Morti sul lavoro all’Archivio Stato, causa dei familiari al ministero per riconoscere Piero Bruni e Filippo Bagni “vittime del dovere“. I due impiegati statali persero la vita ad Arezzo il 20 settembre 2018 asfissiati da esalazioni di gas argon fuoriuscito dall’impianto antincendi. E’ in corso un interminabile processo penale con 11 imputati e sono emerse lacune tecniche e deficit di formazione dei dipendenti, ma l’11 dicembre davanti al giudice del lavoro di Arezzo la vicenda viene trattata su un altro piano. Riconoscere Bruni e Bagni come vittime del dovere consentirebbe ai familiari di rientrare, per estensione, nella normativa solitamente applicata dallo Stato per appartenenti alle forze dell’ordine caduti in servizio. Questo aprirebbe la possibilità di ricevere indennizzi e vitalizi a chi soffre per la mancanza di persone morte nello svolgimento del lavoro per lo Stato. I due impiegati quel giorno scesero le scale del palazzo del centro di Arezzo, richiamati dall’allarme, per verificare cosa fosse successo: nel seminterrato crollarono a terra asfissiati dall’argon che aveva divorato l’ossigeno. Il gas serve per spegnere le fiamme. Non c’era alcun incendio. Era stato rilasciato dall’impianto malfunzionante senza motivo. Una fine assurda in un luogo pubblico in teoria sicuro come un archivio. Il processo penale tende ad accertare responsabilità sull’accaduto. A primavera, forse, la sentenza. Intanto parte la nuova azione legale. Finora le famiglie non hanno ricevuto risarcimenti. A portare avanti la causa di lavoro contro il ministero dei beni culturali sono gli avvocati Walter Renzetti e Andrea Bava.
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