VENEZIA – “Stupratore hai le ore contate”, scritto con la vernice bianca per terra, i numeri 1312 a siglare il messaggio. Un acronimo, scritto in numeri secondo la posizione delle lettere nell’alfabeto, che significa “All cops are bastards”, “Tutti i poliziotti sono bastardi”. E decine di volantini con il volto di Medusa e un’altra scritta: “Dead men don’t rape”, “Gli uomini morti non stuprano”. Sempre siglati 1312. Nessuna rivendicazione, nessun simbolo riconducibile a gruppi o collettivi, solo il sospetto che, dietro l’azione dimostrativa di ieri mattina in campo San Giacometto a Venezia, ci siano attiviste di una frangia di femminismo radicale.
L’IPOTESI
Con ogni probabilità, le minacce sono rivolte al militare della Marina accusato di aver violentato una minorenne durante la notte di Halloween. L’episodio sarebbe avvenuto in un bar che si trova nell’adiacente campo Bella Vienna. Sulla vicenda stanno indagando i carabinieri di Venezia, che hanno sentito una giovane che ha soccorso la vittima dopo la violenza. La scritta e i volantini sono comparsi la mattina presto, intorno alle 7, e sono stati subito rimossi dagli addetti del Comune e dalle forze dell’ordine. L’ipotesi più probabile, visto il contenuto e il tono dei messaggi, è che la “maternità” di questa azione sia da attribuire a un gruppo di attiviste che, però, non ha rivendicato ufficialmente il gesto né ha rilasciato dichiarazioni per spiegarlo. Una frangia di questo movimento si rifà al pensiero di Valerie Solanas, intellettuale nota per aver scritto lo Scum Manifesto in cui, con un linguaggio volutamente iperbolico e incendiario, profetizza l’eliminazione degli uomini. Un invito, quello comparso a Venezia, alla giustizia sommaria: come nel caso dello scorso agosto a Ragusa, quando tre ventenni sono state denunciate dai carabinieri per aver accoltellato un loro coetaneo, accusato dalle giovani di averle molestate.
I COMMENTI
«Non condivido l’invito alla violenza, ma è evidente che siamo arrivate a un punto per cui sta diventando impossibile, per le donne, uscire di casa e sentirsi sicure – è il commento di una studiosa di Gender studies -. Il problema della violenza è talmente sistemico nel nostro Paese che è difficile mantenere una posizione anti-punitivista, con il livello di rabbia e paura che vivono costantemente le donne». Dura la condanna dell’episodio da parte dei negozianti che lavorano in zona. «Così si aggiunge solo violenza alla violenza – commenta un ragazzo –. Invece di imbrattare la strada si dovrebbe cercare di aiutare le vittime, indirizzandole verso centri che possiamo convincerle a denunciare l’accaduto. Dobbiamo lavorare tutti per cambiare la cultura, sensibilizzando al rispetto delle donne. Probabilmente chi ha scritto quelle parole non ha nemmeno nulla a che fare con l’accaduto ma avrà voluto ergersi, a torto, a paladino della giustizia o lo avrà fatto per rivendicazioni politiche».
«Quella della scritta è stata un’azione sbagliata – aggiunge un ragazzo che lavora in un bacaro –, perché così facendo passi dalla parte del torto. Magari alla base dell’azione c’è un sentimento di giustizia ma non deve essere espresso in questo modo. Bisognerebbe invece aiutare le persone coinvolte, sia la vittima che l’aggressore, che dovrebbe essere assistita psicologicamente ed essere indotto a costituirsi. Molti dei bacari qui attorno sono disposti ad accogliere le persone in pericolo come posto sicuro». «Chi ha scritto queste cose ha fatto una cosa stupida – concorda la titolare di una bottega – Ciò che è giusto fare è aspettare che il lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine faccia il suo corso».
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