Finalmente, dopo lunghi mesi di attesa Bruxelles ha sbloccato il «prestito ponte del Mef» di 320 milioni di euro, per l’Acciaierie d’Italia, AdI. Una manna dal cielo, necessaria per completare la manutenzione e per l’acquisto di minerali per far ripartire gli altiforni, nella fattispecie l’altoforno 4 in marcia ridotta. Il che permetterà, con il ritorno alla produzione di restituire la somma, con tasso annuo dell’11,6% , al Mef in tempi congrui, evitando di configurarsi come aiuto di Stato. Il via libera del «prestito» si ascrive al buon lavoro della gestione commissariale, la cui validità del piano industriale è fuori discussione.
Bisogna dare atto, altresì, che i commissari as stanno facendo un gran lavoro di rinnovamento all’interno di AdI del management. Relazioni sindacali zero spaccato, nicchie di potere e grumi di privilegi si erano consolidate negli anni e lo stabilimento anche per questo era in un forte stato di sofferenza, perdendo efficienza e produttività. La battaglia condotta per il trasferimento dell’Ufficio acquisti da Milano a Taranto, attraverso le colonne della Gazzetta del Mezzogiorno, fonti attendibili dicono che abbia prodotto i suoi frutti: sarà trasferito in giorni stabiliti a Taranto. Grazie all’impegno soprattutto dei tre commissari, tra cui quello di Giancarlo Quaranta, dovrebbe avvenire il trasferimento, seppure parziale, di questo importante Ufficio. Il che sarebbe stato fatto per venire incontro agli imprenditori delle aziende tarantine dell’indotto. Che stanno lavorando per la manutenzione degli impianti di AdI, senza la quale avremmo avuto più di qualche situazione drammatica. Gli imprenditori, tra l’altro, vantano crediti – circa 120 milioni di euro- maturati nella precedente gestione Morselli. E stanno facendo di tutto per non far mancare il loro contributo lavorativo e il governo dovrebbe tenerne conto.
Il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, in seguito a delle dichiarazioni rilasciate da Adolfo Urso al «Forum in Masseria», in quel di Manduria organizzato da Bruno Vespa, non ha potuto celare il suo disappunto e ha «sbroccato»: «Ogni giorno ne sentiamo una nuova: mi sembra molto complicato mettere l’Ilva sul mercato. Mai visto un acquirente per una azienda in quelle condizioni, con gli impianti arrugginiti e solo un altoforno e mezzo in funzione». Al che, mi sono ricordato di Giulio Anselmi, vice direttore del Corriere della Sera, che scrisse un articolo sulla crisi Finsider – Italsider in profondo rosso, cioè con deficit miliardario, dal titolo: «Il tubo arrugginito» e da lì a poco, nel 1989, la siderurgia pubblica cambiò nome e management. Bad company : Finsider – Italsider e New company Ilva e amministratore delegato, Giovanni Gambardella. Fu un manager che lanciò il progetto «Utopia», per il superamento dell’area a caldo a Cornigliano. Fu scelto Ilva nome latino dell’Isola d’Elba, facendo riferimento alle miniere ferrose elbane. Sono passati decenni e la ruggine dell’acciaio resta immutata. La storia dell’acciaio di Stato è stata ed è un’odissea nel vero senso del termine.
Per lunedì, i commissari e le organizzazioni sindacali, sindaco di Taranto, sono in audizione, presso la V Commissione Ambiente della regione Puglia per discutere della sentenza della Corte di giustizia europea sulle questioni che riguardano la produzione e l’impatto sanitario.
Rocco Palombella, con gli altri segretari dei sindacati metalmeccanici, è allarmato per i 5200 operai a rotazione in CIGS, di cui 4400 solo a Taranto. Davanti a questo numero impressionante di cassintegrati ci sarà, al più presto, un incontro tra Ministero del lavoro e organizzazioni sindacali e prima delle ferie estive una riunione a Palazzo Chigi, per fare il punto della preoccupante situazione industriale di AdI. Il ministro, bontà sua, si mostra sempre ottimista e al Forum Vespa ha lanciato un quarto player siderurgico, pertanto, ci sono gli indiani Jindal di Vulcan Green Steel, Steel Mont e il gruppo ucraino – olandese Metinvest. Il quarto gruppo è spuntato fuori dal cilindro di Urso ed è Stelco Holdings, con sede a Hamilton in Ontario – Canada- fondata nel 1910, il più grande gruppo siderurgico canadese. Chi è Stelco? lo scorso anno ha prodotto oltre 2 dei 12 milioni di tonnellate d’acciaio del Canada. Non è che faccia molta produzione, per esempio, l’Altoforno 4 produrrà, quando uscirà dalla marcia ridotta in cui si trova, pressappoco lo stesso tonnellaggio. Di certo, avendo chiesto al ministro Urso di visitare lo stabilimento tarantino, significa che il gruppo è interessato a entrare nel mercato italiano ed europeo. Sulla Stelco bisogna dire che nel 2007, dopo 100 di vita industriale, dichiarò il fallimento e fu acquistata dalla Us Steel. Per nostra scienza e coscienza il migliore acquirente resta Metinvest, avendo ciò che gli altri non hanno: i minerali ferrosi.
In che stato è l’AdI ? Rocco Palombella, in poche battute ha detto tutto, ma si è tenuto a debita distanza per quanto riguarda la ragnatela di pendenze giudiziarie di tutti i tipi da quelle ambientali a quelle penali. Ultima inchiesta è la truffa sulle quote di Co2, vale a dire inquinamento ambientale e rimozione dolosa di cautela contro gli infortuni. L’inchiesta parte dalle emissioni e vuol fare chiarezza sulla gestione di AdI nel periodo pubblico privata: Invitalia e Arcelor Mittal. Tra i 10 indagati c’è, altresì , l’ad dell’epoca, Lucia Morselli. In sintesi, sono colpevoli di aver alterato a favore di AdI il fattore di emissione per ottenere un superiore numero di quote. Una brutta storia che a Bruxelles ha fatto scalpore e ha richiesto il maltolto. Tuttavia, il problema sollevato più volte dal presidente Federacciai ed Advisor di Confindustria su Autonomia strategica europea, Antonio Gozzi, che di siderurgia ne sa come pochi, è di capitale importanza: bisogna sapere se, nel 2030, gli altiforni Ue avranno più quote gratuite per l’emissioni di Co2. A nostro avviso, se non si scioglierà questo nodo, alcun piano industriale può essere messo a punto. E se non si scioglierà in modo positivo: addio siderurgia dell’Unione europea.
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