L’industria spaziale, che viene ora definita new space economy per sottolinearne il passaggio da attività governativa a business privato emergente, ha assunto una dimensione economica e strategica di primaria importanza, destinata a crescere nel prossimo avvenire. Il valore dell’economia spaziale globale nel 2023 è stato di 630 miliardi di dollari e si stima che possa raggiungere i 1.800 miliardi di dollari entro il 2035, con una crescita media del 9% all’anno.
Il contesto europeo
La quota di mercato europea, tuttavia, è modesta: 12% nel settore upstream e 23% in quello downstream. Non solo, nonostante la crescita del mercato mondiale, le vendite commerciali e le esportazioni dell’Ue stanno subendo una flessione e la redditività è in diminuzione. Una delle cause di questo divario competitivo, evidenziata in entrambi i rapporti, è la carenza di fonti finanziarie adeguate a sostenere l’economia spaziale europea. È una critica, questa, che riguarda sia gli investimenti pubblici che quelli privati.
Competizione dall’estero
Per quanto la new space economy abbia, per sua natura, una forte connotazione privata e commerciale (dopotutto, oggi, l’unico lanciatore occidentale non è più la Nasa ma SpaceX di Elon Musk), gli investimenti pubblici continuano a svolgere un ruolo fondamentale. Purtroppo, quelli europei non sono all’altezza delle altre economie mondiali. Come registrato dal Rapporto Draghi, la base industriale dell’Ue risente di quarant’anni di investimenti che, in media, sono stati tra il 15% e il 20% di quelli degli Usa. Anche nel 2023, la spesa pubblica per lo spazio nell’Ue e nei suoi Stati membri è stata di 13 miliardi contro i 73 miliardi di dollari in Usa.
Le proiezioni di bilancio indicano che la spesa spaziale del governo statunitense continuerà ad aumentare, mentre i finanziamenti europei ristagneranno. Si prevede che la Cina supererà l’Europa nei prossimi anni, raggiungendo una spesa annua di 20 miliardi di dollari entro il 2030. I capitali privati rappresentano l’altra forma di investimento e anch’essa viene ritenuta insufficiente.
Le startup nella space economy
L’ecosistema spaziale europeo è caratterizzato da numerose e dinamiche start-up innovative. Si tratta di imprese capital intensive che necessitano di investitori pazienti e lungimiranti. Pazienti perché i cicli di investimento in R&D sono lunghi e onerosi: il Falcon di SpaceX è esploso 4 volte, bruciando tutti gli enormi investimenti fatti, prima di avere successo il 28 settembre 2008 (e quello stesso giorno la Nasa ha sottoscritto un contratto di trasporto da 1,6 miliardi di dollari). Non solo pazienti, ma anche lungimiranti perché il mercato dello spazio è in formazione e non ci sono ancora parametri sufficientemente attendibili per misurarlo.
Come è stato osservato nel ciclo di incontri dedicati agli investimenti nell’industria spaziale nell’ambito della 75ª edizione dell’International Astronautical Congress, l’imprevedibilità dei ricavi resta uno degli elementi critici per gli investitori privati. A parità di incertezza, tuttavia, gli investimenti in start-up della new space economy da parte dei fondi di venture capital statunitensi sono cinque volti superiori rispetto a quelli europei. L’Unione Europea e gli Stati membri hanno il compito di intraprendere iniziative volte a contrastare la flessione commerciale del comparto spaziale europeo sostenendone il fabbisogno finanziario.
Quanto ai finanziamenti pubblici di matrice europea, è auspicabile un superamento del principio del «ritorno geografico», che porta l’Agenzia Spaziale Europea (Esa) a promuovere progetti spaziali in certi stati, anziché in altri, in ragione dei maggiori o minori contributi che essi erogano all’Esa stessa. L’auspicio è, quindi, un modello libero di portare risorse finanziarie a quei paesi con tecnologie più promettenti. Le iniziative volte a incentivare gli investimenti privati sono, invece, prevalentemente di matrice nazionale. In Italia, la recente approvazione del ddl Concorrenza 2024 porta un pacchetto normativo che, almeno nelle intenzioni, mira a un ecosistema più robusto per le start up e le piccole e medie imprese innovative e più attraente per gli investitori privati. (riproduzione riservata)
*partner in Eversheds Sutherland
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