Cadelbosco Sopra Davanti al giudice ha negato su tutti i fronti, affermando di ignorare che al pianterreno ci fosse un “laboratorio” della droga e di aver ricevuto ospitalità al primo piano, dove abita, in cambio della cura del casolare e del giardino. Questa la versione del tunisino di 62 anni, irregolare e incensurato, che è stato arrestato due giorni fa per i 25 chili di cocaina trovati in un casolare allagato di via Ponte Forca, nella frazione di Villa Seta a Cadelbosco Sopra. L’uomo è accusato di produzione, traffico e detenzione di sostanze stupefacenti, con l’aggravante dell’ingente quantità, in concorso con persone al momento non identificate – questo è il maggior interrogativo della vicenda. Il gip Andrea Rat ha confermato la custodia cautelare.
La scoperta è stata fatta nella notte tra domenica e lunedì dai carabinieri della Compagnia di Guastalla, in servizio ordinario di controllo del territorio; controlli notturni che, con l’alluvione quella sera in corso, sono stati intensificati. I militari sono andati a colpo sicuro, per effetto di un’indagine a monte che si protrae da tempo. Quel casolare si trova in aperta campagna, in mezzo al nulla, e appena entrati in un locale del pianterreno i carabinieri hanno trovato un vero e proprio tesoro: un laboratorio della cocaina che «per quantità, per le modalità di conservazione e per le circostanze concrete del rinvenimento», secondo il capo d’imputazione, «era destinata alla cessione a terzi». Nello stesso casolare sono stati rinvenuti documenti personali di tante altre persone, sia italiani sia stranieri: appartenenti a chi? Chi e che cosa transitava da quel casolare? Il riserbo da parte degli inquirenti e della Procura di Reggio Emilia è massimo poiché l’inchiesta, avviata da tempo, dev’essere conclusa, ma non si può non pensare alle precedenti operazioni nella stessa zona di aperta campagna: casolari cadenti affittati in nero ai clandestini da organizzazioni che si occupano di traffico di droga e, all’occorrenza, di esseri umani.
Giovedì in tribunale il 62enne, difeso dall’avvocato Giuseppe Caldarola, è stato sottoposto all’interrogatorio di garanzia. Si è dichiarato innocente, l’arrestato, affermando di avere ottenuto in affitto una stanza al primo piano in cambio del compito di pulire il cortile e di tenere in ordine l’ampio giardino: ospitalità in cambio di lavoretti, secondo il manovale. «Io non sono mai entrato in quella stanza al pianoterra, non sapevo cosa ci fosse», ha detto il 62enne, che si è definito un muratore che lavora in nero, da decenni in Italia. Il pm Denise Panoutsopoulos, sottolineando che l’imputato è senza fissa dimora (quindi è alto il pericolo di fuga), la gravità del reato e il presunto ruolo partecipativo, ha chiesto la conferma della custodia cautelare, accolta dal giudice per le indagini preliminari.
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