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Elezioni Usa, Harris-Trump: come può cambiare il mercato auto americano #finsubito prestito immediato


A seconda che vinca la candidata democratica o quello repubblicano, cambierà anche il destino dell’automotive a stelle e strisce. Ecco i principali temi legati all’auto discussi durante le loro campagne: molte le analogie con il dibattito attualmente presente in Unione europea

Marco Bruckner

Il 5 novembre i cittadini americani saranno chiamati alle urne per eleggere il loro nuovo presidente. Gli elettori statunitensi potranno scegliere tra il candidato repubblicano Donald Trump, già presidente nel periodo 2017-2021 (i presidenti americani assumono la carica nel gennaio successivo alle elezioni), e la candidata democratica Kamala Harris, attuale vicepresidente degli Stati Uniti. Si tratta di elezioni cruciali, considerato il peso degli Usa nella politica mondiale e l’attuale situazione geopolitica. Al centro dei programmi dei candidati c’è anche il settore automotive. L’industria automobilistica è da sempre uno dei traini dell’economia americana da un punto di vista produttivo e occupazionale. In generale, i cittadini americani sono sensibili all’argomento auto, anche per una questione pratica: disporre di una vettura è fondamentale in gran parte degli Stati Uniti per potersi garantire degli spostamenti autonomi. Non bisogna infatti dimenticarsi le dimensioni del colosso nordamericano, Paese in cui il concetto delle distanze è molto diverso rispetto a quello dei singoli Stati europei. Andiamo dunque a scoprire quali potrebbero essere gli scenari per il mercato auto americano a seconda che vinca Donald Trump o Kamala Harris. Prima di continuare, è però importante mettere l’accento su un aspetto fondamentale: gli scenari qui presentati si basano sui programmi e sulle proposte fatte dai candidati in questi mesi di campagna elettorale. Non è dunque detto che si realizzino totalmente o anche solo parzialmente e soprattutto non bisogna pensare che queste misure o altre similari vengano adottate nell’immediato: il mandato presidenziale dura infatti 4 anni e il mercato automobilistico non è l’unica preoccupazione della Casa Bianca.

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donald trump

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Il candidato repubblicano Donald Trump non è un grande fan, per usare un eufemismo, delle normative ambientali. Già nel suo precedente mandato ha eliminato 125 normative ambientali. Il dibattito legato all’auto elettrica è presente e accesso anche a Washington, con Trump che si è detto favorevole a continuare a incentivare la produzione di vetture con motore a combustione interna. Anche in America i veicoli a batteria stanno avendo meno successo del previsto, motivo per cui alcuni sussidi adesso disponibili per le EV (electric vehicle) potrebbero essere dirottati verso le auto ibride. Ma non si può parlare di Trump e di auto elettriche senza citare Elon Musk. Il proprietario di Tesla è uno dei più grandi sostenitori (e finanziatori) dell’ex presidente: riuscirà il tycoon americano a schierarsi davvero contro l’industria di cui è leader uno dei suoi più grandi “alleati”? Altro tema centrale del mondo auto americano, e non solo, è quello relativo ai dazi. L’amministrazione Biden ha imposto dei dazi al 100% sulle auto elettriche cinesi, oltre ad aver proposto un divieto di utilizzo di componentistica di Pechino sui veicoli circolanti negli Usa. In un suo comizio, Trump ha formulato l’ipotesi di imporre nuovi dazi anche ad altri Paesi. L’obiettivo? Difendere la produzione industriale americana. L’ultimo esempio in tal senso è la dichiarazione su Stellantis durante un comizio in Michigan. L’ex presidente ha detto che se Stellantis sposterà la produzione dagli Usa al Messico gli verranno applicati dazi al 100%. Imporre dazi a dismisura potrebbe però provocare anche un effetto boomerang: i colossi dell’automotive americano, infatti, utilizzano molta componentistica straniera, se questa venisse eccessivamente tassata, i costi di produzione aumenterebbero e di conseguenza andrebbe a crescere anche il prezzo finale per i consumatori. L’ex presidente ha anche accennato, in uno dei suoi tanti comizi, a dei crediti fiscali destinati alla ricerca e sviluppo (R&D) per le aziende con sede negli Usa, tra le quali sarebbero incluse naturalmente anche quelle del settore automotive. 

