Ancora una volta il palazzo di giustizia di Piazza Verga a Catania diventa il test di prova della normativa varata dal governo nazionale sull’immigrazione. Ieri per la prima volta, in Italia, è stato disapplicato il decreto approvato in tutta fretta lo scorso 21 ottobre che ha riformulato la lista dei Paesi sicuri. E lo hanno fatto tre giudici dei sei che compongono la sezione Protezione Internazionale del Tribunale civile di Catania.
I giudici Massimo Escher (che è il presidente della sezione), Rosario Cupri e Stefania Muratore non hanno convalidato cinque trattenimenti disposti dal Questore di Ragusa nei confronti di tre egiziani e due del bengalesi. Egitto e Bangladesh dunque sono stati ritenuti «paesi non sicuri».
Il provvedimento
Nel provvedimento firmato da Escher, si evidenzia la necessità, nel valutare il trattenimento, di esaminare la qualifica di «Paese sicuro» data all’Egitto, con il decreto legge del 23 ottobre 2024, che lo include «in una lista che non prevede alcuna eccezione, né per aree territoriali né per caratteristiche personali». Per il Tribunale questa «qualificazione non esime il giudice dall’obbligo di verifica della compatibilità della designazione con il diritto dell’Unione europea, obbligo affermato in modo chiaro e senza riserve dalla Corte di giustizia europea nella sentenza della Gran Camera del 4 ottobre 2024 nel procedimento avviato con rinvio pregiudiziale dal Tribunale di Brno (Repubblica Ceca) e dalla Corte Costituzionale». Entrando ne caso specifico, il Tribunale ha evidenziato che «in Egitto ci sono gravi violazioni dei diritti umani» che «investono le libertà di un ordinamento democratico». L’Egitto è «uno dei Paesi in cui si applica la pena di morte e nel quale il numero delle esecuzioni è fra i più alti del mondo», vi si sono «verificati anche recentemente casi di detenzioni arbitrarie e arresti senza mandato da parte delle forze di polizia, è comune la pratica della detenzione preventiva e non sono infrequenti le sparizioni forzate». Valutazione sovrapponibile è stata fatta per il Bangladesh.Quello firmato da Escher riguarda un migrante assistito dall’avvocato Rosa Emanuela Lo Faro, che evidenza come il Tribunale di Catania «ancora una volta, afferma che in Italia il diritto di asilo è previsto dall’articolo 10 della Costituzione e nessuna legge ordinaria lo può scalfire». Non manca poi lo sfogo dell’avvocato sulle difficoltà delle procedure accelerate: «Per la difesa vi è difficoltà di interloquire con il proprio assistito , ciò avviene per via telefonica, senza collegamento audiovisivo telematico prima della udienza. Solo quando si avvia il collegamento telematico con il giudice lo straniero conosce il suo difensore, il quale per poi impugnare il rigetto della protezione internazionale si dovrà recare personalmente presso il centro per la procura speciale. E in Albania come faranno le difese?», si chiede.
I giudici di Catania, quindi, hanno inflitto un nuovo colpo al provvedimento del governo scatenando la furia di Matteo Salvini e Company.
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