Inps
CALANO LE PENSIONI ANTICIPATE
Diminuisce il ricorso alle pensioni anticipate ma si riduce anche l’età media di uscita con gli strumenti che consentono di lasciare il lavoro prima dell’età di vecchiaia: è l’effetto della stretta su Quota 103 che, grazie soprattutto al ricalcolo dell’assegno interamente con il metodo contributivo e all’allungamento delle finestre di uscita, ha avuto un numero molto esiguo di richieste. Questi i dati forniti al riguardo dall’Inps.
Le pensioni anticipate rispetto all’età di vecchiaia nel complesso nei primi nove mesi del 2024, secondo il recente Monitoraggio dell’Inps sui flussi di pensionamento, sono state 150.642 con una flessione del 16,47% sullo stesso periodo del 2023. Il calo ha raggiunto il 23,8% tra i commercianti mentre ha sfiorato il 16% per i dipendenti pubblici e il 14,8% per i dipendenti privati.
Una parte delle persone è stata bloccata dall’allungamento delle finestre visto che la prima uscita possibile quest’anno era ad agosto per i privati e a ottobre per i pubblici. Quindi è aumentata l’incidenza delle uscite con la pensione anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi, misura che prescinde dall’età anagrafica. In pratica l’età di uscita con la pensione anticipata nei primi nove mesi del 2024 è stata in media inferiore a 62 anni con una media di 61,2 anni per i dipendenti privati (77.277 pensioni anticipate sulle 150.642 liquidate nel complesso) e di 62,1 per i pubblici, in discesa in confronto ai 62,3 del 2023.
È crollato il ricorso a Opzione donna con appena 2.749 uscite in nove mesi del 2024 a fronte delle oltre 11mila dell’intero 2023. La misura consente di andare in pensione anticipata con il ricalcolo dell’assegno operato interamente con il metodo contributivo. La stretta sui requisiti introdotta negli ultimi due anni, prima sul fronte della situazione di difficoltà della lavoratrice (invalidità, cura familiare o crisi aziendale) e poi dell’età, ha comportato un crollo di adesioni. Per 2.213 pensioni, nonostante i 35 anni di contributi richiesti per accedere alla misura, l’assegno è inferiore a 1.500 euro al mese. Per oltre la metà di questi (1.185) non arriva a mille euro mensili.
Le pensioni anticipate rispetto a ogni 100 di vecchiaia sono passate da 100 a 89. Nel complesso le pensioni decorrenti nei primi nove mesi del 2024 sono state 577.061 con un importo medio di 1.228 euro. Resta una differenza significativa tra gli assegni medi degli uomini, pari a 1.442 euro e quelli delle donne pari a 1.048 (+37% per i primi) che hanno principalmente pensioni meno consistenti come quelle di vecchiaia e ai superstiti. I trattamenti di vecchiaia con decorrenza nel periodo, compresi gli assegni sociali, sono stati 240.821 per 953 euro medi e quelle anticipate 150.642 per 2.088 euro medi. Le pensioni di invalidità previdenziale sono state 35.614 per 824 euro medi e quelle ai superstiti 149.984 per 902 euro medi.
Le pensioni più ricche in media sono quelle erogate dal fondo dei lavoratori pubblici, 90.800 nuovi assegni per 2.143 euro lordi, mentre le più basse sono quelle corrisposte ai parasubordinati, 32.541 nuovi assegni per una media di 274 euro al mese. Queste ultime sono interamente contributive e tengono conto di meno anni di versamenti e con una aliquota per molti anni più bassa. Per i lavoratori dipendenti sono state liquidate 246.432 pensioni per 1.364 euro medi al mese mentre per gli autonomi, compresi i parasubordinati le nuove pensioni sono state 168.910 per 845 euro medi. Per i coltivatori diretti le nuove pensioni sono state 22.967 per 737 euro al mese, per gli artigiani 60.845 per 1.020 euro al mese e per i commercianti le nuove pensioni sono state 52.557 per 1.044 euro al mese.
Pensioni all’estero
ACCORDO DI SICUREZZA SOCIALE TRA ITALIA E GIAPPONE
L’Istituto di previdenza, con il messaggio Inps del 9 ottobre scorso, n. 3351, ha pubblicato le disposizioni applicative dell’Accordo bilaterale tra Italia e Giappone sulle modalità di presentazione delle domande di pensione in regime nazionale presso l’Inps e il Japan Pension Service, Istituzione giapponese competente.
