600, che ha chiuso in rosso ieri per la quarta seduta consecutiva. L’indice Ftse Mib di Piazza Affari arretra di oltre mezzo punto percentuale, scendendo attorno a 34.330 punti.

Per quanto riguarda l’euro, prosegue la ritirata della moneta unica che ieri, poco prima dell’annuncio sui tassi della Bce, era salito al record degli ultimi quattro mesi a quota $1,0947, recuperando tutte le perdite delle ultime settimane, quando era stato attaccato dai sell a causa dell’incertezza piombata sui mercati dopo l’annuncio shock relativo alla decisione del presidente francese Emmanuel Macron di indire le elezioni anticipate.

Le parole di Lagarde devono essere suonate tuttavia piuttosto dovish al forex, tanto che l’euro è tornato a perdere terreno nella sessione di ieri, scommettendo sull’arrivo di un taglio da parte della Bce a settembre.

Nei confronti del biglietto verde, la valuta europea cede oggi a metà giornata lo 0,16%, bucando la soglia di $1,09 e oscillando attorno a $1,0879.

La Bce non tocca tassi di interesse euro. La mossa ‘anti’ BTP

Nella giornata di ieri, la Bce di Christine Lagarde ha annunciato lo status quo sui tassi.

Nessuna grande sorpresa, visto che gli analisti e gli stessi mercati si erano già da un po’ proiettati verso la riunione di settembre, nel prevedere un secondo taglio dei tassi dopo quello di giugno, successivo alla carrellata di strette monetarie anti-inflazione lanciata dall’Eurotower nel 2022 e nel 2023.

Così si legge nel comunicato della Bce:

“Il Consiglio direttivo ha deciso oggi di mantenere invariati i tre tassi di interesse di riferimento della Bce. Le nuove informazioni confermano sostanzialmente la valutazione precedente del Consiglio direttivo circa le prospettive di inflazione a medio termine. Sebbene alcune misure dell’inflazione di fondo siano aumentate lievemente a maggio a causa di fattori una tantum, per la maggior parte sono rimaste stabili o sono diminuite leggermente a giugno”.

“In linea con le aspettative – si legge nel comunicato –  l’impatto inflazionistico dell’elevata crescita salariale è stato assorbito dai profitti”, in un contesto in cui “la politica monetaria mantiene restrittive le condizioni di finanziamento”.

“Al tempo stesso – ha avvertito nuovamente la Bce – le pressioni interne sui prezzi restano alte, l’inflazione dei servizi è elevata ed è probabile che l’inflazione complessiva rimanga al di sopra dell’obiettivo fino a gran parte del prossimo anno”.

La banca centrale ha ribadito di conseguenza tutta la sua determinazione ad “assicurare il ritorno tempestivo dell’inflazione al suo obiettivo del 2% a medio termine”.

Per questo motivo, Francoforte “manterrà i tassi di riferimento su livelli sufficientemente restrittivi finché necessario a conseguire questo fine. Per determinare livello e durata adeguati della restrizione, il Consiglio direttivo continuerà a seguire un approccio guidato dai dati in base al quale le decisioni vengono definite di volta in volta a ogni riunione. In particolare, le decisioni sui tassi di interesse saranno basate sulla sua valutazione delle prospettive di inflazione, considerati i nuovi dati economici e finanziari, della dinamica dell’inflazione di fondo e dell’intensità della trasmissione della politica monetaria, senza vincolarsi a un particolare percorso dei tassi”.

Con il comunicato relativo alla decisione sui tassi, la banca centrale ha confermato anche che prosegue il suo piano di riduzione del suo bilancio.

Il portafoglio del PAA si sta riducendo a un ritmo misurato e prevedibile, dato che l’Eurosistema non reinveste più il capitale rimborsato sui titoli in scadenza”.

Il piano QT-Quantitative Tightening, insomma, va avanti:

non una buona notizia per i BTP e per tutti quei titoli di stato di paesi dell’area euro altamente indebitati che sono stati blindati per anni dal bazooka monetario QE firmato dalla Bce di Draghi.

I BTP stanno pagando tra l’altro in modo significativo la decisione della Bce di mettersi a dieta, riducendo le dimensioni del proprio bilancio.

