La madre della 13enne: mia figlia era poco più che una bambina
«Sapevo che avevano un rapporto conflittuale. Aurora mi raccontava che lui la umiliava, dicendole che non era per niente bella, che era uno stecchino, che tutti la deridevano alle spalle. E io a rassicurarla: “Ma no, tu sei l’essere più bello che sia stato mai creato”». A Morena si spezzano le parole in gola al ricordo della figlia 13enne morta dopo un volo dal terrazzo del palazzo in cui risiede a Piacenza. Ed è pure assalita dai sensi di colpa. «Mi aveva raccontato che litigavano spesso e lui la faceva soffrire, ma mi illudevo che fossero i problemi tra due fidanzatini quasi coetanei. Mai avrei immaginato tanta violenza. Mai avrei potuto credere che fosse un mostro fino a questo punto. Ha ucciso una bambina. Non è stato un femminicidio, ma un infanticidio».
Il 15enne, fermato per omicidio volontario (oggi è prevista l’udienza di convalida), era un violento non solo con Aurora. Nel suo paese, Gossolengo, ricordano quando per ammazzare la noia aveva dato fuoco a una roulotte, l’aggressione col coltello ad un passante e a un prof, o quando aveva derubato un signore appena sedutosi al tavolo del bar. Aurora, ricorda la madre, «la disprezzava, ma la riteneva una cosa sua». L’aveva aggredita anche alla fermata del bus e una ragazza lo aveva fotografato. Tutte circostanze che ne descrivono la personalità violenta, anche se il fermo sarebbe scattato per altri elementi di prova raccolti dopo la morte di Aurora: intercettazioni ambientali o riscontri su qualche chat.
Per Morena il tempo sembra essersi fermato a venerdì mattina.
«Non riesco a cancellare l’ultima immagine di Aurora, sorridente e felice con la sua felpa nera. Solare come sempre mi ha abbracciata, mi ha baciata e mi ha detto: ci vediamo a pranzo».
Lei come ha saputo?
«Ero rimasta in casa, perché stavo poco bene. Non ho sentito completamente nulla. Intorno alle 10 hanno suonato i carabinieri e mi hanno chiesto: “Lei è la mamma di Aurora”. “Sì, perché?”. E loro: “Si faccia coraggio, signora”».
In quei momenti ha pensato a una disgrazia o cos’altro?
«Da subito mi sono detta: è stato lui, questa volta ci è riuscito. Quel rapporto era diventato ormai un inferno. Lei era soggiogata e terrorizzata. Lui, invece, da un lato la umiliava, ma dall’altro ne era ossessionato (sul suo profilo social campeggia ancora la scritta: “se sei tipa non ti accetto, esiste solo Aurora”, ndr). Lei aveva cercato di lasciarlo già due volte. Penso che quella mattina gli abbia detto che non voleva più saperne. Lui non lo accettava e l’ha buttata giù».
Dunque il 15enne non si rassegnava alla fine della relazione?
«Per niente. Continuava a tempestarla di messaggi, a volte le mandava persino delle rose, oppure stava a dormire nell’androne del palazzo. Era diventato il tipico stalker».
Che era un violento lo avevate segnalato anche ai Servizi sociali. Cosa vi avevano detto?
«Mi hanno detto che forse erano cose tra ragazzini».
Molti amici e compagni di scuola si sono fatti avanti per raccontare delle violenze subite da Aurora. Questo la conforta?
«In tanti ci stanno manifestando solidarietà e vicinanza. Se da un lato mi sento abbracciata da tutta la città e forse da tutta Italia, chiedo anche rispetto per il nostro dolore. Tra tanta solidarietà ci sono, purtroppo, anche delle meschine manifestazione di sciacallaggio».
Com’era Aurora da bambina?
«Era la più piccola dei miei tre miei figli. Per questo è stata anche la più coccolata. Sempre sorridente, aveva tanti sogni. Diceva che un giorno avrebbe fatto la psicologa per stare vicina alle persone in difficoltà. Più a breve aspettava con impazienza il viaggio che dovevamo fare a Parigi per festeggiare i suoi 14 anni».
Cosa direbbe all’ex fidanzato?
«Io voglio giustizia. A lui chiedo di dire tutta la verità e di scontare fino in fondo la sua pena». (ha collaborato Stefano Pancini)
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