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La CTU è mezzo istruttorio e la motivazione di diniego del giudice può ricavarsi dalle argomentazioni o dal quadro probatorio #finsubito prestito immediato


La consulenza tecnica d’ufficio è mezzo istruttorio (e non una prova vera e propria) sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell’ausiliario giudiziario e la motivazione dell’eventuale diniego può anche essere implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato effettuata dal suddetto giudice.

Il principio è stato ribadito dalla Corte di cassazione, Sezione 3 Civile, con l’ordinanza del 26 settembre 2024, n. 25783, mediante la quale ha rigettato il ricorso, poiché inammissibile, e confermato la decisione resa dalla Corte di Appello di Milano con la sentenza n. 1761 del 2022.

La vicenda

La società Banca Delta S.p.A., premesso di aver stipulato in data 03/2011 un contratto di leasing immobiliare con la società Kappa Immobiliare S.r.l. avente ad oggetto un fabbricato industriale ad uso capannone da essa acquistato al solo scopo di concederlo in locazione finanziaria e che l’utilizzatrice non aveva adempiuto all’obbligazione di pagamento di canoni mensili, propose ricorso ex art. 702 bis c.p.c. nei confronti della società Kappa Immobiliare S.r.l. e di Ferro&Plastica di Dario Augusto (rispettivamente quale utilizzatrice dell’immobile concesso in leasing dalla banca e quale conduttrice del medesimo) per ivi sentir accertare e dichiarare l’intervenuta risoluzione di diritto del contratto di leasing immobiliare, e per sentir condannare entrambe le società alla restituzione del bene immobile.

Nella resistenza delle convenute il Tribunale di Milano accolse le domande, accertò l’intervenuta risoluzione del contratto di leasing alla data del 03/2016 e condannò entrambe le società al rilascio dell’immobile.

A seguito di appello interposto dalle parti soccombenti in prime cure, la Corte d’Appello di Milano, con sentenza n. 1761 del 2022, ha rigettato il gravame.

Avverso la sentenza della Corte di merito le società soccombenti hanno proposto ricorso per cassazione, sulla base di sette motivi.

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I motivi di ricorso

Con il terzo motivo (art. 360 co 1 n. 5 cpc) le parti ricorrenti hanno dedotto: nella sentenza impugnata si è omesso l’esame di un fatto decisivo ai fini della decisione della controversia, in quanto, nel non ammettere la CTU in ragione della mancanza della prova della erroneità del tasso, nella sentenza di secondo grado si ometteva di considerare che nel contratto di leasing é precisato che si indica come tasso di leasing il TAN e non il TIR, talché vi é la prova documentale che è indicato un tasso errato.

Con il quarto motivo, formulato ex art. 360, co 1, n. 4 cpc) (motivo proposto per il caso di mancato accoglimento di quello che precede) hanno dedotto: sono nulli procedimento e sentenza per violazione degli artt. 115 co. 1 cpc e 183 co. 7 cpc, per avere il Giudice di secondo grado non ammesso la CTU (percipiente) in mancanza di prova di ciò che la stessa CTU avrebbe dovuto dimostrare, ovvero la erroneità del tasso di leasing.

Con il quinto motivo, formulato ex art. 360, co 1, n. 5 cpc) (Motivo proposto per il caso di mancato accoglimento dei due motivi che precedono) hanno dedotto: la motivazione della sentenza é affetta da intrinseca illogicità e contraddittorietà, irriducibile contrasto tra affermazioni inconciliabili, relativamente alla valutazione di non ammissibilità della CTU, sul presupposto che dalla CTP versata in atti in limine litis dagli odierni ricorrenti non emergeva un principio di prova della fondatezza della eccezione secondo la quale era erroneo il tasso di leasing indicato in contratto, quando invece non é necessario un principio di prova perché una prova, o una CTU percipiente, sia ammessa.

La decisione in sintesi

La Corte di cassazione con la citata ordinanza n. 25783 del 2024, ha ritenuto i motivi inammissibili e ha rigettato il ricorso così confermando la decisione impugnata.

La motivazione

Il Collegio ha osservato che i motivi, esaminati congiuntamente in quanto connessi, sono ritenutiinammissibili sotto plurimi profili; innanzitutto, afferendo tutti alla mancata ammissione della CTU, con essi le ricorrenti hanno censurato una valutazione discrezionale del giudice di merito: al riguardo il Collegio ha ribadito il consolidato principio affermato dalla Suprema Corte secondo cui “la consulenza tecnica d’ufficio è mezzo istruttorio ( e non una prova vera e propria) sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell’ausiliario giudiziario e la motivazione dell’eventuale diniego può anche essere implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato effettuata dal suddetto giudice” (Corte di cassazione, Sez. 1, n. 15219 del 5/7/2007; Corte di cassazione, Sezione Lavoro, n. 9461 del 21/4/2020; Corte di cassazione, Sezione 6-1, n. 326 del 13/1/2020).

Ulteriore ragione di inammissibilità è derivata dal fatto che i motivi neppure si sono confrontati alla seconda e per certi versi assorbente ratio decidendi dell’impugnata sentenza secondo cui “l’eccezione di nullità non avrebbe potuto essere accolta neppure in astratto, e cioè a prescindere dalla mancata ammissione della CTU, per inapplicabilità dell’art. 117, 4° e 7° co. TUB in quanto le predette norme afferenti alla indeterminatezza del tasso e alle sanzioni conseguenti non hanno alcuna pertinenza al caso concreto in esame nel quale risultano pacificamente indicate in modo chiaro tutte le condizioni economiche dell’operazione finanziaria conclusa dalle parti tra cui la durata contrattuale, il corrispettivo complessivo, l’importo di ciascun canone e del prezzo per l’esercizio dell’opzione di acquisto”.

Né si può invocare la nullità prevista dal co. 6 del medesimo art. 117 TUB per i tassi di interesse in quanto il tasso leasing non è un tasso di interesse ma l’indicatore del costo dell’operazione finanziaria avente funzione di corretta informazione nei confronti del cliente utilizzatore.

L’obbligo di indicare il tasso leasing corrisponde a finalità di trasparenza e pubblicità che le parti non hanno mai allegato né hanno mai allegato che, se avessero conosciuto l’effettivo tasso applicato e quindi le reali condizioni dell’operazione finanziaria conclusa, non avrebbero proceduto alla stipula del contratto.

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Ecco il link alla decisione: Corte di cassazione, Sezione 3 Civile, ordinanza del 26 settembre 2024, n. 25783



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