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PEPP: l’assist pro BTP vicino alla fine

“Riguardo al Programma di acquisto per l’emergenza pandemica (pandemic emergency purchase programme, PEPP) – ha annunciato oggi la Bce –  l’Eurosistema non reinveste più tutto il capitale rimborsato sui titoli in scadenza, riducendo il portafoglio di 7,5 miliardi di euro al mese, in media. Il Consiglio direttivo intende terminare i reinvestimenti nel quadro di tale programma alla fine del 2024″.

Occhio anche a quest’ultima indicazione: la Bce ha smesso di reinvestire il capitale rimborsato sui titoli di stato in scadenza, iniziando a scaricare dal proprio portafoglio quei BTP & Co acquistati non nell’ambito del QE-Quantitative easing tradizionale (che continuano a essere mollati per l’appunto con il QT), ma attraverso il piano PEPP-QE pandemico, che è stato tanto oggetto di tanti dibattiti in questi ultimi mesi.

E’ stato tra gli esperti di debito italiano soprattutto Robin Brooks, capo economista @IIF, ovvero dell’Institute of International Finance, ed ex responsabile strategist forex di Goldman Sachs ad affermare fino a qualche giorno fa che i continui interventi della Bce fin troppo salvifici a favore dei paesi più vulnerabili (leggi indebitati) della zona euro, Italia in primis, si sono tradotti in una proliferazione di politiche fiscali sbagliate, pro-debito e pro-deficit.

Negli ultimi anni Brooks si è riferito soprattutto al PEPP, o anche QE pandemico, sfornato dalla stessa Lagarde nel periodo più drammatico della pandemia Covid-19, e considerato dall’economista un QE pro-Italia e un QT per gli altri  paesi virtuosi.

In ogni caso, Francoforte ieri ha rassicurato i mercati in merito all‘intenzione della Bce di continuare a “reinvestire in modo flessibile il capitale rimborsato sui titoli in scadenza del portafoglio del PEPP, per contrastare i rischi per il meccanismo di trasmissione della politica monetaria riconducibili alla pandemia”.

Inoltre, per l’Italia e i suoi BTP, e in generale per fronteggiare una eventuale nuova crisi dei debiti, c’è sempre quell’arma nota come scudo anti-spread TPI.

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Lagarde parla di Pil-tassi. Inflazione al target? Ecco quando

La presidente della Bce Christine Lagarde non è sfuggita alla domanda che sta assillando da diverse settimane i mercati, che da altrettante settimane erano ormai rassegnati alla prospettiva di nessun taglio dei tassi di interesse nel meeting di luglio.

Ma Lagarde si è attenuta al solito copione, che le impone di tenere la bocca ben cucita, vista l’incertezza del contesto economico e geopolitico in cui la Bce si trova ad operare.

Non c’è un percorso predeterminato per il mese di settembre – ha detto, interpellata durante la conferenza stampa successiva all’annuncio sui tassi – A essere presi in considerazione saranno le proiezioni di settembre e altri dati”.

La numero uno dell’Eurotower ha confermato che la decisione sui tassi di oggi è stata “unanime”,  rimarcando anche che  “dipendiamo dai dati, non un dato preciso”.

Detto questo, che un altro taglio dei tassi in Eurozona non sia urgente è un dato di fatto, visto che l’economia del blocco continua a mostrarsi resiliente.

Altro dato di fatto è però anche quanto ha detto Christine Lagarde nel dare il via alla conferenza stampa di ieri:

E’ probabile che nel secondo trimestre (del 2024) la crescita (del Pil) sia stata più lenta rispetto a quella del primo trimestre”.

Lagarde ha anche aggiunto che “i rischi sulla crescita economica sono al ribasso”.

Per quanto riguarda invece, “la maggior parte dei dati – ha rilevato la presidente dell’Eurotower – si è mostrata stabile o in calo”.

Tuttavia “i salari stanno ancora salendo a un ritmo elevato”, anche se gli ultimi sondaggi indicano che la crescita “modererà il passo l’anno prossimo”.

In generale, “l’inflazione è attesa oscillare attorno ai livelli attuali per il resto dell’anno, in parte a causa degli effetti energetici di base, per poi scendere al target (del 2%) nel secondo semestre del 2025″.