kamala harris

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La candidata democratica Kamala Harris, attuale vicepresidente degli Stati Uniti, è una sostenitrice delle iniziative legate alla tutela dell’ambiente, tra cui gli incentivi mirati ad aumentare la produzione e la diffusione di auto elettriche. La sua amministrazione potrebbe puntare sia su un aumento dei crediti d’imposta attualmente presenti per l’acquisto di vetture elettriche (che arrivano ora fino a 7.500 dollari) che su un ampliamento della rete di stazioni di ricarica sul territorio statunitense. Quella dell’ansia da ricarica, a causa della vastità del Paese, è una problematica a cui gli automobilisti americani sono ancora più sensibili rispetto a quelli europei. L’attuale vicepresidente si è detta in disaccordo con la proposta di imporre dazi a più Paesi (oltre la Cina) fatta da Trump: secondo la candidata democratica gli Usa si esporrebbero al rischio di tassare prodotti essenziali per i propri cittadini. Difficile, invece, che ci sia un cambio di linea sulla Cina: gli attuali dazi li ha infatti imposti l’amministrazione di cui lei stessa fa parte. Un importante alleato per la Harris potrebbe essere l’Uaw (United auto workers), sindacato che nel 2023 ha indetto un grande sciopero che ha colpito i colossi dell’automotive americano (General Motors, Ford, Stellantis), i quali sono stati costretti infine a scendere a patti con l’unione sindacale guidata dal presidente Shawn Fain. Joe Biden, ai tempi, ha sostenuto la mobilitazione dell’Uaw, il che rappresenta uno dei motivi che ha portato il sindacato a parteggiare per la Harris in campagna elettorale. Trattandosi di un sindacato potente ed influente, potrebbe essere un elemento non da poco. Anche la vicepresidente ha parlato di investimenti e sussidi per le case auto americane, sia per quanto riguarda la componentistica sia per quanto concerne la conversione degli impianti per la produzione di veicoli elettrici. 

quanto cambierà il mercato auto?

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È difficile, se non impossibile, prevedere che impatto avranno nel concreto le elezioni del 5 novembre sul mercato automobilistico americano. Come detto in precedenza, il tema del settore automobilistico è caro agli americani e qualsiasi decisione verrà presa a riguardo potrebbe spostare, in positivo o in negativo, la lancetta della popolarità del futuro presidente. Come in Europa, la questione della conversione all’elettrico ha un enorme peso, nonostante l’attuale situazione di Washington sia meno affannosa rispetto a quella di Bruxelles: in America esistono infatti dei limiti alle emissioni, ma non dei divieti alla vendita di vetture con l’una o l’altra alimentazione. La scelta del divieto può essere presa dai singoli stati, come fatto dalla California. Quello dei dazi è un altro argomento spinoso: gli Stati Uniti, così come l’Unione europea, stanno cercando delle soluzioni per tutelare la propria produzione. Il bersaglio numero uno delle politiche doganali è la Cina, in risposta alla strategia aggressiva di Pechino nella produzione di auto elettriche a basso costo. Come detto in precedenza, per il lato repubblicano (Trump) la politica dei dazi potrebbe essere adottata anche nei confronti di altri Paesi. Per quanto le divergenze ci siano anche su questa questione, il tema legato ai dazi è forse quello su cui i candidati convergono maggiormente: ci sono differenze legate alla modalità, ma l’idea che gli Stati Uniti debbano proteggere la propria produzione interna, in particolare dalla Cina, è comune a entrambi i fronti. Per sapere come andrà, non resta che aspettare il 5 novembre, giorno in cui gli occhi di tutto il mondo, anche quello auto, saranno puntati su Washington. 



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