Anche questo risultato è frutto del costante dialogo dell’Inps con le Istituzioni estere a vantaggio di assicurati e pensionati; dialogo che si concretizza, ad esempio, in accordi internazionali di sicurezza sociale come, tra i più recenti, l’Accordo bilaterale con la Repubblica di Moldova, gli accordi per lo scambio telematico dei dati di decesso e degli importi di pensione con gli enti olandesi SVB e UWV, oltre che con l’Ente previdenziale australiano Centrelink.
Inoltre, anche l’organizzazione delle Giornate internazionali di informazione previdenziale, svolte in collaborazione con gli enti previdenziali di paesi europei come la Germania, la Francia, l’Austria e la Svizzera, assume una particolare rilevanza: si tratta dell’occasione sia per fornire agli assicurati consulenze specialistiche integrate sui requisiti per il conseguimento delle prestazioni, grazie alla partecipazione contestuale di funzionari dell’Inps e degli enti previdenziali esteri, sia per promuovere incontri operativi tra rappresentanti dei patronati, dell’Inps e delle Istituzioni estere, finalizzati alla sempre migliore gestione delle pratiche di pensione.
In un’ottica di miglioramento del servizio di pagamento delle pensioni all’estero, l’Istituto è impegnato, altresì, in due complesse iniziative:
l’eliminazione graduale dell’assegno come modalità di pagamento delle pensioni all’estero;
la campagna di accertamento dell’esistenza in vita dei pensionati che riscuotono all’estero.
Queste campagne sono di notevole importanza, in particolare perché puntano a ridurre il rischio di erogazione di prestazioni indebite.
Previdenza
PRESENTATO A NAPOLI ILRAPPORTO ANNUALE INPS
Negli ultimi cinque anni la Campania ha fatto registrare il più alto aumento di assicurati Inps, coloro che pagano i contributi, che attualmente rappresentano il 7% sul totale nazionale pari a circa 2 milioni di posizioni (+8% rispetto al 2019), di questi oltre 500mila sono giovani under 34, +9% ovvero 42mila posizioni in confronto al 2019. Un segnale chiaro che evidenzia un cambio di passo nel mercato del lavoro, che trova conferma anche nell’incremento delle settimane lavorate, 41,3 nel 2023 rispetto alle 40,6 del 2019, e nella retribuzione lorda media, di poco superiore a 20mila euro pro-capite, in crescita del 7% in confronto al 2019.
Sono alcuni dei dati del XXIII Rapporto annuale dell’Inps presentati recentemente a Napoli presso il Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. All’evento, introdotto dalla direttrice del dipartimento, Dora Gambardella, hanno portato il loro contributo Stefano Consiglio, Presidente della Scuola delle scienze umane e sociali, il Direttore Generale Inps Valeria Vittimberga, Gianfranco Santoro, Direttore centrale Studi e ricerche Inps, il Direttore Regionale Inps della Campania, Vincenzo Tedesco, e il Direttore dell’Area Metropolitana di Napoli dell’Istituto di previdenza, Roberto Bafundi.
Oltre all’erogazione delle pensioni, il focus dell’azione dell’Inps sul territorio regionale e in particolare dell’area metropolitana di Napoli è il supporto ai nuclei familiari: l’Assegno unico e universale è percepito da poco più di un milione di figli (1.036.903), che corrispondono all’11% della platea nazionale.
Le prestazioni che hanno consentito di superare il Reddito di Cittadinanza, Adi-Sfl, presentano un’incidenza geografica più marcata in Campania e nel resto del Meridione, rispetto all’Italia. Nei primi sei mesi del 2024, infatti, l’Assegno di inclusione (Adi) registra in Campania 467mila beneficiari, il 28% del dato nazionale.
Da Napoli sono arrivate le rassicurazioni del Presidente dell’Inps, Gabriele Fava, sulla sostenibilità del sistema previdenziale: “Per garantire un sistema previdenziale sostenibile, è essenziale agire sul lato delle entrate, utilizzando diverse leve che possano aumentare il numero di lavoratori occupati, in particolare di giovani e donne. Dai dati del Rapporto emerge che l’occupazione giovanile è salita, il numero degli assicurati Inps è cresciuto nell’ultimo quinquennio di mezzo milione, ma la condizioni dei giovani, con carriere discontinue e retribuzioni inferiori in confronto a quelle medie, resta una questione aperta soprattutto nel raffronto con il resto degli Stati membri dell’Unione europea. Per questo è ai nastri di partenza una grande campagna di educazione previdenziale”.