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Niente bis taglio tassi Bce: ma parole Fed lasciano sperare

Sulla possibilità che la Bce potesse fare il bis di quel taglio dei tassi di giugno nella riunione del Consiglio direttivo, terminata ieri, giovedì 18 luglio 2024, i mercati ci avevano sperato, anche prima dell’annuncio della prima sforbiciata di un mese fa.

Erano state poi le dichiarazioni rilasciate da Lagarde e da altri esponenti del Consiglio direttivo a frenare le speculazioni, fino ad affossarle.

Il vero colpo di grazia alle scommesse sul bis era arrivato in particolare dalle minute relative al meeting del 6 giugno, che avevano confermato quanto temuto da diversi analisti:

quel primo taglio dei tassi in Eurozona era stato davvero un taglio “hawkish”, oltre a essere quasi obbligato.

Altre indicazioni non proprio a favore di un’ennesima riduzione imminente dei tassi erano arrivate dal fronte macroeconomico, che già prima del taglio di giugno aveva sfornato il deludente rapporto sui salari negoziati.

La verità è che l’inflazione, soprattutto l’inflazione core, morde ancora, condizionata dall’inflazione dei servizi e dal trend dei salari.

Nel rimarcare la determinazione a far tornare il tasso di inflazione al target del 2%, la presidente Christine Lagarde aveva così già detto chiaro e tondo, parlando in occasione del forum delle banche centrali di Sintra, che non c’è alcuna fretta di tagliare ancora i tassi: messaggio reiterato anche qualche giorno dopo, sempre da Sintra, insieme al presidente della Fed Jerome Powell.

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Per la Bce, buone notizie sono arrivate però in questi ultimi giorni proprio dalla Fed, i cui ripetuti attenti lanciati contro l’inflazione ancora persistente avevano frenato più volte, all’inizio dell’anno, le scommesse dovish sui tassi sui fed funds Usa e, di conseguenza, anche sui tassi dell’area euro.

Poi, la sorpresa, con indicatori macro che hanno confermato di recente la ripresa del processo disinflazionistico americano apparentemente interrotto all’inizio del 2024:

in particolare il recente dato relativo all’inflazione Usa sembra davvero aver – se non convinto- almeno portato Powell ad accarezzare l’idea di fare la grande mossa, e a fare anche una importante ammissione, per la gioia delle colombe che guardano anche alla Bce.

Il grafico verità sull’inflazione che fa sorgere il grande dubbio

Qualcosa di incredibile e probabilmente di non molto popolare è stato riportato tuttavia ieri dall’esperto dei mercati Holger Zschaepitz, che su X – con il suo account @Schuldensuehner – ha pubblicato il seguente post, prima dell’annuncio dei tassi da parte della Bce:

“Buongiorno nel giorno della Bce dalla Germania, dove non si intravede la necessità di ulteriori tagli dei tassi di interesse. La regola di Taylor suggerisce che il tasso di interesse appropriato dovrebbe essere pari al 5,75%, 150 punti base in più rispetto al tasso attuale del 4,25% (riferimento ai tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principale)”.

Motivo? L’inflazione core, ha fatto notare l’esperto, “è ancora alta al 3,3%, molto al di sopra del target del 2% della Bce”.

Il post ha confermato il dibattito particolarmente acceso, in corso da anni ormai tra gli economisti ma anche tra i semplici cittadini dell’area euro. Oggetto del dibattito, il dubbio cocente delle colombe che la Bce di Lagarde abbia sbagliato tutto nell’alzare ripetutamente i tassi negli anni 2022 e 2023 e che stia tuttora sbagliando a non continuare a tagliare i tassi dopo il primo atto del 6 giugno scorso.

Dall’altro lato, la persistenza dell’inflazione dei servizi e la crescita sostenuta dei salari vengono citate da diversi economisti come motivi più che validi per giustificare l’operato della Banca centrale europea.

L’annuncio sui tassi della Bce è stato seguito da diversi commenti.

Ulrike Kastens, economista per l’Europa di DWS, ha scritto nella nota “Prospettive di inflazione equilibrate – previsto un prossimo taglio dei tassi a settembre” che, “come previsto, la Banca Centrale Europea (Bce) non ha abbassato i tassi di interesse e non ha apportato modifiche alla sua comunicazione monetaria”.

