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Dopo l’aumento dello 0,25% del costo del denaro deciso dalla Bce, l’Euribor ha ripreso lentamente a salire, con il trimestrale che si è ormai attestato attorno al 3,6%. Siccome si dà per molto probabile che a luglio Francoforte effettuerà un’altra manovra al rialzo di 25 centesimi chi ha in corso un mutuo variabile, soprattutto se di lunga durata residua, ha di che preoccuparsi. Anche perché ormai la surroga appare una scelta fuori tempo massimo: le richieste di «rottamazione» sono in aumento, ma la percentuale di rifiuti sarebbe, stando alle nostre fonti, molto elevata e anche la strada della rinegoziazione con il proprio istituto è molto complicata da percorrere.
L’Associazione bancaria italiana segnala nel suo ultimo rapporto che a maggio il tasso medio dei mutui di nuova erogazione alle famiglie ha toccato il 4,2%, due punti in più nel giro di un anno. Si tratta di un valore che non distingue tra finanziamenti fissi e variabili. Nella tabella sulle condizioni praticate dalle banche, elaborata dal sito del broker mutuiOnline.it, vediamo che per un finanziamento da 140mila euro a 20 anni i cinque istituti più convenienti alla data del 15 giugno offrivano tassi effettivi sotto il 4% mentre per lo stesso finanziamento ma di durata trentennale si parte addirittura sotto il 3,5%.

I pro e contro

Continua quindi l’andamento atipico dei tassi che vede il costo dei finanziamenti (determinato dall’andamento del parametro Eurirs, che misura il costo del denaro da un anno in su) scendere progressivamente per le durate oltre i 15 anni. Fenomeno che non si verifica per i mutui variabili, che a 20 anni si attestano attorno al 4,5% mentre i trentennali sono al 4,7%. A questo punto se si sceglie un mutuo a tasso fisso ci si potrebbe chiedere: avendo le risorse per pagare in venti anni, vale la pena allungare la durata fino a trenta? Ci sono pro e contro. I pro sono ovviamente il minore importo mensile e, fattore oggi non trascurabile, l’inflazione che finisce per erodere la spesa reale. I contro sono due: la spesa nominale complessiva sale molto, il debito si riduce meno. Vediamo in concreto, ipotizzando un mutuo da 150mila euro a 20 anni al 4% e uno a 30 al 3,8%. Il mutuo a 20 anni costa 909 euro al mese, il trentennale 699; la spesa complessiva per il ventennale è di 218.153 euro, per il trentennale si sale a 251.617, con un aggravio di spesa di quasi 33.500 euro. Se si vuole estinguere dopo cinque anni il ventennale ha un debito residuo di 122.886 euro, il trentennale di 135.228; in caso di estinzione dopo 10 anni il ventennale ha un debito residuo di 88.779 euro, il trentennale di 117.371. Bisogna quindi sborsare quasi 28.600 euro in più.

Le altre notizie su mutui e tassi

Tre esempi

Il livello dei tassi, benché alto, è compatibile con l’erogazione dei mutui per giovani fino a 36 anni non compiuti e garantiti dal fondo pubblico gestito da Consap. A tasso fisso è possibile prendere un mutuo al 100% a 30 anni attorno al 4%, mezzo punto in più per i variabili. Tra gli emendamenti al decreto omnibus già approvati alla Camera c’è anche l’estensione di altri tre mesi, fino al 30 settembre, della garanzia. Che cosa succederebbe ai mutui variabili già in corso se invece l’aumento del costo del denaro si riversasse interamente sul valore dell’Euribor, portandolo al 4% (il tasso Bce)?
Vediamo tre esempi. Iniziamo da un finanziamento a 25 anni da 200mila euro partito all’1,61% 10 anni fa con una rata di 810 euro. Con l’Euribor al 4% il nuovo esborso mensile salirebbe a 1.192 euro. Lo stesso mutuo però partito nel 2018 al tasso dell’1,07% (ricordiamo che l’Euribor per quasi 5 anni ha avuto valore negativo) aveva una rata iniziale di 760 euro che oggi potrebbe arrivare a 1.284. Infine, l’ipotesi peggiore: un finanziamento sempre da 200mila euro ma a trent’anni e partito solo due anni fa, al tasso dello 0,97%. La prima rata era di 705 euro, il rischio è di doverne pagare 1.401, praticamente il doppio.

 

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