Sul fronte del lavoro, invece, si deve puntare a ridurre il mismatch tra domanda e offerta, “è fondamentale rafforzare l’interazione tra il sistema formativo e le imprese, contrastando anche fenomeni di dispersione scolastica, promuovendo percorsi di formazione continua e investendo in programmi che mantengano aggiornate le competenze professionali, per rispondere alle esigenze di un mercato del lavoro in continua evoluzione. Ritengo altresì che l’arte e la cultura possano essere, soprattutto per i giovani, uno strumento eccezionale di welfare: è ai nastri di partenza un progetto che coniuga lavoro, arte e cultura. Parimenti importante è offrire ai giovani un’opportunità di lavoro regolare, riducendone i tempi di transizione sia dal sistema di istruzione e formazione al lavoro, che da una occupazione all’altra, con adeguate misure di politiche attive del lavoro, nell’ottica del welfare generativo. Temi di cui ho discusso anche con il presidente della Regione De Luca e con il sindaco di Napoli Manfredi, con l’obiettivo di rafforzare le sinergie istituzionali già esistenti nell’interesse esclusivo dei cittadini”, ha concluso Fava.
“La presentazione del nostro Rapporto annuale alla Federico II segna l’inizio di un percorso di disseminazione nei contesti universitari e nelle realtà sociali ed economiche del Paese. La scelta di Napoli non è casuale: la Campania e il Mezzogiorno rappresentano aree cruciali per il futuro dell’intera comunità nazionale. Questo rapporto offre l’opportunità di mettere in luce le specificità di questi territori, dove l’Inps può e deve assumere un ruolo fondamentale nel garantire coesione sociale, promuovendo politiche attive del lavoro e presidiando la legalità. Napoli, con la sua ricca storia e cultura, simboleggia la resilienza e la capacità di ripresa, elementi essenziali per affrontare le sfide del presente e del futuro”, ha aggiunto il Direttore Generale dell’Istituto Valeria Vittimberga.
Lavoro
OCCUPAZIONE IN CALO A SETTEMBRE
Primo calo del numero di occupati da tre mesi in Italia. A settembre stando ai dati di recente diffusi dall’Istati il numero delle persone occupate in Italia è sceso di circa 63mila unità. Flette anche il numero di disoccupati, mentre salgono gli inattivi, coloro che non hanno un lavoro e non lo cercano.
Si tratta del secondo dato negativo per l’economia italiana in pochi giorni, dopo le stime trimestrali sempre dell’Istat che hanno segnalato una stagnazione del Pil. Gli obiettivi di crescita del Governo, l’1% su base annua, sono sempre più lontani dall’essere conseguiti.
Dopo tre mesi consecutivi di aumento dell’occupazione, che avevano portato al record storico di persone con un lavoro in Italia, cala significativamente il numero di occupati nel nostro Paese. Secondo i primi dati Istat sul mese di settembre, in confronto ad agosto. Un’inversione di tendenza che colpisce principalmente gli uomini, 52mila occupati in meno, a fronte del ridimensionamento di 11mila unità tra le donne.
Continua tuttavia a rimanere stabile il tasso di disoccupazione nel nostro Paese. Pure il numero delle persone in cerca di un lavoro è infatti calato anche se in maniera molto minore rispetto agli occupati. Sono 14mila in meno i disoccupati in Italia a settembre in confronto al mese di agosto. Il dato resta stabile al 6,1%.
Preoccupa invece la perdurante ascesa degli inattivi. Le persone che non hanno un lavoro e non lo cercano sono lievitate di 56mila unità in un mese, con un incremento del tasso totale dello 0,2%. Si tratta di un fenomeno diffuso soprattutto tra le donne, che hanno un tasso di inattività del 42,8% contro il 24,7% degli uomini. È dal quarto trimestre del 2023 che questo dato è in continua salita e potrebbe tornare, entro la fine dell’anno, ai livelli del 2022.
Carlo Pareto
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