Kastens ha motivato lo status quo facendo notare che “le dichiarazioni sull’inflazione rimangono equilibrate”, fattore che porta a ritenere che la Bce sia “in attesa di ulteriori dati, in particolare di un rallentamento dell’aumento dei salari”.

“Ciò potrebbe lasciare spazio a un ulteriore allentamento delle restrizioni di politica monetaria. Prevediamo ancora il prossimo taglio dei tassi di interesse a settembre”, ha ribadito l’economista.

Idem Kiran Ganesh, direttore degli investimenti di UBS Global Wealth Management che, interpellato dalla CNBC ha detto che, a suo avviso, la Banca centrale europea “è ancora molto aperta alla possibilità di tagliare i tassi a settembre, cosa che noi riteniamo piuttosto probabile”.

Ganesh ha dato anche un consiglio operativo, invitando i clienti a “spostarsi dal cash e a posizionarsi a favore dei tassi di interesse attuali, prima che scendano”.

Per quanto riguarda invece l’euro, il CIO ha sottolineato che, in questa situazione, “sia l’euro che il dollaro potrebbero trovarsi su una strada simile a livello di tassi di interesse“.

Di conseguenza, “consigliamo di guardare a quelle valute le cui rispettive banche centrali sono forse più vicine alla fine dei loro cicli di tagli dei tassi, come nel caso della Svizzera, da cui ci aspettiamo solo un altro taglio dei tassi di interesse”.

Intermonte, Cesarano: outlook tassi Bce e Fed. Quanti tagli?

A dire la sua anche Antonio Cesarano, Chief Global Strategist di Intermonte, che ha definito il meeting di ieri della Bce “una riunione sostanzialmente interlocutoria, con pochi spunti addizionali”, elencando alcuni “principali temi toccati da Christine Lagarde”:

  • I rischi sulla crescita sono orientati al ribasso, prevalentemente per via della variabile geopolitica.
  • I salari hanno subìto un’accelerazione nel primo trimestre, ma l’impatto sui prezzi al consumo è stato contenuto, dal momento che le aziende hanno parzialmente assorbito i rialzi ridimensionando i profitti.
  • L’inflazione è attesa rimanere intorno ai livelli attuali per il resto dell’anno.
  • La revisione del framework di politica monetaria dovrebbe essere completata nella seconda parte del 2025. Non saranno, però, presi in esame né la revisione del target dell’inflazione, attualmente al 2%, né l’esplicitazione dei Dots, cioè le stime anonime dei policymaker per i prossimi tre anni.
  • Sul tema di un possibile taglio dei tassi a settembre, Lagarde ha precisato che la decisione è
    “ampiamente aperta” e ha ribadito l’approccio data dependent. La Bce sarà presterà particolare
    attenzione anche alle decisioni di politica economica degli altri Paesi, soprattutto sul tema dazi.

In sintesi – ha concluso Antonio Cesarano di Intermonte, concentrandosi sia sulla Bce che sulla Fed – la riunione di oggi (dell’Eurotower) si è dimostrata interlocutoria, in linea con le attese”.

“Da evidenziare il fatto che i rischi sulla crescita siano al ribasso e che il rialzo salariale (tipico effetto ritardato delle fasi di inflazione elevata) sia in parte assorbito dalle aziende attraverso il contenimento dei margini. Resta dunque invariata l’attesa di due ulteriori tagli della Bce entro fine anno”.

Sui tempi, Cesarano si è ricollegato alle mosse attese dalla Fed guidata da Jerome Powell:

Se il prossimo taglio arriverà già a settembre o si dovrà aspettare ottobre dipenderà anche dalle decisioni della Fed, che a settembre si pronuncerà sei giorni dopo l’Eurotower. Ad ogni modo, la riunione Bce di settembre sarà preceduta dal simposio di Jackson Hole (22 – 24 agosto), che potrebbe anticipare le future mosse della Fed. Indicazioni ulteriori potrebbero arrivare anche dalla riunione della Fed del 31 luglio, quando ad esempio potrebbe essere modificato o addirittura omesso l’aggettivo ‘elevata’ che finora ha sempre accompagnato l’inflazione”.

