Novi Ligure (AL) – La Campari, fiore all’occhiello delle aziende più importanti nel settore del beverage a livello mondiale, da quando ha insediato uno degli stabilimenti principali a Novi Ligure il 15 aprile del 2004 nell’area industriale lungo la strada per Bosco Marengo è cresciuto, su una superficie coperta che di circa 80.000 metri quadrati. Recentemente lo stabilimento novese è diventato il più grande polo produttivo dell’intero gruppo con 150 dipendenti, dove si producono gli spumanti Gran Cinzano, Asti, Prosecco Cuvée e molti altri, insieme a marchi storici come Cynar, Biancosarti e Jagermeister. Ma da quando è a Novi, la Campari ha iniziato a perdere colpi fino alla notizia di ieri quando Campari ha chiuso la seduta in Borsa con un crollo del 18,50%, a quota 6,33 euro. A innescare la brutta caduta è stata la delusione del mercato per i conti del terzo trimestre, risultati inferiori alle attese. L’annuncio ha creato forte incertezza tra gli operatori. Durante la presentazione dei numeri Campari ha detto che si aspetta che il persistente ciclo economico sfavorevole continui a impattare sui risultati dell’intero anno, in attesa di un graduale miglioramento a partire dal 2025. Nei primi nove mesi dell’anno le vendite sono state pari a 2,27 miliardi (+2,1% organico) ma l’andamento del terzo trimestre è stato negativo, con un calo dell’1,4%. In regresso sono risultati soprattutto i margini: Campari ha registrato un utile di gruppo pre-tasse pari a 423 milioni di euro, complessivamente -5% (-20,4% nel terzo trimestre). L’andamento è stato giustificato da una serie di concause tra cui la debolezza macroeconomica, il maltempo, la pressione sul reddito disponibile dovuta all’inflazione e la ridotta fiducia di consumatori. A tutto ciò si aggiunge la difficile situazione dell’assenza di un amministratore delegato dopo l’addio di Matteo Fantacchiotti. Per dirla col grande Nino Manfredi: Novi? Ma portasse pure sfiga!
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