I penalisti foggiani hanno aderito in massa alla tre giorni di astensione indetta dall’Unione delle Camere Penali per esprimere il loro dissenso nei confronti del “Pacchetto Sicurezza” (DDL AC 1660-A), che contiene disposizioni in materia di sicurezza pubblica, tutela del personale in servizio, delle vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario.
“A Foggia l’adesione è stata del 95% dei penalisti,” ha dichiarato a FoggiaToday l’avvocato Massimiliano Mari, presidente della Camera Penale di Capitanata “Achille Iannarelli”, sottolineando che questa percentuale non tiene conto di quei processi per cui non è stato possibile astenersi, come le udienze camerali, quelle con imputati detenuti o quelle a rischio di prescrizione. “Si tratta di un risultato significativo, che vuole lanciare un messaggio forte da questo territorio.”
Mari ha poi spiegato che le preoccupazioni sollevate a livello nazionale sono pienamente condivise dai colleghi di Capitanata. “C’è preoccupazione per l’introduzione di nuovi reati, come la resistenza passiva, l’occupazione abusiva degli alloggi e le rivolte negli istituti penitenziari, che finora non erano considerati reati e che ora alzano la soglia di punibilità,” ha affermato, evidenziando l’impatto che questo avrà sia sul carico di lavoro dei Tribunali – con il conseguente aumento dei processi – sia sul sistema penitenziario, già sovraffollato, con l’incremento delle condanne e delle detenzioni.
“Non volevamo, ovviamente, creare disagi nell’amministrazione della giustizia, ma è fondamentale dare un segnale chiaro contro queste modifiche legislative e, soprattutto, contro il percorso intrapreso. Nonostante i tentativi di dialogo con l’avvocatura, sembra che Governo e Parlamento stiano proseguendo senza considerare le nostre indicazioni,” ha aggiunto Mari.
Secondo l’Unione delle Camere Penali, il “Pacchetto Sicurezza” non si inserisce in una riforma liberale della giustizia, ma rispecchia una logica securitaria e populista, illiberale e autoritaria, che prevede un eccessivo rigore punitivo nei confronti dei reati minori e dei soggetti più vulnerabili. “Si introduce una scala di valori iniqua, che attribuisce maggiore tutela ad alcuni beni rispetto ad altri, in violazione dei principi di ragionevolezza, uguaglianza e proporzionalità,” spiegano i penalisti.
Inoltre, l’Unione delle Camere Penali critica l’approccio repressivo del sistema penale, che tende a risolvere ogni situazione di marginalità o devianza attraverso la punizione, piuttosto che intervenire sulle cause sociali di tali fenomeni. Questo approccio, secondo i penalisti, alimenta la domanda di punizione, incrementando un sistema carcerario già sovraffollato, incompatibile con la rieducazione dei detenuti e responsabile dell’aumento della recidiva.
Lo riporta FoggiaToday.
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