Per il responsabile strategist di Intermonte, “l’anno potrebbe concludersi con un totale di tre tagli sia per la Bce che per la Fed. La prima potrebbe effettuare i prossimi tagli in settembre e dicembre, in corrispondenza dell’aggiornamento delle stime su Pil e inflazione, ipotizzando un’apertura forte della Fed al taglio di settembre a Jackson Hole, insieme a qualche indizio nella riunione del 31 luglio”.

Fabio Castaldi, Senior Investment Manager di Pictet Asset Management ha fatto notare l’assenza di sorprese in questa ultima riunione pre-ferie di Lagarde, ponendo l’accento sui “tassi invariati” e sull’assenza di una “forward guidance su come la Banca Centrale approccerà il meeting di settembre”.

“Gli elementi che guideranno le decisioni della Bce – ha sottolineato Castaldi – saranno l’osservazione del trend sull’inflazione e l’evoluzione dei dati che impatteranno le proiezioni future della stessa. La prima riunione al rientro della pausa estiva sarà senz’altro ‘live’ e data dependent. Rimaniamo dell’idea che, al di là dei dati europei, saranno altrettanto importanti quelli provenienti dagli Stati Uniti e la conseguente decisione della Federal Reserve. Lo scenario centrale, a nostro avviso, è quella di un taglio da parte di entrambe le banche centrali nel mese di settembre”.

Álvaro Sanmartín, responsabile economista di Amchor IS, ha fatto notare che “Lagarde, evitando di fornire una forward guidance esplicita”, ha comunque detto durante la conferenza stampa che “la decisione di settembre è ‘ampiamente aperta’”. Ma cosa significa esattamente questa frase? Secondo Sanmartìn, “l’impressione è che, se l’inflazione, i salari e l’attività si comporteranno come previsto dalla Bce, assisteremo a un taglio dei tassi a settembre” e che “chiaramente, la Bce non avrà bisogno di vedere un calo a breve termine del tasso d’inflazione annuale per tagliare i tassi” nella prossima riunione.

“È sufficiente che non si verifichino sorprese negative significative – ha spiegato l’economista di Amchor IS – Allo stesso modo, il fatto che la Bce veda rischi al ribasso per l’attività economica fa pensare che voglia ridurre i tassi a settembre, purché l’inflazione si comporti come previsto”. In tal senso, ha continuato Sanmartìn, “gli indicatori anticipatori dei salari segnalano già segnali di moderazione”. Di fatto, “i salari stanno recuperando terreno rispetto all’inflazione passata, ma non si prevede una crescita particolarmente forte se si guarda al 2025”. A questo punto, come ha detto la stessa Lagarde, “la Bce riceverà ‘molte’ nuove informazioni da qui a settembre, il che pone implicitamente le premesse per un taglio dei tassi in quel mese, a meno di sorprese di rilievo”.

Nicolas Forest, CIO di Candriam, ha ricordato l’avvertimento sull’inflazione lanciato dalla banca centrale europea:

“Nonostante il significativo calo dei tassi di inflazione (scesi a circa il 2,5%), la Bce ritiene che le pressioni interne rimangano troppo elevate (forte mercato dell’occupazione ed elevato costo del lavoro). Tuttavia la crescita è orientata al ribasso. Dopo un primo taglio dei tassi a giugno, il mercato prevede altri due tagli entro la fine dell’anno. Ciò corrisponde alle nostre aspettative, poiché le dinamiche dell’inflazione dovrebbero continuare a sostenere un ulteriore allentamento”.

D’altronde, “l’attuale tasso di interesse reale rimane significativamente alto, il che potrebbe giustificare una normalizzazione della politica monetaria”. Detto questo, “nella sua conferenza stampa, Christine Lagarde è rimasta relativamente cauta, sottolineando un approccio dipendente dai dati”. Forest ha sottolineato che “la conferenza stampa è stata anche l’occasione per ricordare ai Paesi europei le regole fiscali che devono rispettare, un messaggio rivolto ai governi tentati di perseguire un maggiore allentamento fiscale, soprattutto se i tassi scenderanno ulteriormente”.



 

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