Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fatto chiarezza sui permessi per motivi personali o familiari per i dipendenti della scuola, definendo con precisione i ruoli e le responsabilità sia del Dirigente Scolastico sia del personale richiedente. Contrariamente a quanto sostenuto dall’Associazione Nazionale Presidi (ANP), la Corte ha escluso l’idea che il Dirigente possa concedere o negare questi permessi a propria discrezione e senza possibilità di contestazione. Al contrario, la decisione del Dirigente deve essere basata su una valutazione concreta e motivata della situazione.
I fatti al centro della sentenza
Il caso nasce da un episodio in cui un dipendente scolastico aveva richiesto un permesso per motivi familiari, specificando di dover accompagnare la moglie fuori città. Il Dirigente Scolastico, non ritenendo valida la motivazione fornita, aveva negato il permesso e applicato una trattenuta salariale per la giornata di assenza. Insoddisfatto, il lavoratore aveva contestato la decisione, prima presso il Tribunale di Milano e successivamente in Corte d’Appello, dove il diniego era stato confermato. Infine, il caso è giunto in Cassazione, che ha chiarito gli aspetti chiave della questione.
Cosa dice la sentenza
La Cassazione ha stabilito che i permessi per motivi familiari o personali, come previsto dall’articolo 15 del CCNL Scuola 2006/2009, sono un diritto del dipendente ma non sono incondizionati. In sostanza, il dipendente può chiedere fino a tre giorni di permesso retribuito all’anno per esigenze personali, purché queste siano documentate e motivate. La Corte ha posto l’accento su due aspetti essenziali: il dipendente ha l’obbligo di spiegare chiaramente il motivo della richiesta, mentre il Dirigente ha il compito di valutare la congruità della motivazione senza un potere di veto totale e insindacabile.
Nel caso in esame, il dipendente aveva fornito una motivazione considerata insufficiente dalla Corte, non avendo chiarito perché fosse indispensabile accompagnare la moglie fuori città. La Cassazione ha quindi confermato il diniego, sostenendo che il motivo del permesso deve essere specifico e giustificato, anche tramite autocertificazione.
Cosa cambia per i dipendenti scolastici
Questa sentenza rappresenta una guida sia per i Dirigenti Scolastici sia per i lavoratori. Da un lato, i dipendenti sanno che devono fornire motivazioni dettagliate e adeguatamente documentate; dall’altro, i Dirigenti non possono opporsi alle richieste senza una valutazione bilanciata e motivata. La Corte ha chiarito che il Dirigente ha il compito di bilanciare le necessità della scuola con i diritti dei lavoratori, impedendo interpretazioni arbitrarie della norma.
In conclusione, la Cassazione ha ribadito un principio di equilibrio tra le parti, offrendo una tutela sia per il diritto al permesso dei dipendenti sia per le esigenze organizzative dell’istituzione scolastica, garantendo trasparenza e correttezza nelle decisioni.
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