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per battere le auto elettriche cinesi servono gli incentivi #finsubito prestito immediato


Le parole chiave sono “una mobilità pulita, sicura e accessibile, in una società democratica”. A pronunciarle è Carlos Tavares, ceo di Stellantis che – subito dopo l’ufficializzazione della sua pensione a inizio 2026 – si rivolge alla politica per lanciare un appello: fare squadra per il futuro dell’auto elettrica italiana, messo in pericolo da costi elevati e arrivo dei competitor cinesi.

Già, ma come risolvere? “Aiutiamo i clienti con incentivi”, propone il numero uno del costruttore alle commissioni Attività produttive di Camera e Senato, riunite per ascoltare il manager portoghese in un momento molto complicato nel settore. Soprattutto in Italia, dove i bonus alle vetture a zero emissioni si sono polverizzato nel giorno del lancio.

Nessun rinvio agli obiettivi green

“I consumatori – riferisce Tavares – ci dicono: ‘Volete che compri un’auto elettrica per salvare il pianeta? Allora vendetemela allo stesso prezzo dei veicoli a benzina e risolvete i problemi a rete di ricarica ed efficienza delle vetture’”.

Quella che affligge gli sconti all’acquisto non è però l’unica mancanza del Paese. Ciò che serve, secondo il ceo, è anche una maggiore certezza normativa. “Come Stellantis siamo pronti a rispettare gli obiettivi al 2025 e non chiederemo una modifica”, dichiara l’a.d., riferendosi alla proposta di alcuni costruttori di rinviare le scadenze fissate dall’Unione europea per combattere la CO2 da veicoli.

“Il riscaldamento globale è una realtà ed è nostra responsabilità fare qualcosa per le future generazioni. Più che litigare sui regolamenti, è meglio metterci d’accordo”.

Carlos Tavares, ceo di Stellantis, di fronte al Parlamento

Anche perché “se il resto del mondo compra una tecnologia che noi non vogliamo nel nostro Paese, come potremo produrre ed esportare veicoli? Un’Italia che va in direzione diversa dagli altri Stati – aggiunge – sarà un problema”.

Consulenza fiscale

Consulenza del lavoro

Terreno fertile per la Cina

Nella serie di eventi si aggiungono poi due nodi: i costi dell’energia necessaria alla produzione, che “in Italia sono doppi rispetto alla Spagna”, e lo sbarco dei competitor cinesi: “Mentre noi proviamo ad assorbire il 40% dei costi in più dell’auto elettrica, i cinesi hanno un vantaggio competitivo e i loro BEV hanno prezzi inferiori del 30%. Tutto questo aggiunge pressione, che dobbiamo gestire insieme”.

Scontro con la politica

Ma maggioranza e opposizione fanno fronte comune contro il manager, pretendendo più chiarezza e maggiori impegni su delocalizzazione della produzione, cassa integrazione dei lavoratori, stop alla produzione della Fiat 500e e futuro di Comau e gigafactory a Termoli.

“Gli stabilimenti richiedono investimenti enormi, utili solo se c’è la domanda dei consumatori. Se non volete più elettrificare il mercato, non faremo la gigafactory. C’è molta concorrenza, perché molti Paesi vogliono la fabbrica, ma Termoli rimane il sito privilegiato”, conclude Tavares.



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